Nell’ultimo anno molti investitori hanno abbondonato – almeno in parte – i mercati pubblici, protagonisti di un anno da dimenticare, e si sono riversati sui mercati privati in cerca di rendimento e diversificazione. Tuttavia, a ben vedere, tra gli uni e gli altri nei prossimi anni è meglio puntare sui primi. O almeno è quello che pensano gli investitori istituzionali, i quali sono convinti che il quotato nei prossimi 5-10 anni, nonostante volatilità e inflazione in crescita, sovraperformerà il non quotato.
Mercati pubblici vs. mercati privati
È quanto emerso da una ricerca di RBC BlueBay Asset Management che ha coinvolto 800 fund buyer, consulenti e asset manager europei (di cui 100 italiani) e statunitensi. Il secondo dato significativo che ha evidenziato la ricerca è che la stragrande maggioranza (86%) di questi investitori internazionali wholesale, non prevede di aumentare in modo significativo la propria allocazione ai mercati privati rispetto ai livelli attuali .-22% per gli internazionali e 20% per gli italini – e rimane positiva nei confronti dei mercati pubblici, nonostante i recenti venti contrari dell’economia globale. Due sono i fattori che condizionano l‘attenzione ai mercati pubblici: volatilità e inflazione. Il 46% degli investitori internazionali (vs 40% degli italiani) sostiene che l’attuale volatilità dei mercati non abbia cambiato l’opportunità di investire nei mercati pubblici. Per quanto riguarda l’inflazione, invece, il 28% degli intervistati a livello globale ha risposto che effettivamente essa ha impattato in modo negativo sull’orientamento a investire nei mercati pubblici. Questa percentuale sale, in Italia, al 41%. Per i prossimi tre anni le azioni e il reddito fisso rimangono le scelte principali di allocazione rispettivamente per il 31% e il 26% degli intervistati a livello internazionale, prima di altre asset class. L’approccio preferito dalla maggioranza degli intervistati (76% dato globale vs 78% per gli italiani) è quello attivo rispetto a quello passivo.
Investitori a caccia di rendimenti
Aleggia invece fra gli investitori un certo grado di pessimismo verso i rendimenti degli investimenti finanziari: la maggior parte degli intervistati a livello internazionale (65%), infatti, concorda sul fatto che gli investitori avranno difficoltà a trovare rendimenti a causa dell’inflazione, per almeno i prossimi tre anni. Più ottimisti gli investitori italiani: solo il 44%, infatti, è preoccupato per i rendimenti in quell’arco temporale. Una buona parte degli investitori (39% internazionali vs 32% degli italiani) prevede che i rendimenti del portafoglio si aggireranno intorno al 5-6% per i prossimi 3-5 anni. Dalla ricerca emerge, inoltre che è in aumento l’interesse per i titoli value, con il 28% degli investitori wholesale a livello internazionale che attualmente si dedica a questo stile e il 33% che prevede di farlo nei prossimi 1-3 anni. A livello globale l’attenzione sarà catalizzata dai titoli large cap (42%), seguiti da SMID (33%) e small cap (25%). Sensibilmente diverse le risposte degli investitori wholesale italiani, il 47% dei quali ha affermato che prevede di investire in SMID, il 37% in large cap e il 16% in small cap nei prossimi 1-3 anni.
Gli investitori wholesale a livello internazionale prevedono che il Nord America (25%) e la Cina (27%) registreranno il più grande rally azionario nei prossimi cinque anni, anche se ci sono segnali di uno spostamento verso l’Europa. Molto più elevata, pari al 39%, la percentuale di investitori italiani che punta sulla Cina. La stragrande maggioranza (86%) degli investitori wholesale ritiene che i mercati emergenti siano pronti a crescere, percentuale che arriva al 94% in Italia. Più della metà (58%) degli intervistati a livello internazionale ha dichiarato di voler capitalizzare questo trend.
Sul fronte obbligazionario, l’absolute return si conferma lo stile di investimento a reddito fisso preferito da oltre un terzo (37%) degli intervistati.