L’accordo non rende in alcun modo più competitivo il mercato dell’arte dopo la Brexit, afferma Grosvenor. Dal 2021, ogni opera d’arte comprata in Ue costerà il 5% in più in termini di Iva. Il Regno Unito perderà il vantaggio competitivo fiscale che aveva in ambio Ue. Prima della Brexit, molti mercanti “passavano” dal Regno Unito per vendere, essendo il paese quello con l’Iva inferiore (5 per cento; in Italia è il 10). Ora, non facendo più parte la Gran Bretagna più parte dell’Unione europea, dovrà sottostare alle aliquote degli altri paesi. Il paese più vantaggioso per l’Iva sulle opere d’arte è ora la Francia.
Alexander Herman, dell’Istituto di arte e diritto, è invece soddisfatto perché rimane la cooperazione per gli oggetti d’arte e cultura illegalmente sottratti dai territori degli stati membri. Il Regno Unito mantiene il divieto, in base al Regolamento 2019/880, di introdurre nel territorio nazionale beni trafugati.
Su tutte, resta la nota dolente della burocrazia, soprattutto per il trasporto. La libera circolazione delle merci non esiste più, «non sarà più possibile far andare semplicemente un camion da Londra a Parigi», lamenta un trasportatore specializzato ad Artnet. La Brexit per il trasporto d’arte significa compilare più scartoffie, dover riscuotere e pagare balzelli. «La maggior burocrazia si tradurrà in ritardi». Ne beneficeranno i lavori d’arte meno costosi, quelli per cui la licenza all’esportazione non è necessaria. La soglia è di 180.000 sterline per i dipinti e di 65.000 per le sculture.
Saggiamente, Edward Dolman, ceo di Phillips, afferma che le case d’asta semplicemente dovranno stare a guardare, per scoprire poi che cosa succederà. Si dice inoltre fiducioso nei confronti del governo londinese. La politica britannica è consapevole del ruolo preminente che la Gran Bretagna ha nel mercato dell’arte, conclude il manager.