In Canada, dove si stima un aumento delle temperature di 3,1°C, l’88% di tutte le emissioni proviene da imprese che non si stanno impegnando per il clima
Il 51% delle aziende europee ha fissato obiettivi coerenti con i percorsi di riduzione delle emissioni di carbonio approvati dalla Science-based targets initiative
Sempre più aziende si uniscono alla lotta alla crisi climatica. Ma con obiettivi ancora troppo poco ambiziosi, almeno nei paesi del G7. Secondo una nuova indagine di Oliver Wyman in collaborazione con Cdp (Carbon disclosure project) le economie più avanzate del pianeta si stanno incamminando verso un aumento delle temperature di 2,7°C.
Eppure rispettare il piano d’azione definito dagli Accordi di Parigi del 2015 per limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto” dei 2°C proseguendo gli sforzi per mantenerlo entro gli 1,5°C, resta di fondamentale importanza, spiegano i ricercatori. Già la differenza tra 1,5° e 2°C esporrebbe un numero di persone maggiore di 2,6 volte a eventi climatici estremi secondo l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc). Inoltre, aumenterebbe di 10 volte le probabilità di estati artiche prive di ghiaccio e del 38% le probabilità di scongelamento del permafrost.
Crisi climatica: come si posiziona l’Europa
L’Europa, in questo contesto, sembrerebbe comunque vantare le aziende più performanti. E risultati, in termini di innalzamento delle temperature, migliori. Le temperature più elevate, in generale, si registrano nei paesi del G7 dove un minor numero di aziende ha adottato obiettivi climatici. In Canada, dove si stima un aumento di 3,1°C, l’88% di tutte le emissioni proviene da imprese che non si stanno impegnando per il clima. Negli Stati Uniti, invece, si parla di un incremento delle temperature di 2,8°C e oltre la metà delle emissioni non coperte da obiettivi climatici proviene dal settore dei combustibili fossili.
Il 51% delle aziende europee, invece, ha fissato obiettivi coerenti con i percorsi di riduzione delle emissioni di carbonio approvati dalla Science-based targets initiative (Sbti). E l’ultimo rapporto dell’Sbti ha rilevato come le aziende che si pongono obiettivi basati sulla scienza decarbonizzano molto più velocemente delle altre. Nel Vecchio Continente ciò ha consentito un “raffreddamento” delle temperature di 0,3°C dal 2021, per esempio. Ma gli obiettivi di riduzione delle emissioni resi pubblici dalle aziende restano comunque allineati con un aumento delle temperature di 2,4°C o di 2,2°C se si escludono le emissioni di Scope 3 (come le emissioni relative alla mobilità dei dipendenti, alla catena di fornitura o all’utilizzo dei beni prodotti).
Transizione climatica: Italia al top
Germania e Italia si stanno muovendo in particolare verso una crescita delle temperature di 2,2°C, seguite a stretto giro dalla Francia con 2,3°C. Per la Gran Bretagna si parla di 2,6° C. In Italia 215 aziende si sono poste obiettivi di riduzione delle emissioni e nel 58% dei casi si tratta di target in linea con la Science-based targets initiative.
In definitiva, scrivono i ricercatori, qualche passo in avanti è comunque stato fatto. “È importante notare che ciò sta anche contribuendo a stimolare politiche pubbliche più coraggiose in alcune grandi economie, in particolare negli Usa e in Australia”, aggiungono. “Tuttavia, i progressi rimangono frammentari”. Affinché l’obiettivo di contenere le temperature globali a 1,5°C sia “significativo e realizzabile”, concludono, “è necessario compiere maggiori progressi nella diffusione delle migliori pratiche da parte di aziende all’avanguardia. E, allo stesso tempo, anche tali aziende dovranno spingere sempre di più verso un maggior rigore nel raggiungimento degli obiettivi prefissati”.