L’Italia è sempre la patria del contante. Ma i pagamenti digitali finalmente avanzano. Sono 8 su 10 gli esercenti che, oltre al contante, accettano pagamenti digitali, sebbene solo una piccola percentuale accetti modalità P2P (come Paypal e Satispay). Di questi, il 58% ha introdotto i pagamenti digitali per venire incontro alla richiesta dei clienti. Infatti, senza pagamenti digitali, gli esercenti stimano di perdere in media il 26% della clientela, con picchi superiori al 60% in settori come Alimentari, Abbigliamento, Bar/Tabacchi e Hotel/Strutture ricettive. Oltre il 50% degli intervistati ha registrato un aumento delle vendite con l’introduzione del cashless. È quanto emerge dalla survey agli esercenti condotta dalla Community Cashless Society di Ambrosetti.
L’evoluzione dei pagamenti, guidata dal regolatore
“Sono gli effetti di investimenti e politiche fatte negli scorsi anni – dice Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Responsabile Area Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti – non è dunque una sorpresa, ma un processo evolutivo ed è necessario. Non perché si debba fare la guerra al contante in maniera ideologica ma per una serie di ragioni tecniche: in un’economia che sta cambiando, e in cui la componente di dematerializzazione dei rapporti diventa preponderante, basarsi sul contante non funziona più”. Ma la strada da fare è ancora lunga: Ambrosetti realizza annualmente anche un indice che mette in relazione i pagamenti digitali rispetto al Pil: nelle 30 peggiori economie insieme a Paesi non particolarmente avanzati sul fronte industriale ci sono l’Italia e il Giappone. Le ragioni sono anche culturali: per esempio, nonostante la percezione di maggiore sicurezza dei pagamenti digitali rispetto al contante, solo il 13,7% degli esercenti ha aumentato l’adozione del cashless per questo motivo. Anzi, il 20% considera ancora il contante il metodo di pagamento più sicuro, rivelando una certa resistenza al cambiamento. Oltre ai pregiudizi culturali, un altro ostacolo è rappresentato dalla scarsa formazione digitale: il 60% giudica basso o molto basso il grado di raccolta e valorizzazione dei dati dei propri clienti, mentre il 26% non utilizza affatto il web per la propria attività. Inoltre, quasi il 50% dei rispondenti non ritiene di avere bisogno di competenze digitali avanzate.
Bnpl e le forme più avanzate di pagamento cashless
Tuttavia, questo scenario contrasta con l’ampio spazio che metodi di pagamento avanzati come il Buy Now Pay Later (BNPL) stanno guadagnando. Nel 2023, ben il 40% degli utenti che ha fatto ricorso al Bnlp ha effettuato almeno il 10% dei propri acquisti online rateizzando i pagamenti digitali con soluzioni Bnlp. Dato ancora più interessante è che il 60% degli utenti senza questa opzione non avrebbe finalizzato l’acquisto. “Lo sviluppo dei pagamenti cashless – prosegue Tavazzi – sta avvenendo a ritmi importanti e progressivi e questo è un punto interessante. I pagamenti innovativi, in cui ci sono modalità come digital wallet e p2p, in cinque anni sono quintuplicati, dal 2% del 2020 oggi siamo oltre l’11%. In generale c’è più accelerazione del mondo cashless, che è passato dai 170 miliardi di euro del 2015 a 400 miliardi di euro del 2023, pesando per il 40% dei consumi privati. Stiamo osservando un’accelerazione del cambiamento, ottima notizia, perché l’Italia era lenta rispetto alla media. Poi, grazie agli investimenti nel mercato da parte della filiera dei sistemi di pagamento c’è stata sempre maggior copertura dei punti di accettazione, della diffusione dei POS, dove siamo ai primi posti in Europa. Sono stati fatti investimenti importanti sul fronte delle interfacce e nella sicurezza”.
L’Italia avanza anche nel Desi
Il Paese è evoluto in un modo che neanche i più importanti indici sulla digitalizzazione, come il Desi, riescono a intercettare. “Nel Desi, dove siamo costantemente nelle ultime posizioni, non viene considerato il tema dei pagamenti elettronici, né cose come il fascicolo sanitario che è sviluppato, la SPID che è quasi a copertura totale, l’e-commerce che ha fatto un balzo. La fotografia realistica è quella di un’Italia non più preistorica sul fronte digitale: i pagamenti digitali sono elemento abilitante. Se l’ultimo miglio non è digitalizzato ma bisogna andare allo sportello per pagare, la digitalizzazione del processo perde di significato”. Un altro elemento che ha contribuito a dare un boost al sistema sono le policy implementate a livello italiano: “il sistema di fatturazione elettronica è una delle best practice a livello europeo, il tanto bistrattato cashback, che dal nostro punto di vista varrebbe la pena reinserire, è uno strumento tecnico che ha sostenuto l’avvio della digitalizzazione dei pagamenti e spinto i consumi in un momento di crisi”.
La fatturazione elettronica ha dato impulso anche a pagamenti B2B, che offrono benefici ed efficienze operative che le imprese percepiscono in maniera più diretta. “Il cambiamento vero sarà l’euro digitale che va nella direzione, auspicabile per tutti, di rendere il Paese più equo e trasparente, uscendo dalla classifica che ci vede al quarto posto per evasione in Europa”.
E tutto questo però si ottiene non attraverso gli obblighi, ma con un’operazione di sistema che in effetti sta avvenendo da almeno un quinquennio nel nostro Paese.