Il dilemma fra Btp e fondi obbligazionari a scadenza, un’alternativa spesso proposta a complemento dei titoli italiani dalle reti di consulenza, non dovrebbe essere l’unico confronto da esaminare. Il fondo obbligazionario tradizionale, verso il quale gli investitori si sono allontanati dopo il tracollo del 2022, potrebbe riacquisire rilevanza se le banche centrali taglieranno i tassi fra quest’anno e il prossimo. Infatti, il fondo obbligazionario a scadenza, seguendo una strategia di “compra e mantieni in portafoglio”, risulta meno sensibile all’andamento dei tassi. E’ un risultato familiare per chi porta a scadenza il suo Btp: a meno di default dello Stato italiano, non si percepisce la volatilità del titolo dovuta all’andamento dei tassi, poiché una volta giunto a scadenza il capitale viene rimborsato al 100%.
Considerando che il calo dei tassi corrisponde a un aumento di prezzo dei bond, però, il mercato potrebbe offrire un’opportunità per i fondi obbligazionari che sono nella posizione di coglierla – e non sono quelli a scadenza.
I tassi in discesa: come incidono sui prodotti obbligazionari
“Come i titoli obbligazionari, i fondi a scadenza dovrebbero avere una sensibilità ai movimenti dei tassi inferiore rispetto ai fondi obbligazionari tradizionali“, ha dichiarato Fabrizio Azzaro, partner di Monium Scf, a We Wealth. “Questo è facilmente spiegabile attraverso il concetto della duration”, ossia quella misurazione in anni che esprime quanto il prezzo del bond sia sensibile alle variazioni dei tassi di interesse. “Mentre un fondo tradizionale non a gestione attiva ha una duration costante o che nel tempo varia poco, il fondo a scadenza è più simile a un’obbligazione perché la duration si riduce nel tempo fino ad arrivare alla scadenza naturale del titolo o del fondo. Questo, in teoria, dovrebbe rendere più stabile e controllabile il rendimento del fondo a scadenza”.
La relazione inversa fra tassi e prezzi dei bond non viene incorporata nelle performance dei fondi a scadenza, ma è un fenomeno che i classici fondi obbligazionari, che comprano e vendono attivamente i titoli per incassare eventuali ritorni sul prezzo, potrebbero sfruttare.
Le previsioni sul mercato dei bond
“Per quanto riguarda le attese di mercato, la prevista riduzione dei rendimenti a partire dalla seconda metà del 2024 riguarderà principalmente la parte breve della curva dei rendimenti controllata dalle banche centrali“, ha affermato Azzaro, per il quale questa discesa avrà due effetti sul portafoglio titoli dei clienti: “Innanzitutto, il rischio legato alla duration del portafoglio favorirà l’apprezzamento dei titoli acquistati in caso di discesa dei tassi, e il rischio di reinvestimento, che si minimizza con l’acquisto di titoli a lunga scadenza o Etf/fondi obbligazionari a duration costante”.
Il calo dei tassi potrebbe essere la svolta per i fondi obbligazionari classici? Come spesso accade nel mondo della gestione attiva, molto dipende dalle capacità individuali. “La capacità del gestore consiste nel cercare di ottimizzare il portafoglio obbligazionario in funzione di questi due effetti, allungando la duration quando i tassi sono previsti in discesa e accorciandola nei periodi di tassi in salita”, ha dichiarato il consulente e partner di Monium.
Fondi obbligazionari, a scadenza, o singoli bond
Fra le singole obbligazioni e i fondi o Etf a scadenza, Azzaro tende a preferire le prime, in quanto i prodotti a scadenza hanno “costi elevati, scarsa trasparenza e impossibilità di calcolare il rendimento ex ante, che possono ostacolare la costruzione di un portafoglio efficiente per ottenere un rendimento stabile nel tempo”. Per costruire una diversificazione efficace, quindi, si può optare per l’acquisto diretto di obbligazioni adatte agli obiettivi, anche se ciò richiede un po’ di esperienza e un budget minimo più consistente (di norma ogni titolo ha un taglio minimo di 1.000 euro). “Anche un Etf/Fondo obbligazionario con una duration costante potrebbe generare buoni rendimenti con la discesa del costo del denaro”, ha aggiunto Azzaro, “ma il comportamento resta meno prevedibile rispetto a un portafoglio titoli ben diversificato”. “La nostra opinione ci porta ad escludere dai portafogli strumenti difficilmente controllabili come i fondi obbligazionari a scadenza”, ha concluso Azzaro, “preferiamo utilizzare singoli titoli o Etf obbligazionari per gestire attivamente la duration e l’esposizione al credito corporate e dei paesi emergenti: questo ci consente di avere più visibilità sul rendimento a scadenza e di gestire attivamente le scadenze e quindi la duration del portafoglio in funzione dell’andamento dei tassi di mercato”.
Chi è assistito da un professionista, dunque, potrà fare appello alle abilità nella gestione delle singole obbligazioni, chi sceglie il fondo obbligazionario invece si dovrà affidare al team di asset management.