In un mercato dominato da narrazioni aggressive, cicli brevi e aspettative inflazionate intorno all’intelligenza artificiale, è facile lasciarsi trascinare dal fascino delle curve esponenziali e dalla spasmodica ricerca di rendimento. Ma cosa accade quando il capitale incontra le esigenze del lungo periodo e pretende solidità prima che spettacolarità? Lo abbiamo chiesto a Gabriella Berglund, Branch Manager Italia di Comgest, boutique indipendente e paneuropea che ha fatto della strategia “quality growth” la sua firma gestionale.
Comgest è nota per il suo approccio “quality growth”. Come si declina oggi questo stile in un contesto di rapidi cambiamenti e incertezze geopolitiche?
“Il nostro approccio parte da un principio semplice ma solido: investire in aziende di altissima qualità, con crescita sostenibile, visibilità sugli utili futuri e solidi fondamentali. In un mondo instabile, la disciplina e la selettività sono fondamentali. Non inseguiamo il mercato, ci concentriamo su business con margini elevati, forte generazione di cassa e leadership settoriale. È lì che si crea vero valore nel tempo. A ciò si aggiunge una valutazione rigorosa delle barriere competitive e della governance, elementi che consolidano la nostra convinzione anche nei momenti di stress di mercato”.
Comgest è anche una realtà indipendente, partecipata dai propri dipendenti. Che ruolo gioca questa struttura nella coerenza della strategia?
“La nostra indipendenza ci consente di mantenere una visione di lungo periodo autentica, senza pressioni commerciali esterne. Ogni analista o gestore è coinvolto nel successo dell’impresa. Questo allineamento d’interessi con i nostri clienti rafforza la coerenza, la responsabilità e la qualità del nostro processo decisionale. Inoltre, la stabilità del team gestionale e la continuità generazionale nel capitale rafforzano la trasparenza delle scelte e la solidità del processo decisionale interno”.
Nonostante l’attenzione verso Stati Uniti ed emergenti, continuate a puntare sull’Europa. Perché?
“L’Europa ospita aziende straordinarie, spesso sottovalutate. Pensiamo ad ASML, Essilor Luxottica, LVMH, Air Liquide: leader globali nei loro settori, con posizionamenti competitivi, pricing power e una profonda cultura dell’innovazione. In più, il contesto europeo offre anche un terreno fertile per standard ESG più avanzati. Il nostro focus si concentra su modelli industriali solidi e orientati alla creazione di valore nel tempo, anche in ambienti macroeconomici sfidanti come quelli attuali”.
Nel vostro portafoglio europeo trovano spazio le cosiddette “aziende maratonete”. Di cosa si tratta?
“Le aziende maratonete sono realtà che combinano crescita costante, resilienza, adattabilità e capacità di attraversare i decenni generando valore. Alcon, ad esempio, è leader nella chirurgia oftalmica, con un impegno costante in R&S. EssilorLuxottica ha una filiera integrata e un brand power globale. Non guardiamo al prossimo trimestre, ma al decennio che verrà. Questo approccio ci permette di costruire portafogli meno sensibili alla volatilità di breve termine, mantenendo tuttavia un forte potenziale di apprezzamento a lungo termine”.
E le mid-cap? Possono essere le nuove “maratonete”?
Assolutamente. Ci sono molte mid-cap in Europa con le caratteristiche giuste: forte specializzazione, management eccellente, nicchie ad alta barriera all’ingresso. Il nostro compito è individuarle prima che diventino troppo visibili al mercato. Con un’analisi rigorosa, possono rappresentare ottime opportunità di crescita sostenibile. Spesso queste aziende sono più agili nell’adozione tecnologica, hanno minori livelli di indebitamento e beneficiano di filiere più snelle e controllabili internamente.
L’intelligenza artificiale è uno dei temi più caldi del momento. Come lo affrontate in Comgest?
“Con entusiasmo sì, ma guidato dai fondamentali. L’AI ha un potenziale enorme, ma anche molti rischi. Non investiamo in aziende solo perché “fanno AI”, ma in realtà che la integrano per rafforzare il proprio vantaggio competitivo. Siamo molto attenti a non cadere nell’euforia: la vera adozione industriale è ancora agli inizi. Monitoriamo attentamente il ritorno sugli investimenti AI (ROAI) e la coerenza tra spesa in R&D e applicazioni concretamente implementate nei modelli operativi“.
Quali settori europei beneficiano già di un’adozione efficace dell’AI?
“Sanità, industria manifatturiera, servizi finanziari e data analytics. L’AI, per noi, è uno strumento che può potenziare l’efficienza operativa, migliorare la produttività e generare valore, non il fine ultimo. Non cerchiamo “pure play AI”, ma aziende che la usano per innovare in modo concreto. In particolare, valutiamo la capacità delle imprese di integrare l’AI nei processi core in modo scalabile, misurabile e allineato alla propria strategia industriale“.
L’espansione dell’AI ha però un impatto ambientale crescente. Come lo valutate da un punto di vista ESG?
“È un punto centrale. L’aumento della potenza di calcolo ha
un impatto significativo in termini di consumi energetici, uso dell’acqua e infrastrutture. Alcune big tech si stanno già muovendo, ma c’è ancora molto da fare. Noi analizziamo attentamente questi aspetti e premiamo chi dimostra impegno reale verso la sostenibilità. Inoltre, riteniamo essenziale che le aziende comunichino in modo trasparente le metriche ambientali legate all’AI, evitando pratiche di greenwashing o reportistica selettiva”.
Come integrate l’analisi ESG nel vostro processo d’investimento?
“Non è un’integrazione a posteriori, ma parte integrante della nostra analisi fondamentale. Valutiamo governance, gestione ambientale, diritti umani e sociali. Abbiamo una ricerca ESG proprietaria e ci impegniamo in un dialogo attivo con le aziende per promuovere miglioramenti. Investire in modo responsabile, per noi, è investire meglio. Il nostro team ESG lavora a stretto contatto con i gestori, integrando le analisi nei modelli di valutazione e nei punteggi di qualità aziendale usati internamente“.
Articolo tratto dal numero di Giugno 2025 del magazine We Wealth. Abbonati qui.