Nell’ultimo anno l’Europa ha intensificato gli sforzi per promuovere la mobilità sostenibile, muovendosi verso nuove regolamentazioni e obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni. Uno dei trend di cui si sente di più parlare ultimamente è quello dei veicoli elettrici (EV). In effetti, secondo uno studio dell’Agenzia internazionale dell’energia, il 25% delle auto vendute a livello mondiale sono state elettriche o ibride, ovvero circa 14milioni di vetture e si stima che questa percentuale aumenterà al 55-60% entro il 2030 e al 75-80% entro il 2035.
Settore automobilistico europeo in crisi
Eppure, se è vero che l’interesse per i veicoli elettrici continua a crescere, non ci sono dubbi sul fatto che negli ultimi mesi le case automobilistiche europee si stiano trovando di fronte a un crollo delle vendite. A settembre in Italia, ad esempio, sono state immatricolate circa 121mila vetture, con un calo del 10,7% rispetto allo stesso mese del 2023 (ANFIA). Un esempio eloquente è quello di Stellantis che ha optato per un ulteriore taglio delle previsioni annuali, con i margini che dovrebbero passare dal 10% al 5%.
Questo è chiaro anche guardando ai dati, l’indicatore delle case automobilistiche europee, l’MSCI Europe Automobiles, ha perso il 25% rispetto al picco di quest’anno.
Forse la transizione verso i veicoli elettrici potrebbe essere più complicata e costosa del previsto.
Auto elettriche: la sfida cinese
Mentre il mercato automobilistico europeo si trova in profonda difficoltà, gli EV cinesi stanno rapidamente guadagnando quote di mercato, anche a scapito delle loro controparti europee. Attualmente, un veicolo elettrico su quattro venduto nel Vecchio Continente è prodotto in Cina. Infatti, mentre gli operatori storici europei hanno bisogno di tempo per aumentare la produzione e affrontare le sfide legate alle nuove tecnologie, il Dragone gioca in vantaggio, essendo proprio la casa dell’innovazione. Ma non solo l’Europa si sta muovendo molto più lentamente – e in ritardo – rispetto alla Cina, due sono gli elementi cruciali da considerare secondo Kevin Thozet, portfolio advisor di Carmignac:
- Il profondo divario di prezzo tra le auto prodotte nell’Unione europea e quelle che arrivano dalla Cina. In genere questo gap è superiore al 25%, solo l’imposizione di tariffe superiori a questa cifra sui mezzi importati dal Paese della Grande muraglia potrebbero garantire condizioni di parità
- La disparità tra i Paesi europei. Mentre la Germania esporta circa il 30% delle sue auto in Cina, quindi potrebbe essere opposta alle tariffe per il timore di una ripercussione, Francia e Italia hanno bisogno di stratagemmi per proteggere il loro mercato automobilistico nazionale.
Nuove tariffe sulle auto cinesi: rischio o opportunità
Per mesi in Europa si è parlato della possibilità di imporre delle nuove tariffe sui prodotti relativi alle auto elettriche importate dalla Cina, considerando che esiste già una tassa del 10% per tutte le auto importare. Le opzioni principali da discutere erano due: l’implementazione di una tassa ridotta, tra il 10% e il 25% per fornire un sollievo a breve termine senza incrinare troppo i rapporti con Pechino, oppure optare per dei maxi dazi del 35,3%.
Il 4 ottobre la Commissione europea si è incontrata per definire il da farsi, e anche se la Germania e altri quattro membri hanno votato contro i dazi e altri dodici si sono astenuti, la Commissione ha ricevuto il sostegno necessario per l’adozione delle sue proposte tariffarie. Questo significa che ora potrà procedere con l’imposizione di dazi fino al 36,6%, in aggiunta all’attuale 10%, sui veicoli elettrici spediti dalla Cina. Sarà il momento per il mercato automobilistico europeo di andare verso una ripartenza?