Il tutto è partito nell’ambito di una controversia tra una società di diritto polacco e l’Agenzia delle entrate ungherese
La Corte parte dal presupposto che il regolamento n-904/2010 ha lo scopo di incoraggiare lo scambio di informazioni fiscali per evitare fenomeni di evasione
Il caso
Il tutto è partito nell’ambito di una controversia tra una società di diritto polacco e l’Agenzia delle entrate ungherese. La società in questione non ha né uffici né magazzini in Ungheria. È stabilita in Polonia. Per l’amministrazione fiscale ungherese non possiede dunque una sede di lavoro ai fini Iva.
La sua attività avviene tutta online. E riguarda la vendita di prodotti per animali, che commercializza via Web. Nel 2012 la società aveva offerto ai clienti la possibilità di fare un contratto con un’altra società di trasporto polacca, per inviare i prodotti comprati. Da sottolineare come l’impresa ungherese non faceva parte del contratto. E da qua parte proprio la questione giudiziaria. In particolare il giudice del rinvio si è interrogato se effettivamente l’Agenzia delle entrate ungherese potesse adottare e agire diversamente rispetto a quella polacca.
La questione finisce quindi davanti alla corte Ue. Si chiede se uno stato membro possa assoggettare alcune operazioni a un trattamento fiscale Iva diverso da quello oggetto di imposizione in un altro stato membro.
La decisione
La Corte parte dal presupposto che il regolamento n-904/2010 ha lo scopo di incoraggiare lo scambio di informazioni fiscali per evitare fenomeni di evasione. E dunque per accertarsi che l’Iva venga sempre pagata, in particolar modo quando si hanno a che fare con operazione tra stati. Non è infatti difficile evitare il pagamento dell’imposta se si ha a che fare con imprese che lavorano cross-border.
Inoltre, l’applicazione della corretta Iva da pagare dipende dalle informazioni che ha lo stato membro di un determinato stabilimento. Il regolamento Ue stabilisce dunque che i paesi devono collaborare tra di loro e con la Commissione, allo scopo di assicurare e rispettare le regole comunitarie che consentono l’accertamento dell’Iva. Da sottolineare come il regolamento si limita ad una cooperazione amministrativa tra le varie autorità finanziarie, ma non disciplina la competenza di tali autorità a procedere o meno, in base alle informazioni che hanno ottenuto. E dunque il regolamento non obbliga gli stati ha cooperare.
Inoltre la direttiva n.112/2006 consente di evitare la doppia imposizione e di garantire la neutralità fiscale. E dunque i giudici europei sono giunti alla conclusione che la direttiva n.112/2006 e il regolamento n-904/2010 devono essere interpretati nel senso che le vari amministrazioni fiscali possono decidere di assoggettare alcune operazioni a un trattamento diverso Iva rispetto a quello messo in piede nell’altro stato.