La possibilità di una nuova escalation delle tensioni militari in Medio Oriente ha impattato il prezzo dei beni rifugio, riportando il petrolio sui livelli di inizio anno, dopo che Israele ha completato un attacco diretto sul suolo iraniano. Sono stati colpiti obiettivi strategici come le strutture di arricchimento dell’uranio, i siti produttivi missilistici e un numero ancora imprecisato di comandanti, uccisi da attacchi chirurgici nelle loro abitazioni a Teheran. Tra questi, figura anche Hossein Salami e Amir Ali Hajizadeh, rispettivamente comandante in capo e responsabile del programma missilistico delle Guardie della Rivoluzione.
Gli Stati Uniti non avrebbero collaborato direttamente all’attacco, ma erano stati informati in anticipo, come dichiarato dal presidente Donald Trump e dal Segretario di Stato Marco Rubio. L’attacco israeliano interrompe i negoziati in corso tra Stati Uniti e Iran per un nuovo accordo sul nucleare, con i due Paesi previsti per un incontro domenica in Oman per un ulteriore giro di discussioni. Trump ha ribadito: “L’Iran non può avere una bomba nucleare e speriamo di tornare al tavolo dei negoziati.” Apparentemente, la strategia americana intende perseguire la politica del negoziato, pur consapevole delle imminenti mosse israeliane in Iran.
“Abbiamo dato loro una possibilità e non l’hanno colta… Sono stati colpiti duramente, più o meno quanto si può essere colpiti voi. E c’è ancora molto da fare. Molto di più”, ha dichiarato Trump in un’intervista rilanciata da un cronista della ABC, “due mesi fa ho dato all’Iran un ultimatum di 60 giorni per ‘raggiungere un accordo'”, ha aggiunto Trump in un post su Truth Social. “Avrebbero dovuto farlo! Oggi è il 61esimo giorno… Ora hanno, forse, una seconda possibilità”.
La rappresaglia dell’Iran, come avvenuto in passato, è iniziata con il lancio di circa un centinaio di droni. Gli attacchi, tuttavia, sono stati neutralizzati da Israele in modo quasi totale. Sebbene il presidente iraniano Masoud Pezeshkian abbia emesso dichiarazioni di forte minaccia, questa reazione difficilmente potrebbe rappresentare una preoccupazione seria, vista l’efficacia della difesa israeliana.
I prezzi del petrolio e l’effetto sui mercati
L’oro ha raggiunto un massimo di giornata a 3.467 dollari l’oncia, riavvicinandosi ai livelli record toccati nel 2025. Il Brent ha toccato i 78,5 dollari al barile, con un rialzo massimo del 14%, successivamente ridimensionato. “L’attacco di Israele sui siti nucleari e sugli obiettivi militari iraniani ha innescato una chiara modalità di fuga dal rischio nei mercati finanziari, con gli investitori che hanno reagito rifugiandosi nei beni rifugio, come di consueto durante periodi di crescenti tensioni geopolitiche”, ha commentato Matthew Ryan, responsabile della strategia di mercato di Ebury. “Il dollaro Usa è stato il chiaro vincitore, recuperando circa la metà delle sue perdite settimanali, con lo yen e il franco svizzero che hanno anche sovraperformato.”
Il rischio paventato dai mercati
“Il timore principale per i mercati è che l’escalation delle tensioni possa estendersi ben oltre i confini di Israele e Iran, coinvolgendo altri attori regionali e globali, o innescando azioni di sabotaggio su infrastrutture economiche critiche. Tra gli obiettivi potenzialmente a rischio ci sono le infrastrutture petrolifere e del gas naturale, come gli impianti strategici di South Pars (il più grande giacimento di gas naturale al mondo), le raffinerie di Abadan e Isfahan, e i terminal per l’esportazione di greggio situati a Jas e sull’isola di Karg, veri snodi vitali per le esportazioni energetiche iraniane”, ha dichiarato Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia.“Un attacco a uno di questi siti, o anche solo la minaccia concreta, potrebbe causare gravi interruzioni nell’offerta globale di petrolio e gas, con conseguente impennata dei prezzi. Già nelle ultime ore, il petrolio ha registrato un balzo superiore al 6%, a conferma della sensibilità del mercato a ogni nuova informazione legata al conflitto”.
“Il petrolio potrebbe arrivare a 80 dollari al barile se le tensioni in Medio Oriente dovessero aumentare e i rischi di approvvigionamento materializzarsi, ma l’aumento della produzione da parte di OPEC+ potrebbe limitare i guadagni e riportare preoccupazioni per un eccesso di offerta in autunno,” ha dichiarato Charu Chanana, chief investment strategist di Saxo Markets, “uno scenario da incubo — come la chiusura dello Stretto di Hormuz o un’interruzione delle esportazioni di petrolio iraniano pari a 2,1 milioni di barili al giorno — potrebbe avere gravi implicazioni per l’offerta globale di petrolio e le aspettative inflazionistiche,” ha aggiunto Chanana. “La potenziale rappresaglia dell’Iran e il blocco dello Stretto di Hormuz potrebbero minacciare l’approvvigionamento di petrolio,” ha commentato Mukesh Sahdev, capo del mercato delle materie prime per il petrolio di Rystad Energy. Tuttavia, “dato l’obiettivo dichiarato degli Stati Uniti di negoziare, è improbabile che il conflitto sfoci in una guerra su vasta scala”.
Le armi spuntate di Teheran
Molto dipenderà dalla capacità dell’Iran di impensierire Israele con manovre di rappresaglia, ma le armi a disposizione della Repubblica Islamica sembrano più deboli di quanto possa apparire oltre la retorica. “Gli attacchi mirati contro figure chiave all’interno dell’Iran, come quelli avvenuti nelle loro case a Teheran, sono sintomi di una crescente debolezza del regime iraniano. Sebbene il governo cerchi di mantenere un’immagine di forza e invulnerabilità, l’incapacità di proteggere i propri dirigenti e le proprie risorse strategiche contro attacchi mirati è un segno evidente di vulnerabilità interna”, ha dichiarato Giorgia Perletta, post-doctoral researcher presso l’Università di Padova ed esperta di politica iraniana. “La situazione è nelle mani di Israele, con la consapevolezza della risposta limitata da parte dell’Iran. La differenza rispetto ad altre operazioni precedenti è che, pur essendo stati resi noti alcuni dettagli dei piani israeliani (come i leak relativi alle operazioni), l’Iran non ha avuto la capacità di neutralizzare o contrastare in maniera efficace l’attacco. Questo ha mostrato l’asimmetria nelle capacità di risposta.”
Le motivazioni di Israele
Il tempismo di questo attacco fa pensare a due cause principali, ha aggiunto Perletta: “L’attacco israeliano sui target mirati in Iran potrebbe essere stato motivato dalla volontà di sabotare i negoziati in corso tra l’Iran e le potenze internazionali. L’operazione sembra essere stata pensata come uno strumento per minare gli sforzi diplomatici e creare una frattura irreparabile.” “Un altro aspetto cruciale”, ha aggiunto, “riguarda la situazione in Siria, dove la transizione politica e militare ha creato un’opportunità unica per Israele, essendo venuto meno, con la caduta di Assad, il principale alleato statuale di Teheran. In un momento in cui l’Iran è privo di alleati strategici nella regione, l’attacco israeliano potrebbe essere stato considerato come un’opportunità per colpire l’Iran nel suo momento di vulnerabilità. Resta sullo sfondo la Russia, che non può abbandonare la repubblica islamica, anche se personalmente non credo interverrà”.
La vampata dei beni rifugio
Secondo Ryan, “i beni rifugio saranno ben sostenuti nei prossimi giorni, poiché i mercati si preparano a eventuali attacchi di rappresaglia e alla possibilità di un conflitto più ampio”. Tuttavia, le possibilità che Teheran possa avere le capacità di danneggiare Israele suggeriscono che la reazione potrebbe non avere una lunga durata. “L’impennata dei prezzi del petrolio”, dovuta all’importanza dell’Iran come terzo maggiore produttore OPEC, “ha anche implicazioni più ampie, poiché potrebbe influire sulle prospettive di crescita globale e mantenere le pressioni inflazionistiche più alte per un periodo più lungo, il che complica il ciclo di allentamento delle principali banche centrali mondiali.”
Domande frequenti su Iran: quanto è concreto il rischio escalation contro Israele
Le tensioni militari in Medio Oriente, in particolare l'attacco di Israele in Iran, hanno riportato il prezzo del petrolio ai livelli di inizio anno. Questo è dovuto alla preoccupazione per possibili interruzioni nella fornitura di petrolio dalla regione.
L'escalation ha generato un aumento della domanda di beni rifugio, considerati investimenti più sicuri in periodi di incertezza geopolitica. Questo riflette la preoccupazione degli investitori per la stabilità dei mercati.
L'attacco israeliano ha colpito obiettivi strategici in Iran, tra cui strutture di arricchimento dell'uranio e siti produttivi missilistici. Sono stati uccisi anche comandanti iraniani in attacchi mirati.
L'attacco ha provocato una 'vampata' dei beni rifugio, suggerendo un aumento della domanda e dei prezzi di questi asset. Gli investitori cercano sicurezza in beni come l'oro e i titoli di stato in periodi di incertezza.
Durante gli attacchi chirurgici a Teheran, è stato ucciso, tra gli altri, un comandante di nome Hoss, anche se l'articolo non fornisce ulteriori dettagli sulla sua identità o ruolo specifico.