“Nonostante l’importanza del capitale umano, al momento le aziende tendono a divulgare pochissime informazioni a riguardo”. Così Matt Landstone, Responsabile di ricerca e investimenti Esg, e Emma Doner, Analista Esg di Capital Group. Negli Stati Uniti, la regolamentazione è recentemente venuta a supporto delle società in quanto a misurazione e disclosure di dati relativi al proprio capitale umano, sulla spinta delle crescenti attenzioni alla componente “social” dell’acronimo Esg in seguito alla pandemia. Ne sono esempi gli emendamenti al Regolamento S-K, in vigore da novembre 2020, che richiedono alle aziende di descrivere le proprie risorse in una sezione specifica del Form 10-K, un report annuale richiesto dalla Us Securities and exchange commission (Sec) che offre una panoramica comprensiva della performance finanziaria di una società.
Capitale umano, una ricerca negli Usa evidenzia alcune lacune
A un anno dall’entrata in vigore della normativa, lo studio legale Gibson Dunn ha condotto un’indagine sulla divulgazione di informazioni relative al capitale umano nelle 451 aziende parte del principale indice americano (lo Standard & Poor’s 500) che hanno pubblicato il proprio report annuale tra il novembre 2020 e il giugno 2021. Il risultato? Una varietà di informazioni, senza uniformità nello scopo e ampiezza della divulgazione.
I risultati della ricerca sono condivisi anche da Landstone e Doner: “misurando il livello e la coerenza dei reporting sul capitale umano in vari settori e regioni, abbiamo riscontrato lacune in gran parte dovute alla regolamentazione”, affermano gli esperti. “Un’informativa scarsa e incoerente indica che il capitale umano è probabilmente sottovalutato dal mercato”. Tuttavia, “senza queste informazioni è più difficile farsi un’idea di aspetti come le retribuzioni minime o medie e la produttività, e determinare quindi gli effetti di una maggiore pressione salariale o di una più agguerrita concorrenza per aggiudicarsi i talenti migliori. Altre importanti lacune in termini di reporting riguardano ambiti come la diversità, il turnover dei dipendenti e gli investimenti nello sviluppo e nella formazione dei collaboratori”.
Capitale umano, 5 indicatori essenziali
Per aiutare gli investitori a districarsi in questo complesso panorama, sono 5 gli indicatori essenziali che Landstone e Doner suggeriscono di monitorare. “A nostro avviso, questi fattori consentono alle aziende di misurare in modo efficace la gestione del capitale umano e pubblicare informazioni al riguardo. Si tratta dei criteri più importanti per gli investitori e più ragionevoli da divulgare in tutti i settori e i paesi”. Ecco quali:
1. Costo totale della forza lavoro
Stipendi, salari, bonus e benefit pensionistici di tutti i dipendenti.
2. Turnover dei dipendenti
Dati dei dipendenti in entrata e uscita volontaria/involontaria.
3. Dati demografici
Genere, razza, etnia e altre misure di rappresentazione della diversità a vari livelli all’interno dell’azienda.
4. Competenze e formazione
Numero totale di giorni di formazione, tipologia e costi.
5. Cultura e impegno
Sondaggi che esplorano l’atteggiamento dei dipendenti nei confronti del lavoro e delle loro aziende, ad esempio scopo, benessere e responsabilizzazione.
In conclusione
“I dati quantitativi sono fondamentali per differenziare le aziende, comprendere rischi e opportunità e porre ai dirigenti domande fondate su prove oggettive”, concludono gli esperti di Capital Group. “Quasi tutti i settori saranno (se non lo sono già) ampiamente influenzati dalle tendenze in atto con riferimento al capitale umano. La pubblicazione sistematica di più informazioni su questo fronte è un’opportunità per comprendere come le aziende gestiscono i loro collaboratori e differenziare leader e ritardatari per individuare le realtà in grado di offrire un vantaggio competitivo”.