Secondo uno studio condotto dall’Associazione credit manager Italia e Abbrevia, l’80% dei credit manager ritiene che nei mesi della crisi sia cresciuto il numero di clienti insolventi, i crediti insoluti e in generale le situazioni di difficoltà
Nella valutazione preventiva oggi il 28% si affida alle informazioni pubbliche (come i bilanci), il 5% ad accertamenti investigativi o reputazionali e il 65% ad entrambi gli strumenti, tenendo conto del valore e del momento della fornitura
Atteso un cambiamento nel recupero dei crediti: il 63% punta a incrementare il contatto diretto con i clienti, il 38% ad anticipare le azioni di recupero stragiudiziale e il 9% ad aumentare i recuperi giudiziali
La crisi pandemica e le misure di contenimento dei contagi dispiegate dal governo tricolore mostrano i loro effetti negativi anche sui crediti commerciali, le dilazioni di pagamento concesse alle aziende dai loro fornitori. Un contesto in cui molti credit manager stanno iniziando a valutare una ridefinizione delle attività preventive, nell’ottica soprattutto di una maggiore prudenza commerciale a parità di valutazione.
Secondo uno studio condotto dall’Associazione credit manager Italia e Abbrevia e diffuso in anteprima da
Il Sole 24 Ore, infatti, l’80% ritiene che nei mesi della crisi sia cresciuto il numero di clienti insolventi, i crediti insoluti e in generale le situazioni di difficoltà. L’indagine ha coinvolto in particolare
circa 200 credit manager appartenenti in gran parte a società di grandi dimensioni (il 57% riporta oltre 100 milioni di fatturato e il 18% dai 50 ai 100 milioni), con un elevato valore medio delle forniture per cui gestiscono il credito (compreso in una forbice tra i 10mila e i 25mila euro per il 33% e superiore ai 25mila euro per il 23%) e appartenenti a diversi settori, dall’abbigliamento ai servizi finanziari e assicurativi, dall’elettronica ai beni di largo consumo, dalla sanità all’idraulica.
Stando alla ricerca, nell’ambito della valutazione preventiva volta a stabilire o meno la concessione del credito, oggi il 28% degli intervistati fa riferimento in via esclusiva alle informazioni pubbliche, evidenziate per esempio nei bilanci, mentre il 5% si affida ad accertamenti investigativi o reputazionali. Il 65%, invece, utilizza entrambi gli strumenti, tenendo conto del momento e del valore dalla fornitura.
Ma la situazione attuale e l’impatto della crisi sui
crediti commerciali potrebbero di fatto rimescolare le carte in tavola. Il 32% del campione, infatti, intende “bonificare” il portafoglio clienti, “non solo per far emergere quelli più in pericolo di insolvenza, ma anche per categorizzare gli altri, calcolare il livello di rischio globale e verificare se è sostenibile”, spiega il quotidiano economico-finanziario.
Tra l’altro, come anticipato, nella fase di analisi preventiva alla decisione sul credito commerciale il 63% intende adottare una maggiore prudenza a parità di valutazione, il 33% modificare i termini e le modalità di fornitura o di pagamento, il 20% ricercare più informazioni, anche investigative, e l’8% incrementare le assicurazioni. Resta un 15% che afferma che non implementerà alcun tipo di attività. Nel caso in cui, nonostante questo, la situazione non migliori, il 63% dei manager punta a rafforzare il contatto diretto con i clienti, il 38% ad anticipare le azioni di recupero stragiudiziale e il 9% ad aumentare i recuperi giudiziali.
Secondo uno studio condotto dall’Associazione credit manager Italia e Abbrevia, l’80% dei credit manager ritiene che nei mesi della crisi sia cresciuto il numero di clienti insolventi, i crediti insoluti e in generale le situazioni di difficoltàNella valutazione preventiva oggi il 28% si affida alle…