Trust interposto: l’Agenzia delle entrate fa retromarcia

Marco Sandoli
9.2.2023
Tempo di lettura: 5'
Nuova posizione dell’Agenzia delle entrate: l’interposizione del trust ai fini reddituali assume rilievo anche ai fini dell’imposta di successione

Con la risposta n. 176 del 31 gennaio 2023, l’Agenzia delle entrate rettifica quanto chiarito nella precedente risposta n. 359 del 4 luglio 2022, recependo in tal modo la posizione espressa nella recente circolare in tema di trust n. 34 del 20 ottobre 2022. Secondo l’Agenzia, l’interposizione del trust ai fini reddituali assume rilievo anche ai fini dell’imposta di successione, derivando da ciò che tra i beni inclusi nell’attivo ereditario vanno ricompresi anche quelli formalmente intestati al trust.


Il caso in oggetto sottoposto all’Agenzia delle entrate

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 176/2023, Tizio aveva istituito un trust per gestire il passaggio generazionale, segregando in esso l’86% della propria quota di una società s.a.s. e indicando come beneficiari del trust i suoi figli e nipoti. Nel 2021 l’Agenzia, fornendo risposta (n. 796/2021) sull’imputazione dei redditi del trust, aveva ritenuto il trust “non validatamente operante sotto il profilo fiscale”, in quanto il trustee non poteva esercitare liberamente i suoi poteri in virtù degli ampi poteri di controllo e ingerenza spettanti ai beneficiari per il tramite del guardiano, con conseguente assoggettamento dei redditi prodotti dal trust in capo al soggetto disponente (Tizio).

Successivamente, essendo Tizio deceduto, uno dei figli in qualità di erede chiamato alla successione chiedeva di sapere se ai fini della presentazione della dichiarazione di successione e della liquidazione della relativa imposta, la quota della s.a.s. intestata al trustee dovesse o meno essere inclusa nell’attivo ereditario del padre.
L’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 359/2022 chiariva che la quota della s.a.s. non doveva essere inclusa nella dichiarazione di successione del padre, in quanto al momento della sua morte la quota era intestata al trustee per effetto della segregazione nel trust. L’Agenzia, quindi, riconosceva che l’inesistenza del trust assumesse rilievo unicamente ai fini dell’imputazione dei redditi senza determinare alcun effetto ai fini dell’imposta di successione.

Tale posizione veniva però superata dalla circolare n. 34/2022 che nel commentare gli effetti dell’interposizione del trust precisava che “nell’ipotesi di decesso del soggetto disponente, tenuto conto della interposizione del trust tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, sono inclusi anche quelli formalmente nella titolarità del trust, qualificato come interposto”.


Il nuovo interpello presentato dagli eredi

Essendo tale posizione diametralmente opposta a quella espressa nella risposta n. 359/2022, viene dagli eredi presentato un nuovo interpello, chiedendo di confermare che la quota della s.a.s. non vada inclusa nella dichiarazione di successione, in considerazione del fatto che la stessa non fa parte del patrimonio del de cuius (disponente) al momento della morte, essendo nella titolarità del trustee. Tale soluzione veniva supportata evidenziando da un lato che il giudizio di inopponibilità dell’Agenzia delle entrate espresso nella risposta n. 359/2022 ai fini delle imposte sui redditi non determinava alcuna conseguenza in termini di nullità, inesistenza o inefficacia del trust dal punto di vista civile, dall’altro che l’imposta di successione, secondo l’orientamento costante della Suprema Corte, dovrebbe applicarsi al momento dell’effettivo arricchimento che si verificherebbe solo con la devoluzione della quota ai beneficiari finali.


La retromarcia dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia, tuttavia, non condivide la soluzione proposta dall’istante e ribadisce la posizione espressa nella circolare n. 34/2022, rettificando la precedente risposta n. 359/2022.
L’interposizione (inesistenza), quindi, secondo l’Agenzia delle entrate, ha valenza generalizzata, non solo ai fini dell’imputazione dei redditi, ma anche ai fini dell’imposta di successione.


Conclusioni

Tale posizione, ancorché possa sembrare giustificata per esigenze di coerenza dell’ordinamento tributario, non sembra del tutto condivisibile. Infatti, se l’imposta di successione intende tassare il trasferimento della titolarità dei beni e dunque l’effettivo arricchimento, in assenza di una dichiarazione di nullità, inesistenza, o simulazione del trust, che renda inopponibile ai fini civilistici il trasferimento della titolarità dei beni dal disponente al trustee, appare difficilmente condivisibile che l’inesistenza del trust ai fini reddituali possa assumere altresì rilievo ai fini della liquidazione dell’imposta di successione.


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Avvocato e partner di Di Tanno Associati, Marco Sandoli vanta una consolidata esperienza nella fiscalità internazionale, d’impresa e contenzioso. Le sue aree di specializzazione comprendono: fiscalità dei fondi di investimento, operazioni di finanza straordinaria, venture capital, fiscalità dei patrimoni individuali (Hnwi) e protezione patrimoniale. È componente del collegio sindacale di società industriali e intermediari finanziari e membro della commissione Tax&Legal dell’Aifi e dell’Osservatorio pmi Euronext.

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