La gen Z vuole banche accessibili digitalmente ma in grado di fornire un supporto umano, desider fare trading, acquistare criptovalute e informarsi velocemente sui social network. Se i giovani non vanno alla banca, è la banca che deve andare a loro. Come nella celebre massima di Maometto e della montagna, gli istituti di credito devono adattarsi ai clienti del futuro, profondamente diversi dai loro genitori. E dunque la finanza è di fronte a una scelta: lasciare che altri soggetti presidino questo nuovo spazio o agire per occuparlo.
Un vantaggio importante nell’approcciarsi a questi clienti è la loro consapevolezza dei propri limiti finanziari e il desiderio di colmarli. In questo contesto, i consulenti e i private banker possono svolgere un ruolo decisivo per conquistarli. Tuttavia, a differenza dei genitori, questi clienti non sono fedeli: sono pronti a cambiare banca se attratti da offerte più vantaggiose.
Una nuova educazione finanziaria, via social
“Esiste proprio un differente approccio agli investimenti” – spiega Nicola Ronchetti, CEO e fondatore di Finer – “Ci sono due differenze sostanziali degli under 40 rispetto agli investitori più maturi. Da una parte, i Millennials e la Gen Z desiderano accrescere la loro conoscenza finanziaria, mostrando un coinvolgimento forte, anche se le occasioni per informarsi sono sporadiche. Dall’altra, cambiano i canali informativi: i giovani prediligono fonti informali come social, blog e il passaparola tra amici, mentre i genitori si affidano maggiormente a consulenti e fonti istituzionali”.
Questa preferenza per canali non tradizionali è tipica dei nativi digitali, attratti da influencer e blogger. Tuttavia, un fenomeno nuovo emerge: i bias comportamentali e l’eccessiva fiducia in sé stessi, più comuni tra gli under 40, li spingono a pratiche rischiose come il fai-da-te, il trading e le criptovalute. “Questo eccesso di confidenza, associato a una scarsa educazione finanziaria, rende il loro mondo un gioco d’azzardo”, continua Ronchetti.
Le informazioni per investire (prreferibilmente ad alto rrischio) sono online
La propensione al rischio è un altro tratto distintivo: i giovani mostrano una maggiore apertura verso investimenti audaci, anche perché il loro patrimonio è più contenuto e il loro orizzonte temporale è più breve rispetto ai genitori. Questo li allontana dalle forme tradizionali di investimento, come i fondi comuni, preferendo il trading diretto. Eppure, esiste la consapevolezza dei propri limiti, accompagnata dal desiderio di imparare, sebbene l’informazione disponibile sia frammentaria e saltuaria. Instagram e TikTok emergono come canali principali, mentre scuole e docenti iniziano a ricoprire un ruolo crescente.
Il futuro delle banche è digitale
Le banche devono fare i conti con la digitalizzazione: per i giovani, una piattaforma moderna e user-friendly non è solo un vantaggio, ma un prerequisito. “A parità di valore di un consulente, scelgono chi ha una piattaforma digitale avanzata, con funzionalità come l’accesso biometrico”, precisa Ronchetti. Inoltre, il 55% degli under 40 cambierà banca durante il passaggio generazionale, attratto da offerte più convenienti e una migliore esperienza digitale.
La tendenza alla “monobancarizzazione” è chiara: la banca principale di un giovane è digitale nel 99% dei casi. Tuttavia, le banche tradizionali che hanno innovato, come Easybank di Intesa, rappresentano un modello di successo, offrendo servizi digitali senza perdere il contatto umano.
Dialogare con i giovani: la chiave del futuro
Le banche non solo devono investire nella digitalizzazione, ma anche parlare ai giovani attraverso i loro canali preferiti. Coinvolgerli sin dall’inizio, magari affiancandoli ai genitori durante consulenze finanziarie, può essere un passo decisivo. Tuttavia, la riservatezza dei genitori rappresenta un ostacolo. La sfida per i consulenti è quindi quella di sviluppare un dialogo multi-generazionale.
“Più una banca riesce a ingaggiare i giovani, più sarà in grado di trattenerli anche nel futuro”, conclude Ronchetti. In definitiva, l’industria deve evolvere, trasformando la sfida culturale in un’opportunità per costruire relazioni solide con i clienti di domani.