L’azione di riduzione che compete al pretermesso può essere esercitata in via surrogatoria dai creditori del legittimario escluso
L’ordinamento garantisce un’efficace tutela dei creditori anteriori alla rinunzia, tanto volontaria, quanto provocata
I diritti dei creditori in caso di diseredazione
Se il testatore disereda il legittimario, i creditori dell’erede escluso potranno comunque soddisfarsi, con l’azione surrogatoria, sui beni che sarebbero spettati al debitore se avesse ottenuto la quota che gli spettava.
La salvaguardia delle pretese dei creditori rimane immutata in quanto potrebbe accadere che il de cuius, scientemente, in quanto consapevole della grave situazione economica dell’erede, lo escluda dall’asse per evitare che i beni di questo possano essere aggrediti.
Ove il de cuius escluda il figlio dalla successione perché questo è gravemente indebitato i creditori potranno comunque far valere i loro diritti per ottenere la quota che gli sarebbe spettata se avesse esercitato l’azione di riduzione.
Ad avviso della Corte di Cassazione (sentenza 16623 n. 2019), occorre preservare la garanzia patrimoniale dei creditori (e, quindi, il diritto al conseguimento dell’effettivo soddisfacimento delle loro legittime ragioni creditorie) dei legittimari pretermessi. A questi, infatti, pur non potendo essere considerati propriamente chiamati all’eredità, la legge non preclude di rinunciare all’azione di riduzione e, quindi, in caso di suo vittorioso esperimento, di acquisire i diritti conseguenti all’accertamento dalla lesione della quota di legittima).
In buona sostanza, l’ordinamento rivolge ai creditori del chiamato una tutela, consentendo agli stessi di farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino a concorrenza dei loro crediti.
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L’azione surrogatoria
Ai sensi dell’art. 2900 c.c. l’azione surrogatoria consente al creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, di esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.
In questo senso, il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al quale intende surrogarsi.
Infatti, l’azione di riduzione che compete comunque al pretermesso può essere esercitata in via surrogatoria dai creditori del legittimario escluso, potendo essi ricomprendersi nella categoria degli aventi causa.
La legge riconosce al creditore (per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni) la legittimazione ad esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore (per le quali egli rimane inerte).
Con l’azione surrogatoria il creditore diventa erede?
Come spiegatio dalla Corte, l’azione riconosciuta ai creditori per tutelare le loro pretese non implica l’acquisizione in capo a coloro che hanno esercitato la surrogazione della qualità di erede ma comporta solo l’attribuzione di una speciale legittimazione ad ottenere il soddisfacimento della sua pretesa creditoria.
L’obiettivo è quello di garantire un’efficace tutela dei creditori anteriori alla rinunzia, tanto volontaria, quanto provocata.
Con l’intervento dei creditori il pretermesso accetta l’eredità?
L’esercizio dell’azione di riduzione da parte dei creditori del legittimario pretermesso, anche in virtù dell’esigenza di contemperare la tutela dei creditori del legittimario (soprattutto nelle ipotesi di “pretermissione amica”) con il principio secondo cui nessuno può assumere la qualità di erede contro la propria volontà, se da una parte consente a detti creditori il recupero di quella pars bonorum sufficiente a soddisfare le proprie ragioni, dall’altro non determina l’acquisto della qualità di erede in capo al legittimario pretermesso.