La prima riunione del 2025 della Federal Reserve non ha riservato sorprese in termini di decisioni di politica monetaria, dimostrandosi in linea con il consensus e le aspettative degli analisti. Che la banca centrale statunitense, al contrario di quella europea, non avrebbe inaugurato il nuovo anno con un’ennesima sforbiciata – dopo quelle di novembre e dicembre – era già più o meno scritto. Ma a far riflettere è stato, piuttosto, il linguaggio utilizzato dall’istituto che ha generato molte domande riguardo il futuro della politica monetaria Usa (soprattutto) durante la nuova amministrazione Trump.
Nel contesto economico e politico attuale, gli investitori si chiedono: la Fed ha premuto il tasto “pausa” o ha definitivamente chiuso il ciclo di allentamento? Ecco il punto di vista di Daniel Siluk, Head of Global Short Duration di Janus Henderson Investors.
La Fed tra inflazione e tassi: stop o rinvio?
Come dichiarato durante il 1° FOMC (Federal Open Market Committee) dalla stessa Fed, il contesto economico attuale vede un tasso di disoccupazione più stabile, un mercato del lavoro piuttosto solido e un’inflazione che rimane in qualche modo elevata.
“Le parole di Powell potrebbero sembrare una conferma della svolta restrittiva osservata nell’ultima riunione del 2024. In particolar modo, l’assenza di riferimenti ai ‘progressi sull’inflazione’ – presente, nella dichiarazione di dicembre – rafforza l’idea che l’istituto centrale voglia mantenere una posizione prudente, al momento”, spiega Siluk.
L’interrogativo maggiore riguarda, però, il mantenimento di questo status quo anche nei prossimi mesi del 2025. Dopo quattro riunioni “al ribasso”, è più complicato interpretare le dichiarazioni di Powell e individuare, tra le righe, qualche indizio, in attesa della prossima riunione di marzo.
“Ci chiediamo se la decisione di non abbassare i tassi di interesse sia da considerarsi un semplice rinvio o se sia davvero uno stop definitivo, che comunque non implicherebbe un imminente rialzo dei tassi di interesse”, aggiunge.
Trump e Fed: quale impatto sulla politica monetaria
Ma lo scenario appena descritto si intreccia – inevitabilmente – con un quadro geopolitico che vede gli Usa coinvolti, in larga parte, per merito (o colpa) del nuovo presidente Trump.
“L’amministrazione Trump porta con sé un’agenda economica che potrebbe influenzare la politica monetaria della Fed. Anche se Powell ha parlato di un ‘buon posizionamento per rispondere agli sviluppi economici futuri’, al momento l’istituto sembra essere in un limbo. E non può sottovalutare l’impatto che il programma di Trump potrà avere sull’economia statunitense. I dazi, la politica fiscale, l’immigrazione e la deregolamentazione sono tutte variabili dalle possibili implicazioni inflazionistiche”, continua Siluk.
Molte delle promesse elettorali del tycoon, tra cui la “guerra” dei dazi a Cina, Messico e Canada o la lotta all’invasione dei migranti, insieme alla recente proposta di un takeover da parte degli Stati Uniti della Striscia di Gaza, potrebbero favorire l’incertezza e la volatilità sui mercati finanziari.
“In verità, i mercati in passato hanno già registrato movimenti significativi in risposta al possibile insediamento di Trump. Per esempio, la correzione dei Treasury di fine 2024 è stata innescata proprio dall’ipotesi di una sua vittoria alle presidenziali, nonostante le previsioni parlassero di un avvio di un ciclo di tagli dei tassi”, aggiunge. “Oggi, le previsioni parlano di due ulteriori possibili interventi da parte della Fed che, ben consapevole dell’incertezza, sceglie di essere prudente e attende dati concreti prima di prendere decisioni definitive”.
Investire nel 2025: come navigare l’incertezza?
Sembra proprio che le banche centrali, Fed compresa, dovranno continuare a difendersi da una volatilità che caratterizzerà anche i prossimi mesi del 2025.
Negli Usa, in particolare, molto dipenderà dal livello di concretezza che raggiungeranno le misure economiche e commerciali annunciate da Trump.
“I mercati – spiega Siluk – hanno già fatto marcia indietro sul numero di tagli dei tassi previsti per quest’anno. Per quanto riguarda la Fed, attualmente, si ipotizzano due tagli da 25 punti base. Noi riteniamo che il tasso di riferimento attuale (4,5%) sia già restrittivo, visto un PCE Core che si attesta al 2,8% (gen. 2025).”
Ma a questo punto come dovrebbero comportarsi gli investitori? La chiave, secondo gli esperti di Janus Henderson Investors, sarà tenere alta la guardia e monitorare con attenzione gli indicatori macroeconomici così come l’andamento futuro delle politiche monetarie. E, soprattutto, le proiezioni economiche della Fed attese per marzo.
“Riteniamo che non sia il momento di aggiungere duration al proprio portafoglio. Al contrario, in attesa di maggiore chiarezza sul futuro, un focus su strumenti a breve termine potrebbe rappresentare una scelta molto prudente per gli investitori”, conclude.