Quello che stiamo vivendo oggi è un tempo di repressione finanziaria accidentale, nel solco di quella che molti economisti chiamano stagnazione secolare. Parole che messe nella stessa frase suonano severe. Di questi fenomeni e dei bassi tassi d’interesse ha parlato l’economista Carlo Cottarelli nella serata milanese di Bny Mellon, con la moderazione di Debora Rosciani. Erano inoltre presenti Stefania Paolo, country head Italy Bny Mellon Investment Management, Shamik Dhar, chief economist, Bny Mellon Investment Management, Andy Warwick portfolio manager Newton Investment Management e George Saffaye, global investment strategist Mellon.
Carlo Cottarelli e la “repressione finanziaria”: non solo tassi
“Quello di repressione finanziaria è un concetto cruciale per capire quello che sta succedendo adesso. In senso tradizionale, vuol dire ‘obbligare’ gli investitori a comprare titoli di Stato. Io gli do un significato diverso”. Esordisce così Carlo Cottarelli, partendo dal dato dei bassi tassi d’interesse attuali. “Quella che è in atto da diversi anni è una accidental financial repression, il risultato di politiche monetarie molto espansive e di una regolamentazione bancaria molto restrittiva. Il mistero della macroeconomia moderna non è tanto quello che i tassi di interesse sono bassi e neppure il fatto che questa liquidità è finita nelle banche senza creare inflazione. La dimensione dei bilanci delle banche centrali è cresciuta di quattro o cinque volte negli ultimi anni”.
Non era mai successo prima che un’elevata liquidità non avesse impatto sull’inflazione. Il che è spiegabile col fatto che essa “non è arrivata ai mercati, ma si è fermata nelle banche”. Ecco il cuore del mistero della macroeconomia contemporanea, per Cottarelli: “Capire perché il moltiplicatore della base monetaria è crollato a zero”. Ossia perché i soldi non si muovono.
Cos’è il moltiplicatore della base monetaria? Essenzialmente, il rapporto tra depositi bancari e base monetaria, ossia liquidità delle banche. Tradizionalmente si insegna che se la banca centrale stampa 100, una quota di questi soldi finisce nelle banche, poi le banche li usano per darli ad altre banche, per prestarli alle imprese… e la base monetaria si moltiplica. I soldi sono immessi in circolo alla velocità del moltiplicatore. “Oggi, i soldi vengono stampati, arrivano alla banca centrale e restano lì. Non si muovono. Allora la domanda è: perché non si muovono?“.
Le spiegazioni di Cottarelli, oltre i tassi
Ci sono tante spiegazioni. Non c’è abbastanza domanda di credito, “il cavallo non beve”, come spesso si dice. In parte è vero. Ma c’è anche un’altra spiegazione, che vale soprattutto per l’Europa (un po’ meno per gli Usa). E cioè, quello che frena l’erogazione del credito bancario nonostante le banche abbiano la liquidità, è la mancanza o la scarsità di equity, di capitale proprio. O meglio, l’incertezza su quanto equity le banche dovranno detenere in futuro se oggi prestano 100. Dopo la crisi del 2008/2009 l’equity delle banche di tutto il mondo è stato aumentato. Ma il punto fondamentale è che la regolamentazione bancaria continua a cambiare. E ciò crea incertezza.
Questo spiega secondo Carlo Cottarelli “perché le banche si tengono molto prudenti, molto più liquide di quanto avrebbero bisogno. E perché il rapporto fra liquidità e depositi è schizzato su livelli che non si erano mai raggiunti prima“.
Un modello che non funziona più?
“Quando, lavorando in Banca d’Italia negli anni ’80 avevo stimato il modello econometrico della liquidità, c’era un’equazione che si poteva scrivere a occhi chiusi, ed era quella della liquidità bancaria. Perché il rapporto tra liquidità bancaria e depositi era una linea piatta [una costante, ndr]. Questa linea piatta ha poi avuto un’impennata incredibile negli ultimi anni, quando il moltiplicatore della base monetaria è crollato, a causa della regolamentazione bancaria. Si tratta di un vantaggio enorme per i governi. Le banche centrali stampano soldi, tenendo bassi i tassi di interesse, addirittura negativi in termini reali”. “E ha reso più forte il sistema bancario”, incalza la Rosciani.
“Non c’è stata un’accidental financial repression. Dopo la crisi del 2008/2009 c’è stata la tendenza a restringere la regolamentazione bancaria. È del tutto legittimo. Però il risultato è simile a quello della repressione finanziaria”.
Con la banca centrale che compra titoli di Stato, gli effetti collaterali sono che l’inflazione non aumenta (ed è un bene per il governo: l’inflazione non piace agli elettori)”.
Il comportamento anormale di questa liquidità ha creato 17.000 miliardi di obbligazioni a rendimenti negativi. Anormalità di cui hanno beneficiato paesi come l’Italia. Meno i paesi nordici in generale e la Germania in particolare. “Il pensionato tedesco, che ha una pensione pubblica molto inferiore a quella italiana, vive degli investimenti che ha fatto nel corso della sua vita”. Per lui, i tassi bassi sono un problema concreto e quotidiano.
Per quanto i ricchi si sforzino di consumare, non riescono a farlo quanto tutta la classe media
Carlo Cottarelli
Uscire dai tassi di interesse bassi: la certezza delle regole
“Una volta stabilizzata la regolamentazione bancaria, le banche saranno più coraggiose e sarà più facile attirare equity“, prosegue Cottarelli, “e la liquidità tornerà ad avere effetto sull’inflazione”.
La Rosciani aggiunge però che i consumatori contemporanei sono disposti a spendere sempre meno per i beni di consumo, cercano prezzi sempre più bassi. E non potrebbe essere diversamente, dati i salari sempre più bassi. Cottarelli aggancia: “Il grande macro fenomeno è stato il cambiamento nella distribuzione del reddito, in misura diversa ma profonda nei diversi paesi. Il reddito dell’1% più ricco della popolazione Usa del 1980 era intorno al 9% [della ricchezza nazionale], adesso è intorno al 21%. Al di là delle questioni etiche, il fatto pone delle problematiche di domanda aggregata, perché per quanto i ricchi si sforzino di consumare, non riescono a consumare quanto le centinaia di milioni di persone della classe media americana”. Ma il discorso vale per tutte le economie.
Un problema di “media”
La classe media, almeno nei paesi occidentali, sta scomparendo. Infatti “un altro problema è quello dello spostamento del reddito dai paesi avanzati ai paesi emergenti. Anche questo è un fattore che tende a ridurre la domanda aggregata“.
L’ultra indebitamento delle famiglie era stato alla base della crisi dei mutui subprime nel 2008. “Oggi il debito privato (il debito delle famiglie) continua ad essere elevato, così come quello pubblico”. Un macigno, almeno per l’Italia.
Cottarelli: Italia cicala nonostante tassi bassi
L’Italia ha beneficiato enormemente dei bassi tassi di interesse. “Ne avrebbe beneficiato di più se avesse ridotto il bilancio dello Stato, la spesa per gli interessi e ‘tutto il resto’. Tutto il resto è la parte primaria del bilancio. L’avanzo primario è la differenza fra entrate e uscite dello Stato, al netto degli interessi. Questo avanzo primario era stato portato al 2,3%, e per il 2020 l’obiettivo è dell’1,1%. Il debito pubblico italiano non si è ridotto rispetto al Pil”.
“Economisti illustri come Oliver Blanchard ritengono che siamo entrati in una fase di stagnazione secolare. Secondo Cottarelli però “la vera questione è che “noi non siamo resilienti ai tassi di interesse. Io non so quando ci sarà il prossimo shock. Chi si aspettava nel 2007 la crisi? Per questo bisogna mettere un paese nella condizione di non subire scossoni, in caso di shock. Germania, Svizzera, hanno un debito pubblico basso e sono resilienti ad un aumento dei tassi di interesse o a una recessione. Noi non lo siamo. La probabilità di una crisi come quella del 2011/2012 o come quella del 1992 è abbastanza bassa, per fortuna eventi di quel genere sono rari. Ma se si realizzano, noi nel giro di due anni perdiamo cinque punti percentuali di Pil. E con la nostra capacità di crescita, per recuperare ci metteremmo molti anni”.