Criteri per stabilire la residenza fiscale in Italia
I criteri per stabilire se un individuo debba essere considerato residente in Italia ai fini fiscali sono regolati dall’articolo 2, comma 2 del Dpr n. 917/1986 (“Tuir”), che, di recente, è stato riformato dal d.lgs. n. 209 del 2023, introducendo il nuovo criterio della presenza fisica e rimodulando i criteri esistenti (sulla residenza fiscale e sul domicilio).
Il precedente quadro normativo: fino al 31 dicembre 2023
Secondo la formulazione dell’art. 2, comma 2 del Tuir in vigore fino al 31 dicembre 2023, le persone fisiche erano considerate fiscalmente residenti in Italia se, per la maggior parte del periodo di imposta (ossia 183 giorni o 184 se l’anno era bisestile), si verificava almeno una delle seguenti condizioni:
- iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente;
- domicilio in Italia, ai sensi dell’art. 43, comma 1 del codice civile, ossia il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi;
- residenza in Italia, intesa ai sensi dell’art. 43, comma 2 del codice civile come il luogo dove la persona ha dimora abituale.
Profili applicativi della normativa precedente
I criteri sopra richiamati presentavano alcuni interessanti profili applicativi: ad esempio, l’iscrizione anagrafica aveva una valenza di presunzione assoluta contro la quale, quindi, non era ammessa prova contraria. Un individuo, quindi, poteva essere considerato fiscalmente residente in Italia sulla base del mero dato formale delle risultanze dei registri delle anagrafi, anche se nella realtà dei fatti lo stesso aveva radicato la propria presenza all’estero.
La valutazione del domicilio e i criteri di valutazione
Sotto altro profilo, invece, la valutazione del concetto di domicilio richiedeva un esame complessivo della posizione personale ed economica del contribuente, stante il richiamo fatto all’art. 43, comma 1 del codice civile. Così, ad esempio, dovevano essere presi in considerazione non solo i rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche quelli morali, sociali e familiari; era, quindi, richiesta una valutazione di tutte le circostanze di fatto idonee a indicare la presenza in un certo luogo di tali rapporti per determinare l’esistenza di un radicamento del soggetto nel territorio dello Stato.
La riforma: modifiche introdotte dal d.lgs. n. 209/2023 dall’1 gennaio 2024
L’art. 1 del d.lgs. n. 209/2023 ha riscritto l’art. 2, comma 2 del Tuir, così che, a partire dal 1° gennaio 2024, sono considerate fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo di imposta, considerate anche le frazioni di giorno:
- abbiano in Italia la residenza ai sensi dell’art. 43, comma 2 del Codice civile e, quindi, la “dimora abituale”;
- abbiano in Italia il domicilio, definito oggi espressamente come “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”;
- siano fisicamente presenti sul territorio dello Stato.
Inoltre, e salvo prova contraria, si considerano fiscalmente residenti in Italia coloro che risultano iscritti all’anagrafe della popolazione residente.
Il criterio della residenza inteso come dimora abituale non ha subìto modifiche e, pertanto, per la sua identificazione sarà possibile richiamare le posizioni espresse dall’amministrazione finanziaria e dalla giurisprudenza; gli altri criteri, invece, presentano delle rilevanti novità che dovranno essere attentamente valutate, anche ai fini della pianificazione patrimoniale.
Nuovi criteri sulla residenza fiscale: presenza fisica e domicilio fiscale
Così, ad esempio, il criterio della presenza fisica, rappresenta una novità in quanto nella formulazione in precedenza in vigore, lo stesso poteva essere considerato solo insieme ad altri elementi di fatto, ad esempio, per valutare l’esistenza di una “dimora abituale” in Italia.
A partire dal 2024, invece, la presenza fisica sul territorio dello Stato è un criterio che assume una valenza autonoma che merita una specifica valutazione anche considerato la (nuova) rilevanza attribuita alle frazioni di giorno nel calcolo per la verifica del criterio temporale riferito alla maggior parte del periodo di imposta.
Il domicilio, poi, viene autonomamente definito in modo da risultare slegato dal concetto civilistico dello stesso; ai fini fiscali, quindi, rileverà solo il luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari.
Criticità nell’identificazione delle relazioni personali e familiari
La nuova formulazione della norma è stata ampiamente commentata dagli operatori che, da una parte, hanno evidenziato le difficoltà di identificare le relazioni personali e familiari richieste dalla norma, soprattutto considerando la complessità e il dinamismo dei rapporti personali e familiari che caratterizzano la clientela private. In particolare, non sempre potrebbe risultare agevole, in presenza di relazioni personali e familiari in più Paesi, stabilire la prevalenza delle une rispetto alle altre.
Le due recenti sentenze della Corte di Cassazione e il concetto di domicilio
Proprio con riferimento alla nozione di domicilio e alla diversa declinazione che lo stesso presenta nelle due formulazioni dell’art. 2, comma 2 del Tuir, si segnalano due recenti pronunce della Corte di Cassazione (sentenza n. 19982 del 19 luglio 2024 e n. 20054 del 22 luglio 2024).
In tali sentenze, oltre ad aver escluso un’applicabilità retroattiva delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 209/2023, i giudici della Cassazione hanno ribadito che, nella formulazione vigente fino al 31 dicembre 2023, il domicilio corrisponde al centro degli affari e degli interessi vitali dell’individuo, riconoscibile da terzi e che le relazioni affettive e familiari diventano rilevanti solo in presenza di altri elementi che dimostrano il legame con il territorio dello Stato.
Conclusioni
Le due diverse declinazioni del concetto di domicilio legate alla formulazione dell’art. 2, comma 2 del Tuir – l’una valida per i periodi di imposta fino al 31 dicembre 2023 e l’altra a partire dal 1° gennaio 2024 – dovranno essere attentamente applicate dal professionista chiamato a valutare la posizione complessiva del contribuente su un lasso temporale che includa più anni di imposta.
Può essere il caso, ad esempio, dell’analisi ai fini dell’accesso al regime di cui all’art. 24 bis del Tuir oppure nella fase patologica legata alla contestazione della residenza fiscale operata dall’Agenzia delle Entrate.
(Articolo scritto in collaborazione con Giada Mazzola, Studio Caldara e Associati)