Nei piani di Bruxelles dovranno essere prodotte almeno un milione di tonnellate di idrogeno green e 6 gw di capacità di elettrolizzazione entro il 2024 e minimo 10 milioni di tonnellate di idrogeno green e 40 gw di capacità di elettrolizzazione entro il 2030
L’Italia, nel dettaglio, punta a mobilitare nei prossimi anni 10 miliardi di euro di investimenti solo per lo sviluppo di 5 gw di capacità di elettrolisi al 2030. Oltre a raggiungere un target di produzione annuale di 0,7 Mton di idrogeno decarbonizzato
Le strategie dell’Unione europea (e dell’Italia)
L’Unione europea, infatti, intende “promuovere la quota di idrogeno nel mix energetico europeo al 13-14% entro il 2050”, precisa Regina. Per fare ciò, nei piani di Bruxelles, dovranno essere prodotte almeno un milione di tonnellate di idrogeno green e 6 gw di capacità di elettrolizzazione entro il 2024 e minimo 10 milioni di tonnellate di idrogeno green e 40 gw di capacità di elettrolizzazione entro il 2030. “Ogni giorno alla Commissione vengono presentati diversi progetti in tal senso, un fiorire di iniziative, pur avendo davanti obiettivi molto ambiziosi. Molti paesi hanno iniziato a definire le proprie strategie e anche l’Italia sta ultimando la propria”, aggiunge l’esperto. Le linee guida preliminari alla Strategia nazionale idrogeno, infatti, prevedono in particolare:
- la penetrazione dell’idrogeno negli impieghi finali dall’attuale 1% al 2% entro il 2030 e fino al 20% entro il 2050;
- lo sviluppo di 5 gw di capacità di elettrolisi al 2030, per il quale saranno necessari investimenti pari a 10 miliardi di euro;
- un target di produzione annuale di 0,7 Mton di idrogeno decarbonizzato da raggiungere entro il 2030.
Le barriere allo sviluppo dell’idrogeno
Ma non mancano di certo alcuni ostacoli. “Il primo è la mancanza di produzione di idrogeno totale, soprattutto verde, e gli alti costi di generazione (l’idrogeno verde può arrivare a costare sette volte più del gas naturale che va a sostituire). Poi la limitata domanda concentrata al momento in specifici settori industriali come la raffinazione e la chimica. E infine l’assenza di un framework regolatorio comune a livello europeo sia per l’utilizzo delle infrastrutture che per l’installazione degli impianti”, spiega Regina, sottolineando come nei prossimi mesi Confindustria lavorerà su queste tre aree coinvolgendo anche il sistema imprenditoriale nel suo complesso. “Siamo, come sempre, in prima linea e metteremo le nostre aziende nelle condizioni di competere a livello europeo e globale”, conclude l’esperto.