Il Bitcoin ha subito un brusco arretramento, amplificando il clima di pessimismo che sta avvolgendo anche Wall Street e confermando la sua tendenza, almeno in alcune fasi, a riflettere con maggiore intensità gli umori dell’azionario. Dopo aver toccato nuovi massimi storici nella prima parte del 2025, la criptovaluta è scesa fino a 78.337 dollari il 28 febbraio, registrando un calo superiore al 28% dai livelli record. Nel corso della seduta, però, ha recuperato terreno, risalendo in area 84.000 dollari.
Dall’inizio di febbraio la flessione ha superato il 20%, riportando le quotazioni ai livelli di novembre 2024 e ridimensionando gran parte dell’entusiasmo legato ai cosiddetti “Trump trade”, ovvero le aspettative di politiche pro-blockchain da parte della nuova amministrazione americana. Nonostante la rapidità d’azione mostrata da Donald Trump su altri fronti, il cambio di rotta a favore delle criptovalute non si è ancora concretizzato. Lo scorso 23 gennaio, l’ordine esecutivo “Strengthening American Leadership in Digital Financial Technology” ha introdotto misure significative per il settore, tra cui la proposta di una riserva nazionale di asset digitali e il divieto dell’introduzione di una valuta digitale della banca centrale (CBDC), a vantaggio delle stablecoin ancorate al dollaro. Tuttavia, il Bitcoin non ha trovato nei nuovi provvedimenti una spinta sufficiente per proseguire al rialzo, avviando invece una nuova fase di ritracciamento.
Rispetto ad altre criptovalute, il Bitcoin ha comunque contenuto le perdite. Ether, la seconda moneta digitale per capitalizzazione, è tornata ai livelli di novembre 2023, mentre il crollo delle cosiddette altcoin ha rafforzato la Bitcoin dominance, ovvero la quota di mercato della principale criptovaluta, salita al 62%, il livello più alto dal marzo 2021.
Secondo diversi osservatori, il ribasso delle criptovalute non sarebbe legato tanto alla mancanza di nuove misure a favore del settore, quanto al generale deterioramento degli asset rischiosi, penalizzati dall’escalation della guerra commerciale.
La paura ad alti livelli a Wall Street
Nel frattempo, il sentiment degli investitori a Wall Street si è rapidamente deteriorato, con una reazione negativa all’introduzione di nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump. Il Fear & Greed Index della CNN, che misura il sentiment del mercato, il 28 febbraio è precipitato a 16 punti su 100, ben dentro il territorio di “estrema paura”, rispetto ai 47 punti di fine gennaio. Tra gli indicatori in peggioramento spicca il rapporto tra opzioni put e call, ai minimi da settembre, segnalando un forte aumento dei timori su un’imminente correzione dell’azionario. Inoltre, negli ultimi 20 giorni, l’obbligazionario ha battuto la performance delle azioni, un chiaro segnale di risk-off, con gli investitori che spostano il capitale verso asset meno volatili.
A febbraio, il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 5,3%, di cui un 5% solo nell’ultima settimana, avviandosi verso il peggior mese da settembre 2023. L’S&P 500 ha ceduto il 2,4% nella settimana e il 2,9% nel mese, il calo mensile più marcato da aprile 2024.
Nonostante la debolezza dell’azionario, anche l’oro, tradizionale bene rifugio, ha subito un arretramento: venerdì è scivolato a 2.846,30 dollari l’oncia, dopo aver toccato quota 2.974 dollari nel corso del 2025.