“La mail che Sotheby’s ha mandato a tutti i clienti (il 19 dicembre 2024, ndr) è la conferma che chi ha il coltello dalla parte del manico nelle trattative d’asta è sicuramente il possessore dell’opera d’arte”, è il primo commento dell’art collection manager e art advisor Clarice Pecori Giraldi alla notizia del ripensamento della struttura delle commissioni di vendita della più antica casa d’aste al mondo (Sotheby’s fu fondata nel 1744). Lo scorso febbraio la società aveva per l’appunto congelato la possibilità di intavolare trattative che riguardassero le commissioni di vendita di opere d’arte o altri beni di lusso (con qualche sparuta eccezione); ma questo atto di “coraggio” (per usare la stessa parola di Sotheby’s) “le si è ritorto contro”, prosegue l’esperta.
Il rito dell’arte in asta, le commissioni: un meccanismo inscalfibile
La casa d’aste non è riuscita a rompere un meccanismo che il mercato ha generato in qualche secolo di funzionamento. Fino a una cinquantina di anni fa infatti, le case d’aste inglesi addebitavano le commissioni di vendita sui lotti ai soli venditori: l’acquirente non pagava alcun premio. A comperare in asta era un pubblico di esperti, soprattutto antiquari. I cataloghi recavano la sola descrizione delle opere; le immagini erano superflue.
“Col tempo però i venditori si resero conto che in presenza di opere d’arte davvero importanti, le due major erano ben disposte a negoziare i termini delle commissioni di vendita. Al punto che, con gli anni, la commissione dovuta dal venditore si assottiglia fino a sparire”. E oggi persino “il diritto di seguito* lo paga l’acquirente”. Si è trattato della naturale evoluzione del mercato. E a parità di expertise, la concorrenza fra case d’asta si gioca sulle commissioni di vendita. “Sotheby’s per esempio è fortissima nei mobili italiani e nei dipinti antichi. Christie’s nell’arte contemporanea e nei gioielli. In mancanza di preferenze per gli esperti di un determinato dipartimento, semplicemente si opta per chi offre le condizioni commerciali migliori”.
La marcia indietro di Sotheby’s
Dunque il mercato ha detto no alle nuove (proposte) condizioni di Sotheby’s sulle commissioni d’asta. E a dieci mesi dalla sua comunicazione, la casa d’aste fa marcia indietro, annunciando che a partire dal 17 febbraio 2025 reintrodurrà termini su misura per i venditori, “pur mantenendo i principi di base che hanno motivato questo cambiamento”, come si legge nella missiva. Nei primi sei mesi del 2024, il fatturato di Sotheby’s è diminuito del 22%, attestandosi a 558,5 milioni di dollari. Per quanto riguarda Christie’s, le vendite previste per l’intero 2024 ammontano a 5,7 miliardi di dollari, con un calo dell’8% circa rispetto ai 6,2 miliardi di dollari dello scorso anno (bisogna dire che la rivale di Sotheby’s si è ripresa nella volata autunnale).
Cosa sta succedendo? “La tecnologia sostiene una indubbia crescita nel numero degli acquirenti, proprio perché rende gli acquisti concretamente accessibili a chi fisicamente da Christie’s o Sotheby’s proprio non ci entrerebbe. Poter dire di avere sempre più clienti equivale a dire che questo mercato è piuttosto solido, per quanto sia di nicchia. Oggi il mercato è in fase di restringimento, ma si riprenderà. I mercati sono ciclici. Gli ultimi decenni di storia ce lo insegnano: ci sono stati eventi catastrofici come il crollo delle Torri Gemelle, la crisi del Giappone e del Sud Est Asiatico. Ma poi il mercato dell’arte si è puntualmente ripreso. La vita continua, sempre”.
*Si ricorda che il diritto seguito spetta per le opere con meno di 70 anni per quegli artisti europei iscritti alla Siae o enti equivalenti, e che parte di quegli introiti va agli archivi che del loro artista gestiscono l’operato (il malfunzionamento di un archivio affossa completamente il mercato di un artista: in Italia è tristemente noto il caso di Marino Marini).
Articolo apparso originariamente su We Wealth n. 75, gennaio 2025. Abbonamenti qui.