Trust interposto: l’Agenzia delle entrate fa retromarcia

Con la risposta n. 176 del 31 gennaio 2023, l’Agenzia delle entrate rettifica quanto chiarito nella precedente risposta n. 359 del 4 luglio 2022, recependo in tal modo la posizione espressa nella recente circolare in tema di trust n. 34 del 20 ottobre 2022. Secondo l’Agenzia, l’interposizione del trust ai fini reddituali assume rilievo anche ai fini dell’imposta di successione, derivando da ciò che tra i beni inclusi nell’attivo ereditario vanno ricompresi anche quelli formalmente intestati al trust.
Il caso in oggetto sottoposto
all’Agenzia delle entrate
Nel caso esaminato dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 176/2023, Tizio aveva istituito un trust per gestire il passaggio generazionale, segregando in esso l’86% della propria quota di una società s.a.s. e indicando come beneficiari del trust i suoi figli e nipoti. Nel 2021 l’Agenzia, fornendo risposta (n. 796/2021) sull’imputazione dei redditi del trust, aveva ritenuto il trust “non validatamente operante sotto il profilo fiscale”, in quanto il trustee non poteva esercitare liberamente i suoi poteri in virtù degli ampi poteri di controllo e ingerenza spettanti ai beneficiari per il tramite del guardiano, con conseguente assoggettamento dei redditi prodotti dal trust in capo al soggetto disponente (Tizio).
Successivamente, essendo Tizio
deceduto, uno dei figli in qualità di erede chiamato alla
successione chiedeva di sapere se ai fini della presentazione della
dichiarazione di successione e della liquidazione della relativa
imposta, la quota della s.a.s. intestata al trustee dovesse o meno
essere inclusa nell’attivo ereditario del padre.
L’Agenzia
delle Entrate nella risposta n. 359/2022 chiariva che la quota
della s.a.s. non doveva essere inclusa nella dichiarazione di
successione del padre, in quanto al momento della sua morte la
quota era intestata al trustee per effetto della segregazione nel
trust. L’Agenzia, quindi, riconosceva che l’inesistenza del
trust assumesse rilievo unicamente ai fini dell’imputazione dei
redditi senza determinare alcun effetto ai fini dell’imposta di
successione.
Tale posizione veniva però superata dalla circolare n. 34/2022 che nel commentare gli effetti dell’interposizione del trust precisava che “nell’ipotesi di decesso del soggetto disponente, tenuto conto della interposizione del trust tra i beni e i diritti che compongono l’attivo ereditario di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, sono inclusi anche quelli formalmente nella titolarità del trust, qualificato come interposto”.
Il nuovo interpello presentato
dagli eredi
Essendo tale posizione diametralmente opposta a quella espressa nella risposta n. 359/2022, viene dagli eredi presentato un nuovo interpello, chiedendo di confermare che la quota della s.a.s. non vada inclusa nella dichiarazione di successione, in considerazione del fatto che la stessa non fa parte del patrimonio del de cuius (disponente) al momento della morte, essendo nella titolarità del trustee. Tale soluzione veniva supportata evidenziando da un lato che il giudizio di inopponibilità dell’Agenzia delle entrate espresso nella risposta n. 359/2022 ai fini delle imposte sui redditi non determinava alcuna conseguenza in termini di nullità, inesistenza o inefficacia del trust dal punto di vista civile, dall’altro che l’imposta di successione, secondo l’orientamento costante della Suprema Corte, dovrebbe applicarsi al momento dell’effettivo arricchimento che si verificherebbe solo con la devoluzione della quota ai beneficiari finali.
La retromarcia dell’Agenzia delle entrate
L’Agenzia, tuttavia, non condivide la
soluzione proposta dall’istante e ribadisce la posizione
espressa nella circolare n. 34/2022, rettificando la precedente
risposta n. 359/2022.
L’interposizione (inesistenza), quindi,
secondo l’Agenzia delle entrate, ha valenza generalizzata, non solo
ai fini dell’imputazione dei redditi, ma anche ai fini dell’imposta
di successione.
Conclusioni
Tale posizione, ancorché possa sembrare giustificata per esigenze di coerenza dell’ordinamento tributario, non sembra del tutto condivisibile. Infatti, se l’imposta di successione intende tassare il trasferimento della titolarità dei beni e dunque l’effettivo arricchimento, in assenza di una dichiarazione di nullità, inesistenza, o simulazione del trust, che renda inopponibile ai fini civilistici il trasferimento della titolarità dei beni dal disponente al trustee, appare difficilmente condivisibile che l’inesistenza del trust ai fini reddituali possa assumere altresì rilievo ai fini della liquidazione dell’imposta di successione.
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