BlackRock acquisirà il terzo investitore in infrastrutture globale per 12,5 miliardi di dollari, in quella che è la più grande operazione di M&A messa in campo dall’asset manager da 15 anni
Per gli investitori, il flusso di rendimento generato dalle infrastrutture ha caratteristiche peculiari e prevalentemente difensive: una caratteristica sempre più apprezzata anche da grossi portafogli individuali
Le infrastrutture sono “una delle opportunità di investimento a lungo termine più eccitanti” e, allo stesso tempo, la più grande acquisizione mai annunciata dal primo gestore patrimoniale al mondo negli ultimi 15 anni. Ad esprimere questo giudizio entusiasta sul settore è stato il ceo di BlackRock, Larry Fink, poco dopo la presentazione dell’accordo che porterà Global Infrastructure Partners sotto il controllo dell’asset manager, per un controvalore di 12,5 miliardi di dollari.
Global Infrastructure Partners è il terzo investitore infrastrutturale al mondo, dopo Macquarie e Brookfield: nel suo portafoglio figurano infrastrutture in ogni continente, come il porto di Melbourne, il principale scalo marittimo australiano, l’aeroporto londinese di Gatwick, ma anche il 72% di Italo, la compagnia ferroviaria ad alta velocità. Al termine dell’accordo, BlackRock prenderà un posto in prima fila nel settore infrastrutturale che, secondo Fink, starebbe andando incontro a una “rivoluzione”.
Con la transizione energetica e la digitalizzazione in atto in diverse aree del pianeta, è aumentata anche la domanda di nuove infrastrutture, dagli impianti per le energie rinnovabili alle antenne per il 5G.Allo stesso tempo, però, è aumentato anche il debito pubblico in varie parti del mondo, il che ha reso più complicato il finanziamento puramente statale di queste opere. Questo sta rendendo i capitali privati sempre più importanti nel finanziamento delle infrastrutture.
La scommessa di BlackRock e di molti altri gestori è che questa sete finanziamenti privati alimenterà sempre più i profitti degli investitori infrastrutturali.
Negli ultimi dieci anni, gli asset gestiti nei fondi in infrastrutture sono quintuplicati a 1.300 miliardi di dollari, secondo i dati di Preqin, una società specializzata in mercati privati. Solo negli ultimi sei mesi, sono state annunciate almeno altre due acquisizioni di investitori infrastrutturali da parte di fondi di private equity: General Atlantic e Cvc hanno acquisito, rispettivamente, Actis, attiva nei mercati emergenti e Dif, in Olanda.
La raccolta record del nuovo fondo Macquarie
Anche gli investitori istituzionali e privati, dall’altra parte, stanno rispondendo alla chiamata dei fondi con crescente interesse. Lo scorso 22 gennaio è stato annunciata una raccolta record di 8 miliardi di euro per l’ultimo fondo infrastrutturale lanciato da Macquarie in Europa. Il fondo punta a ottenere un rendimento interno annuo superiore al 10% (“low double digit”) e fra i suoi sottoscrittori figurano, oltre ai classici investitori istituzionali, anche i family office, strutture che curano gli interessi di individui ad alta patrimonializzazione.
“Il divario tra le infrastrutture pianificate e quelle necessarie è ragionevolmente ampio”, aveva commentato al Financial Times Adam Lygoe, responsabile della distribuzione dei patrimoni istituzionali e internazionali di Macquarie Am, “la capacità di finanziare tali infrastrutture da parte dei governi è difficile in tutto il mondo, quindi c’è bisogno del settore privato”.
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Infrastrutture, un investimento sempre più accessibile
Per un gestore patrimoniale leader nel terreno basilare degli Etf come BlackRock, la scommessa sui mercati non quotati e sugli asset alternativi è stata sempre più forte negli ultimi anni. Le infrastrutture sono un investimento detenuto tipicamente da assicurazioni, fondi pensione e altre istituzioni, ma negli ultimi anni l’industria del risparmio ha insistito nel portare queste asset class anche nei portafogli individuali più evoluti (e sostanziosi).
“L’offerta di fondi infrastrutturali si è ampliata negli ultimi anni e si assiste ad una progressiva ‘democratizzazione’ degli investimenti in economia reale, compresi quelli in infrastrutture”, ha dichiarato a We Wealth Eugenio Vecellio, direttore commerciale di Tages Capital, una Sgr italiana attiva nel settore, “i grandi gruppi di asset management propongono oramai investimenti in infrastrutture non solo alla clientela istituzionale ma anche a quella privata sempre più alla ricerca di rendimenti alternativi alle asset class tradizionali”.
Per gli investitori, il flusso di rendimento generato dalle infrastrutture ha caratteristiche peculiari e prevalentemente difensive. “Spesso gli investimenti in infrastrutture offrono rendimenti stabili nel tempo, resistenti nelle fasi di ribasso e soprattutto con una limitata correlazione alle asset class tradizionali”, ha affermato Vecellio, citando a titolo di esempio gli stessi investimenti di Tages sulle energie rinnovabili.
La crescita di interesse degli investitori individuali e dei family office per il comparto è diventata visibile anche in Italia. “Abbiamo iniziato a raccogliere i primi fondi tra gli investitori istituzionali come assicurazioni, fondazioni e fondi pensione, ma già dal 2020, con il nostro secondo fondo, e recentemente con il nostro terzo fondo dedicato alle energie rinnovabili, abbiamo raccolto l’interesse di primarie reti di private banking”, ha ricordato Vecellio, “ad oggi, circa il 20% dei nostri asset proviene da investitori privati”.