La flat tax incrementale è più sostenibile di quella tradizionale, ma resterebbe di gran lunga più vantaggiosa per i soggetti negli scaglioni Irpef più elevati
La flat tax incrementale è da anni al cuore delle proposte elettorali di Fratelli d’Italia. Ora che la coalizione guidata Giorgia Meloni si appresta a guidare il Paese con una solida maggioranza, questa proposta potrebbe diventare presto realtà.
Che differenza c’è fra una flat tax “normale” e una flat tax incrementale? Nella prima, tutti redditi personali attualmente tassati con quattro aliquote crescenti dal 23% al 43%, sarebbero sempre sottoposti alla stessa percentuale. La flat tax tradizionale, dunque, è un’aliquota piatta e unica. Nessun partito del centrodestra, comunque, l’ha proposta nel programma dell’ultima tornata elettorale.
La flat tax incrementale, è un concetto più complesso che è utile dividere in due parti.
- E’“incrementale” perché la nuova aliquota al 15% che Fratelli d’Italia promette di introdurre si applica solo sull’incremento di reddito che eventualmente si verifica da un anno all’altro. Se nell’anno precedente si è dichiarato 100 euro e in quello successivo 120, ad essere soggetti alla nuova aliquota sarebbero solo i 20 euro aggiuntivi.
- E’ “flat” perché in qualsiasi fascia di reddito ci si trovi, l’aliquota sull’incremento rimane sempre la stessa. Questo, inevitabilmente, rende lo sconto fiscale più conveniente per i soggetti che dichiarano e guadagnano di più. Vediamolo con un esempio.
Enrico ha dichiarato 13mila euro nel 2022 e 15mila euro nel 2023. Nel sistema fiscale attuale i 2.000 euro di incremento sarebbero tassati al 23% poiché rientrano nel primo scaglione Irpef: ossia, 460 euro. Con la flat tax incrementale al 15% promessa da Fratelli d’Italia, l’esborso Irpef di Enrico scenderebbe a 300 euro, con un beneficio netto di 160 euro sull’imposta vigente.
Giorgia, invece, ha dichiarato 55mila euro nel 2022 e 57mila nel 2023. L’incremento, anche qui è di 2.000 euro e sarebbe tassato, secondo le leggi attuali, al 43% (l’ultimo scaglione Irpef). Giorgia, dunque, oggi pagherebbe 860 euro. Con la flat tax incrementale, invece, il fisco si accontenterebbe di 300 euro, proprio come nel caso di Enrico.
Tirando le somme di questo confronto, il soggetto nel primo scaglione Irpef avrebbe risparmiato 160 euro, quello nell’ultimo 560, sebbene l’incremento reddituale fra 2022 e 2023 sia stato per entrambi di 2.000 euro.
La flat tax incrementale è più sostenibile di quella tradizionale?
Fratelli d’Italia ha sempre affermato che la flat tax incrementale è più facile da finanziare rispetto a una flat tax ordinaria. Infatti, con la flat tax incrementale, lo Stato rinuncerebbe solo a una parte del gettito atteso in caso di crescita, detassando gli individui che hanno guadagnato di più rispetto all’anno prima. Ma anche in quel caso, quando una crescita si verifica, le entrate statali salgono in termini assoluti.
Con la flat tax tradizionale, invece, lo sgravio sarebbe esteso a qualsiasi scenario, sia di crescita sia di decrescita dei redditi. Inoltre, sarebbe permanente. Il vantaggio della flat tax incrementale, al contrario, vale solo per gli anni in cui l’individuo registra un aumento dei guadagni.
Tornando all’esempio di Enrico, che nel 2023 ha dichiarato 15mila euro portando a casa uno sgravio fiscale da 160 euro, se nel 2024 avrà dichiarato nuovamente 15mila euro dovrà pagare l’aliquota ordinaria al 23% e non più quella sul reddito incrementale al 15%. La ragione è semplice: fra 2023 e 2024 Enrico non avrebbe registrato alcun incremento di reddito.
In una lettera Repubblica il responsabile del dipartimento Economia e Finanza di Fratelli d’Italia, Maurizio Leo, ha precisato che l’anno di riferimento per calcolare gli incrementi reddituali soggetti a flat tax non sarebbe sempre quello precedente. “Per evitare possibili aggiramenti… la nostra proposta parte dal presupposto che il reddito da incentivare vada determinato non per confronto con l’anno precedente, bensì rispetto al reddito annuale massimo dichiarato in un periodo pluriennale di riferimento”.
Un problema di costituzionalità
In passato la flat tax era stata criticata in quanto potenzialmente incompatibile con il principio di progressività fiscale sancito nella Costituzione. Vale a dire il principio per il quale chi più guadagna più paga, anche in termini di aliquote crescenti (progressive). Anche la flat tax incrementale rischia di introdurre una distorsione di questo principio. Immaginiamo di confrontare ad Enrico, che ha dichiarato 15mila euro nel 2023 dopo averne dichiarati 13mila nel 2022, Matteo, che ha guadagnato 15mila euro in entrambi gli anni. Con la flat tax incrementale Enrico, che ha visto migliorare le sue condizioni nell’ultimo anno, pagherebbe meno tasse sul reddito di Matteo che ha guadagnato esattamente la sua stessa cifra. Ciò violerebbe il principio di “equità orizzontale”, poiché si andrebbero a penalizzare o favorire fiscalmente soggetti che si trovano nelle medesime condizioni.
Un problema di efficacia
Un possibile problema della flat tax incrementale consiste, inoltre, nell’idea stessa di offrire un trattamento fiscale più favorevole ai soggetti che hanno visto un miglioramento dei propri guadagni. In uno scenario di recessione, ad esempio, potrebbe porsi il problema politico ed economico di un fisco che aiuta quelle attività che hanno tratto benefici dalla crisi. Secondo Leo il pensiero che sorregge la flat tax incrementale è premiare “chi lavora di più, chi si impegna di più, chi assume di più… chi contribuisce ad accrescere la ricchezza del Paese”. Tuttavia, in molti casi, l’andamento positivo o negativo del reddito non è dovuto alla volontà di chi lavora, ma a circostanze fuori dal suo controllo.