L’interesse per i Btp è ancora rilevante. E in occasione delle prossime aste del Tesoro, avremo la prova sul campo. Ma vale la pena sottolineare un dato: rispetto a solo sei mesi fa, la disponibilità da parte dei clienti a investire attraverso strumenti di risparmio gestito è aumentata nettamente”.
Intanto – spiega Renato Miraglia, responsabile WM e PB di UniCredit – “per far fronte alla forte domanda di titoli di stato, nel 2024, abbiamo rilanciato la consulenza in amministrato, con fee on top, che combina la ricerca sui mercati, elaborata dagli esperti della direzione Investimenti del Gruppo, con l’utilizzo della piattaforma evoluta di analisi della qualità e del rischio dei portafogli Aladdin, sviluppata da BlackRock” (leggi intervista).
Unicredit, i numeri di Wealth management e Private Banking
Il Private e Wealth di UniCredit, con un team di oltre 1.400 persone dedicate, di cui più di 800 banker, gestisce masse pari a oltre 143 miliardi di euro, assistendo 140mila clienti tra famiglie, imprenditori e professionisti.
La buona notizia è che “i flussi continuano ad entrare, ora anche con un mix più diversificato e che abbraccia anche la componente di risparmio gestito. Più i fondi che le polizze, in questa fase. Un po’ per via del posizionamento delle Ramo I”, che oggi subiscono maggiormente la competizione dei titoli di stato.
“Un po’ perché spiega Miraglia i fondi comuni rappresentano il primo approdo, quando torna la fiducia”. E qui – ricorda “la domanda di bond rimane molto forte. Noi la intrepretiamo ad esempio attraverso strategie obbligazionarie ben diversificate e fondi bilanciati con una componente a reddito fisso più robusta”.
Crescere sul segmento delle famiglie imprenditoriali
Il private banking nel frattempo avanza. Tutti gli operatori sono focalizzati sulla crescita del business, perché, in un’arena competitiva sempre più agguerrita, restare fermi equivale a perdere quote di mercato. Dove punta a crescere il Private di UniCredit?
“Sul segmento delle famiglie imprenditoriali, che sono lo specchio delle imprese familiari. Per noi sono un target d’elezione”, ricorda Miraglia, “che ci permette di concretizzare le sinergie con il corporate e large corporate banking del Gruppo”.
Come lo si fa? Attraverso due leve: “da una parte, dice il manager, il team Ultra Hnwi, con una decina di senior strategic advisor interamente dedicati alle grandi famiglie, in una logica di gestione del patrimonio potenziata dai deal.
Dall’altra, abbiamo rafforzato il più ampio team di Wealth advisory, che conta ulteriori 20 professionisti destinati ad affiancare i banker per una consulenza integrata del patrimonio nel suo complesso, attraverso un dialogo competente con i clienti su temi quali M&A, passaggio generazionale, holding”. Un investimento importante per la banca, che ha voluto internalizzare alcune competenze a supporto dei banker.
Il ruolo strategico dei dati
Lo sforzo, in questo caso, mira a valorizzare l’ampiezza dei servizi offerti alla clientela, oltre il perimetro degli investimenti finanziari, sfruttando anche, in perfetta ottemperanza ai requisiti normativi, i dati: “incrociando le informazioni di cui disponiamo, possiamo, per esempio, mettere a fuoco un sotto-insieme di clienti potenzialmente interessati a una tematica di passaggio generazionale o alla costruzione di una holding.
Uno strumento utile per il banker, che può concentrare i propri sforzi di sviluppo commerciale ai quali può contribuire, proattivamente e in modo coordinato, anche il collega del team di Wealth advisory”.
Il nodo degli incentivi ai banker
C’è un’altra leva, più interna, che facilita la “messa a terra” di tutto questo: è la costruzione di sistemi incentivanti innovativi, cui la struttura di Miraglia sta lavorando da un po’ di tempo, per trovare un equilibrio virtuoso tra la componente variabile, di crescita, e quella fissa.
La sfida della Retail Investment Strategy
Sullo sfondo rimane l’evoluzione del quadro normativo. Due sono gli sviluppi più interessanti. Da una parte, la Retail investment strategy (leggi), sempre più vicina a completare l’iter normativo. “Qui l’aspetto potenzialmente più rilevante è legato ai benchmark di costo. Ovviamente molto dipenderà da come saranno declinati, in concreto (guarda la video intervista).
Sappiamo che gli operatori, in Italia, hanno politiche differenti in termini di pricing. Fermo restando il principio del value-for-money, ovvero la ricerca di un rapporto qualità prezzo più virtuoso che è tra i pilastri della nuova normativa -, l’impatto potrebbe essere diverso, in funzione della natura di questi benchmark. In ogni caso, nel 2024 abbiamo lanciato il servizio di consulenza evoluta, con fee on top, che ci prepara ad affrontare ogni possibile scenario”.
L’open finance e il regolamento Fida
L’altro cantiere aperto è quello dell’open finance, che vedrà la luce a partire dal 2025, quando è attesa la versione finale del Regolamento europeo Fida (Financial Data Access) (leggi per approfondire): previo consenso dell’interessato, le istituzioni finanziarie saranno tenute a fornire alle terze parti autorizzate l’accesso ai dati di credito e debito del cliente, le informazioni relative ai suoi investimenti, assicurazioni, pensioni e criptovalute.
Nasceranno, tra gli altri, nuovi servizi di analisi comparativa su performance e fee. “Sulla carta, è un’opportunità per estendere in modo più efficiente la consulenza su asset presso intermediari terzi. Il diavolo però è, come sempre, nei dettagli: dovremo capire quali saranno tempi e modi per attivare i flussi informativi tra i diversi intermediari. C’è poi un tema legato a nuovi investimenti informatici”.
Unicredit e l’innovazione di prodotto
Sul fronte dell’innovazione di prodotto, un capitolo ineluttabile è quello dei mercati privati che stanno trovando uno spazio crescente nei portafogli della clientela private. I nuovi eltif 2.0 sono stati accolti con cauto ottimismo dal mercato. “Noi abbiamo avuto maggiori soddisfazioni con i fondi open ended, che offrono a chi investe delle finestre di uscita. Piaccia o no, la domanda di liquidabilità degli investimenti, anche su asset meno liquidi, rimane elevata. Sui grandi clienti, abituati a muoversi sui mercati privati, stiamo lavorando, invece, su singoli deal e coinvestimenti”.
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