Scandalo da 2mila miliardi: lo spettro del riciclaggio sui colossi bancari

Rita Annunziata
21.9.2020
Tempo di lettura: 3'
Cinque colossi bancari internazionali sono finiti nel mirino di un'inchiesta che ha portato alla luce migliaia di operazioni sospette per 2mila miliardi di dollari tra il 1999 e il 2017. Alla luce delle normative antiriciclaggio oggi vigenti tutto questo potrebbe ancora accadere? Ne parliamo con Francesco Baccaglini di Alvarium Investment Managers (Suisse) SA

Le azioni di Hsbc sono precipitate ai livelli più bassi dal 1995

“Le strutture finanziarie sono sempre più complesse e sofisticate. È quindi possibile che pratiche scorrette, per non dire criminose, si possano comunque ancora annidare nelle maglie del sistema”, spiega Francesco Baccaglini

Un fiume di denaro sporco ha inondato le principali istituzioni bancarie internazionali, al centro di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette per un totale di oltre 2mila miliardi di dollari. JpMorgan Chase, Hsbc, Standard Chartered, Deutsche Bank e Bank of New York Mellon sono finite nel mirino di un'inchiesta condotta dall'International consortium of investigative journalist sulla base di 2.100 documenti del Financial crimes enforcement network del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti condivisi da BuzzFeed News e oltre 17mila file raccolti dal consorzio attraverso addetti ai lavori, informatori e fascicoli giudiziari. Stando ai dati, tra il 1999 e il 2017 i cinque colossi finanziari sarebbero stati coinvolti in attività di riciclaggio di fondi illeciti che hanno contribuito a finanziare gruppi criminali, oligarchi e organizzazioni terroristiche, con clienti distribuiti in più di 170 paesi. Sull'onda delle rivelazioni, le azioni di Hsbc sono precipitate ai livelli più bassi dal 1995. We Wealth ha chiesto a Francesco Baccaglini, responsabile fiscale di Alvarium Investment Managers (Suisse) SA, quali sono le direttive antiriciclaggio vigenti e cosa può essere fatto ancora in virtù di un sistema realmente trasparente.

Quali sono oggi le principali regolamentazioni vigenti in materia?


“Ogni Stato si è dotato di una specifica normativa antiriciclaggio. A livello di Unione Europea, in particolare, sono state adottate cinque direttive antiriciclaggio. Tuttavia, il Gafi (Gruppo d'azione finanziaria) ha la funzione di coordinare la normativa a livello mondiale. Nel corso degli anni ha emanato delle raccomandazioni agli Stati in tema di normativa antiriciclaggio, monitorandone al contempo l'implementazione nel proprio ordinamento (c.d. “peer reviews”). Le giurisdizioni che non si adeguano entrano in una black list e scattano sanzioni, in particolare la difficoltà di accesso ai circuiti finanziari internazionali. Grazie al Gafi, ad esempio, sono state introdotte misure volte a individuare i beneficiari effetti delle società che hanno emesso azioni al portatore e inseriti alcuni reati, fra cui quelli fiscali, quali reati prodromici, cioè a monte, del reato di riciclaggio”.

Alla luce della normativa antiriciclaggio tutto ciò potrebbe ancora accadere?


“Non mi sento di escludere a priori la possibilità che pratiche volte ad aggirare la normativa antiriciclaggio possano ancora verificarsi. Le strutture finanziarie sono sempre più complesse e sofisticate. È quindi possibile che pratiche scorrette, per non dire criminose, si possano comunque ancora annidare nelle maglie del sistema. Tuttavia, molto è stato fatto nel corso degli ultimi anni da parte dei vari Stati per prevenire il fenomeno del riciclaggio. Grazie al Gafi sono state create delle unità speciali c.d. Financial intelligence unit (Fiu) al fine di accentrare le informazioni e favorirne lo scambio in tempi rapidi fra le autorità dei diversi Stati. Inoltre, le banche europee, svizzere e anglosassoni si sono dotate di strumenti di prevenzione e raccolta di informazioni sempre più efficaci”.

Cosa potrebbe essere fatto ancora dal punto di vista fiscale per risolvere questa problematica?


“Manterrei distinto il profilo fiscale da quello dell'antiriciclaggio. Le due normative si sovrappongono quando le pratiche di riciclaggio sono volte a occultare i proventi derivanti da reati tributari. Nei casi scoperti dal Icij si tratta invece di reati più gravi legati a tangenti, terrorismo o narcotraffico. Il modo principale per ottenere un sistema trasparente è quello di introdurre auditor veramente indipendenti che effettuino le verifiche sulle pratiche antiriciclaggio delle banche. Vanno inoltre rafforzati i controlli interni prevedendo sanzioni pesanti per gli istituti che non si dotano di misure forti contro il riciclaggio. Alcune delle banche coinvolte hanno sottolineato che i casi riportati da Icij risalivano a prima dell'introduzione di guidelines interne, di cui si erano impegnate a dotarsi a seguito di scandali analoghi avvenuti in passato per i quali avevano patteggiato multe salate. Infine, deve essere rafforzato il sistema di scambio di informazioni fra le autorità dei vari Stati”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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