Secondo Daniel Ivascyn di Pimco, il mercato potrebbe riporre ancora troppa fiducia nella qualità delle decisioni delle banche centrali e nella loro capacità di produrre risultati positivi
Federici: “In uno scenario di hard landing sarà necessario andare a ridurre i rischi sul credito e sull’azionario. Puntando sui settori più difensivi”
I mercati stanno sottovalutando la recessione? Secondo alcune recenti dichiarazioni rilasciate al Financial Times da Daniel Ivascyn, chief investment officer di Pimco, sì. Il colosso dei fondi obbligazionari, con 1,8 miliardi di dollari di asset in gestione, si sta preparando a ciò che viene definito come un “harder landing”, un rallentamento più brusco rispetto alle attese, mentre i vertici delle banche centrali si preparano a portare avanti la loro campagna di rialzi dei tassi di interesse. “Maggiore è la stretta, maggiore è l’incertezza intorno ai ritardi di questi impatti e il rischio che si verifichino condizioni economiche più estreme”, osserva Ivascyn; ricordando come, di norma, l’impatto della stretta monetaria sull’economia si manifesti con un ritardo di cinque o sei trimestri.
“Per ora il mercato sta prezzando una capacità delle banche centrali di abbassare i tassi velocemente”, spiega a We Wealth Tommaso Federici, chief executive officer di Soprarno Sgr. “Ma credo che si sbagli: l’idea che l’inflazione non scenda subito al target del 2% farà sì che le banche centrali mantengano i tassi alti per un periodo più lungo rispetto a quanto scontato e questo avrà un impatto non solo sulle azioni ma anche sulle obbligazioni”, osserva Federici. “Il punto è che, se si guarda alle curve dei tassi, si nota come si siano invertite un po’ in tutte le economie avanzate a parte l’Italia; e l’inversione della curva ha sempre anticipato una recessione”. A 13 rialzi dei tassi firmati Federal Reserve dal dopoguerra, ricorda Federici, solo in tre occasioni ha fatto seguito un “soft landing”, ovvero un atterraggio morbido dell’economia. “Prima o poi la recessione arriverà, più o meno severa. Sarà fondamentale cogliere la tempistica della reazione dell’economia ai rialzi dei tassi, insomma”, avverte Federici.
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“In uno scenario di hard landing, con il nodo principale del tempismo, sarà necessario andare a ridurre i rischi sul credito e sull’azionario”, suggerisce il ceo. “Sul credito vuol dire andare sull’investment grade, quindi ridurre la parte di high yield, ridurre la parte con minori rating creditizi e salire un po’ sulla parte di governativi. In termini di tassi, invece, la nostra strategia è andare molto corti e lunghi di scadenza sulla curva. La parte medio-breve, ovvero tutte le scadenze tra 1,5 e 5 anni, non è consigliabile”. Guardando invece ai settori, anche in quel caso bisognerà giocare in difesa secondo l’amministratore delegato, puntando su farmaceutico, utility e consumi non discrezionali. Ma “senza esagerare”, avverte.
“Capisco che sia molto rischioso continuare a cavalcare l’onda finché non si rompe, però un po’ agganciati al mercato bisogna restare. Nessuno si aspettava un +40% del Nasdaq, per esempio. E tutti si aspettavano che la Cina fosse l’unica area geografica da tenere in portafoglio, mentre invece sono nuovamente andati forti solo gli Stati Uniti, che hanno ripreso e superato l’Europa dopo la sorpresa di inizio anno quando il conflitto russo-ucraino era stato ridimensionato a un conflitto regionale e non globale”, ricorda Federici. “Quindi sostanzialmente prendere profitto su quello che ha corso di più, proteggersi con i settori più difensivi, sottopesare gli Stati Uniti e sovrappesare leggermente Europa e Cina; e infine avere riserve di liquidità o strumenti monetari, in vista di possibili ribassi repentini”.