Il vino di Georgia.
Appena atterrati nella capitale della Georgia, Tbilisi, è impossibile non essere immediatamente catturati dagli innumerevoli cartelli che suggeriscono enoteche locali – di cui oggi gran parte identificate come natural wine bar per accontentare i palati dei turisti occidentali – o offrono tour nelle regioni vinicole del Paese. Nella città dei bagni sulfurei anche la statua di Kartlis Deda (Madre Georgia), che tiene un bicchiere di vino nella mano destra per gli amici e una spada nella sinistra per i nemici, suggerisce che la Georgia sia un luogo dalla cultura enologica radicata. Ed infatti, è così.

Tutte le foto sono cortesia di Alice Trioschi ©
Una ricerca pubblicata nel 2017 da Patrick McGovern (l’Indiana Jones del vino) per la University of Pennsylvania, ha analizzato delle antiche anfore utilizzate dalla cultura Shulaveri-Shomutepe in una zona localizzata a circa 50 chilometri a sud di Tbilisi. Il risultato è stato sorprendente: gli studi hanno provato che tra il 6000 e il 5800 avanti Cristo in quella zona si effettuava già la fermentazione pura di acini d’uva. La scoperta ha identificato dunque il territorio georgiano come quello in cui si produce il più antico vino del mondo.
I vitigni autoctoni e le regioni enologiche della Georgia
La geografia del Paese è sicuramente molto variegata – passando dal clima mite del Mar Nero a Ovest alla catena montuosa del Caucaso a Nord – rendendolo una zona favorevole allo sviluppo di vitigni autoctoni. Sul territorio si contano 525 uve indigene (di cui poco più di 30 sono oggi coltivate), sparse nelle aree della Racha, Kartli, Abkhazia, Adjara, Samegrelo, Meskheti, Guria, Imereti, Lechkhumi ma soprattutto nel Kakheti. In quest’ultima regione, che si raggiunge con circa due ore di macchina da Tbilisi, si concentra il settanta per cento della produzione vinicola della Georgia. Qui le uve più diffuse sono principalmente tre. La Rkatsiteli, che produce un vino bianco particolarmente tannico e secco, la Mtsvane, da cui si ricava un bianco minerale e fruttato, e la Saperavi, che regala un vino rosso strutturato di un colore scuro simile al violaceo del mirtillo.

Gli amber wines prodotti in Qvevri, antiche anfore autoctone
Per il palato occidentale i vini georgiani sembrano particolarmente alcolici, nonostante la gradazione non superi in media i 13 gradi. Quello che però più colpisce, soprattutto dei bianchi, è l’intensa tonalità, che li fa categorizzare come amber wines (o talvolta orange wines). Il colore non è che un risultato della millenaria tecnica vinicola, che include una particolare fermentazione e un diverso invecchiamento del vino. Infatti, è ancora oggi estremamente comune trovare delle grosse Qvevri (ქვევრი, ovvero anfore di argilla) interrate nelle cantine delle aziende vinicole georgiane.

Questi grandi vasi, capaci di contenere centinaia di litri, vengono riempiti con l’uva schiacciata non filtrata (mosto e vinaccia) e poi chiusi, lasciando il composto a fermentare per circa sei mesi. Questa tecnica, inserita nel 2013 dall’UNESCO nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità, permette di ottenere vini dal colore intenso e dal sapore tannico. La produzione vinicola di stile europeo è stata invece introdotta nel Paese solo intorno al 1810 per mano del Principe Alexander Chavchavadze. Quest’ultimo, generale dell’impero russo, fondò la tenuta Tsinandali dove ancora oggi si conservano le più stagionate bottiglie di vino georgiano, risalenti al 1814.
Il business del vino in Georgia: le statistiche
Il vino non è però solo parte fondante della cultura georgiana, dove avere pronta una bottiglia per gli ospiti durante la Supra (სუფრა, la tipica cena) è considerato un gesto dovuto, ma anche un vero e proprio business. Secondo gli ultimi dati dell’ufficio nazionale di statistica della Georgia, nel 2024 il Paese ha venduto più di 275 milioni di dollari di vino per 95 milioni di litri esportati, confermando una crescita costante del mercato enologico rispetto agli anni precedenti (nel 2023 il totale era di 259 milioni mentre nel 2022 segnava i 252 milioni).
Se unito alla produzione di altre bevande alcoliche, nei primi mesi del 2025 il vino risulta essere il secondo prodotto più esportato del Paese con una percentuale del 7,4% (è preceduto dalle automobili con il 37,4 % degli export e seguito dai metalli preziosi con il 4,8%). L’industria vinicola è supportata anche dall’agenzia nazionale del vino, che nel 2024 ha investito 6 milioni di dollari nella produzione georgiana, promuovendone il prodotto all’estero. Il tentativo è quello di sviluppare un mercato al di là della Russia – il primo Paese di destinazione delle bottiglie georgiane – concentrandosi soprattutto su Stati Uniti, Giappone, Inghilterra, Corea del Sud, Germania e Polonia. L’agenzia ha spinto anche per l’organizzazione delle prime fiere.
Abbiamo notato più volte, durante il viaggio in Georgia, la locandina di ZERO COMPROMISE. Il festival, locato nella capitale per una durata di due giorni, si concentra sulla produzione di vini georgiani naturali, permettendo di acquistarli anche dall’estero tramite il servizio online. Il prezzo medio di una bottiglia? Poco meno di dieci euro.
Domande frequenti su Vino, in Georgia il più antico e sorprendente del mondo
Appena arrivati a Tbilisi, si notano subito numerosi cartelli che indicano enoteche locali, molte delle quali si presentano come 'natural wine bar' per attrarre i turisti occidentali, e offerte di tour nelle regioni vinicole.
La statua di Kartlis Deda (Madre Georgia) a Tbilisi è un simbolo legato al vino, poiché tiene un bicchiere di vino nella mano destra, offrendolo agli amici.
I 'natural wine bar' a Tbilisi sono pensati per soddisfare i gusti dei turisti occidentali, offrendo una selezione di vini naturali.
I cartelli a Tbilisi suggeriscono enoteche locali e offrono tour nelle regioni vinicole della Georgia.
I turisti che arrivano a Tbilisi sono immediatamente colpiti dalla presenza di enoteche e offerte di tour vinicoli, evidenziando l'importanza del vino nella cultura locale.