Come possono le famiglie benestanti contribuire alla ripresa del paese? Ci sono strumenti adeguati per sostenere questo obiettivo? Lo spiega Antonella Massari, segretario generale di Aipb
La crisi e gli effetti negativi del coronavirus colpiranno in particolare e più duramente le regioni del nord dove si concentra il 70% della ricchezza privata
“In questa prima fase dell’emergenza, soltanto lo Stato può intervenire in maniera significativa per assicurare la liquidità necessaria alle piccole e medie imprese italiane. Superata però l’emergenza liquidità il contributo del risparmio private sarà fondamentale”
Cosa può fare il private banking per aiutare l’economia? Le famiglie benestanti possono offrire il loro aiuto e se sì come? Antonella Massari, segretario generale di Aipb, durante il webinar “La finanza alternativa per ripartire, soluzioni e proposte per le pmi” organizzato dal Politecnico Milano, ha sottolineato come le famiglie benestanti possano dare il loro contributo significativo alla ripresa economica.
Partiamo da un dato di fatto: è evidente che l’impatto economico sarà più forte nelle regioni del nord del paese, dove si concentra anche il 70% della ricchezza private. Le attività finanziarie delle famiglie benestanti risultano maggiormente esposte agli effetti della pandemia avendo portafogli caratterizzati da un peso contenuto della liquidità pari a fine 2019 al 15%, di tutte le attività finanziarie, contro il 50% delle famiglie retail. Portafogli che stanno subendo perdite dovute all’andamento dei mercati a cui si aggiunge una riduzione dei redditi da patrimoni immobiliari e partecipazioni. L’industria del private banking che gestisce oggi 800 miliardi di risparmio ha come principale obiettivo la conservazione e la crescita dei patrimoni della propria clientela assume un ruolo centrale nella ripresa del paese. “Il comportamento delle famiglie benestanti – sottolinea
Massari – è cruciale per ridare fiato all’economia. Da un lato assicurando una ripresa dei consumi, anche per beni di non prima necessità, dall’altra finanziando investimenti di medio e lungo termine a sostegno delle attività produttive del paese. In questa prima fase dell’emergenza, soltanto lo Stato può intervenire in maniera significativa per assicurare la liquidità necessaria alle piccole e medie imprese italiane. Superata però l’emergenza liquidità il contributo del risparmio private sarà fondamentale, per finanziare progetti di crescita e ristrutturazione”.
L’offerta di prodotti di finanza pubblica adatti a una clientela che può investire i propri risparmi con un orizzonte temporale di lungo periodo darebbe ossigeno a una finanza sotto pressione. “I portafoglio delle famiglie private, dove il peso dei titoli di stato era a fine anno pari al 5,6% sul totale delle attività, possono offrire spazi importanti per nuovi prodotti della repubblica, pensati in modo specifico per questa categoria di clientela” spiega Massari. E dunque si intende un arco di tempo di 25 – 30 anni e no tasse (esenti da bollo, da imposte di successione, di donazioni, da cedole e tasse sui capital gain).
Assieme a un maggior peso dei titoli pubblici sono importanti gli investimenti diretti nell’economia reale con strumenti non quotati su mercati non regolamentati, che al momento risulta essere di difficile accesso agli investitori individuali. “Una spinta a questo sviluppo potrebbe venire dalla proposta della commissione europea – conclude Massari – di istituire una categoria di investitori semi professionali che, se pur mostrando un approccio all’investimento tradizionale, hanno elevata disponibilità finanziaria (superiore ai 500 mila euro) e obiettivi di diversificazione del proprio portafoglio che soddisfano avvalendosi di un servizio di consulenza finanziaria o di gestione patrimoniale per i quali sono disposti a pagare. L’ampliamento degli strumenti finanziari per questa classe di clientela condurrebbe a un miglioramento del processo di avvicinamento degli investitori individuali verso finanziamenti a favore delle pmi e delle infrastrutture”.
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