“Il governo”, aveva dichiarato in un intervento al Senato il ministro dell’Economia Giorgetti, “guarda con attenzione alle iniziative che il settore bancario porrà in essere per attenuare la divergenza tra l’aumento del margine di interesse sui crediti erogati e quello sui rendimenti dei conti correnti, al fine di garantire condizioni più vantaggiose, oserei dire più eque sulle famiglie”
Dal 14 settembre del 2022 la Banca centrale europea ha riportato al di sopra dello zero, la remunerazione della liquidità in eccesso che le banche commerciali depositano presso l’Eurotower, che sostanzialmente offre interessi senza che gli istituti rischino nulla
Dal 21 giugno questo tasso a rischio zero vale il 3,5%, il più alto dall’agosto 2001. Ma i conti correnti rendono ancora zero
Sono passati molti anni dall’ultima volta che in Italia si è visto un conto corrente che rendesse qualche cosa. Oggi ci sarebbero tutti i presupposti per tornare alla normalità, ma il settore bancario sta cercando di guadagnare tempo (e profitti per alcuni miliardi) facendo leva sulla storica pigrizia dei risparmiatori.
Dal 14 settembre del 2022 la Banca centrale europea ha riportato al di sopra dello zero, la remunerazione della liquidità in eccesso che le banche commerciali depositano presso l’Eurotower, che sostanzialmente offre interessi senza che gli istituti rischino nulla. Ieri, 21 giugno, il deposit facility rate, è salito al 3,5% dopo molteplici rialzi e ha toccato il livello più alto mai visto nell’Eurozona dall’agosto del 2001.
Pochi clienti, però, sembrano stupirsi troppo del fatto che i loro conti correnti bancari rendano ancora zero, esattamente come quando i tassi erano negativi a -0,5%. L’unica differenza, rispetto all’inizio dell’anno scorso, è che le banche hanno nella gran parte dei casi azzerato i costi a carico dei correntisti, come l’imposta di bollo. Lo ha confermato a We Wealth il responsabile dei conti correnti e deposito di ConfrontaConti.it, Paolo Benazzi: “Se parliamo del semplice conto corrente online, per ora non vediamo una tendenza degli istituti finanziari a remunerare le giacenze”, ha affermato Benazzi, “nel panorama dei prodotti che compariamo fanno eccezione: un conto ibrido tra deposito e corrente, ed un prodotto con interessi sulle somme in giacenza ma a fronte di un canone annuo”.
Le differenze fra il conto corrente e la mattonella
Dopo anni di tassi bassi o negativi, appare normale che il conto corrente non preveda alcun rendimento, come se si trattasse di un parcheggio inerte o la versione elettronica del materasso. Ovviamente, non è così. L’attività più tradizionale della banca, quella che rende questo genere di attività così fondamentale nell’economia, consiste nel mobilitare il risparmio privato sotto forma di credito all’economia reale. La banca raccoglie denaro dai suoi correntisti, li iscrive nelle passività di bilancio, con la possibilità di prestarli a famiglie e imprese, realizzando un interesse. E parte di quell’interesse, ancorché piccola, è sempre stata girata indietro ai correntisti.
Far credere che il denaro sui conti correnti stia “dormendo” appartiene alla categoria delle mistificazioni. Tanto è vero che depositare denaro in banca espone al rischio, pur raro, del fallimento dell’istituto. Se non esistesse un fondo di garanzia che tutela i conti fino a 100mila euro, anche un piccolo risparmiatore potrebbe rimanere coinvolto nel fallimento e perdere i propri risparmi. Anche per questo, il conto corrente è sempre stato remunerato, prima della lunga fase di tassi d’interesse rasoterra: una piccola parte di rischio c’è e va premiata.
Il governo in pressing, ma le banche nicchiano
Quest’anomalia è stata denunciata, lo scorso 25 maggio, anche dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: “Il governo”, aveva dichiarato in un intervento al Senato, “guarda con attenzione alle iniziative che il settore bancario porrà in essere per attenuare la divergenza tra l’aumento del margine di interesse sui crediti erogati e quello sui rendimenti dei conti correnti, al fine di garantire condizioni più vantaggiose, oserei dire più eque sulle famiglie”.
A proposito di equità, il rapido aumento dei tassi adottato dalla Bce è stato il principale traino per gli utili record registrati in tempi recenti dalle banche. Anche senza prestare un euro all’economia reale, infatti, la liquidità in eccesso può essere depositata con profitto presso la Bce – che sfrutta questa mossa proprio per ridurre la circolazione di moneta e raffreddare l’inflazione.
Il professore di economia monetaria della London School of Economics, Paul de Grauwe, aveva calcolato che un tasso di remunerazione dei depositi Bce al 2% avrebbe regalato alle banche europee 92 miliardi di euro in un solo anno. Nei mesi successivi a quest’analisi il tasso è aumentato ulteriormente, al 3,5%: il calcolo andrebbe quindi rivisto decisamente al rialzo.
Negli Stati Uniti, nei quali si è osservato un fenomeno di deflusso dai depositi bancari per via delle migliori condizioni di fondi monetari e titoli di Stato, i conti correnti (al 20 giugno) rendono lo 0,42% in media e si prevede che le condizioni continueranno a migliorare (nella forma più liquida, rendono lo 0,07%). In Italia, i risparmiatori sono tradizionalmente più pigri e probabilmente potrebbero spingere le banche ad adeguare la remunerazione se investissero ancora di più in alternative a basso rischio e a breve termine, come i Bot.
Per il momento, però, il mondo bancario italiano sembra assolutamente restio a modificare una politica fortemente sbilanciata agli interessi degli azionisti (premiati con lauti dividendi e buyback). “Bisogna distinguere il conto corrente che è uno strumento di servizio, dal conto deposito”, aveva dichiarato a maggio il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, “se si vogliono fare rendere i quattrini bisogna metterli in un conto di deposito”.
Per quanto il conto corrente, come We Wealth ha sempre ricordato, non rappresenti una forma di investimento efficace, resta comunque un’attività di raccolta che la banca utilizza per il suo business: come oggi avviene negli Stati Uniti, essa va remunerata.
Con un rendimento del conto corrente a zero, nel 2022 100mila euro di giacenza avrebbero oggi il potere di acquisto di 88.700 euro (scontando l’indice Foi dell’intero anno scorso, 11,3%). Considerando che la Bce, per l’intera Eurozona, prevede un’inflazione al 5,4% nel 2023, la somma iniziale andrebbe a svalutarsi (approssimativamente) a 82.690 euro alla fine di quest’anno. In 24 mesi, da inizio 2021, sarà andato in fumo circa il 17,3% del potere d’acquisto del risparmio sul conto corrente: questo aspro confronto con i numeri è una lezione per una più efficiente allocazione del capitale, ma per le banche che stanno registrando utili record, anche una chiamata di responsabilità per riequilibrare un po’ i profitti con i loro correntisti.