Donald Trump ha vinto le elezioni promettendo, fra le altre cose, una rapida risoluzione del conflitto in Ucraina: dietro le quinte, il Cremlino ha fatto trapelare di essere aperto a trattare la pace – a condizioni che, finora, gli Stati Uniti hanno ritenuto inaccettabili. Lo hanno rivelato cinque fonti raggiunte dall’agenzia Reuters: “Secondo il primo rapporto dettagliato su cosa il presidente Putin accetterebbe in un accordo mediato da Trump, cinque attuali ed ex funzionari russi hanno affermato che il Cremlino potrebbe accettare in linea di massima di congelare il conflitto lungo le linee del fronte”, riporta Reuters. “Ci potrebbe essere margine per negoziare la divisione precisa delle quattro regioni orientali di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, secondo tre delle fonti, tutte anonime a causa della sensibilità della questione”. Come contropartita, “la Russia potrebbe anche essere disposta a ritirarsi dalle piccole porzioni di territorio che occupa nelle regioni di Kharkiv e Mykolaiv, nel nord e nel sud dell’Ucraina”.
Inoltre, resterebbe in piedi la pretesa di far rinunciare all’Ucraina il potenziale ingresso nella Nato, una delle micce che ha fatto scatenare il conflitto nel febbraio 2022.
Il ricambio nella politica estera della futura amministrazione americana rende queste rivelazioni particolarmente importanti in vista di una cessazione del conflitto – che ha trainato alcuni settori del mercato e colpito i prezzi di alcune materie prime. La pace, di per sé, potrebbe essere considerata un elemento favorevole per l’azionario nel suo complesso, in particolare in Europa, dove esistono le minacce per la sicurezza più concrete in caso di escalation (appena ieri, 19 novembre, è stato ufficializzato un cambio nella dottrina sull’utilizzo delle armi nucleari da parte di Mosca). “Sebbene le tensioni geopolitiche influenzino alcune sedute, spesso non invertono le tendenze di lungo periodo. Da allora, infatti, i principali indici azionari sono cresciuti significativamente: lo S&P 500 è salito del +45%, il DAX tedesco del +30%, il FTSE MIB del +28% e il CAC 40 francese del +26%”, ricorda a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach. “Questi numeri celano altre dinamiche, ma mostrano una resilienza che supera le preoccupazioni legate al conflitto”.
Difesa: la pace cambierà davvero le prospettive a lungo termine?
È evidente però come il conflitto abbia avuto grandi ripercussioni sui settori industriali. Per quanto prevedibile all’indomani dell’invasione, il rally del comparto difesa, in particolare in Europa, è stato molto forte ed è durato sia nel 2023 sia quest’anno. Dal giorno precedente all’invasione al 19 novembre, l’indice Stoxx 600 ha guadagnato il 15,7%, mentre l’indice Stoxx settoriale dedicato alla difesa ha realizzato un +99%. E sotto la superficie ci sono vincitori clamorosi: “La tedesca Rheinmetall ha visto le sue azioni crescere del +554%, la svedese Saab del +383%, la norvegese Kongsberg del +372% e l’italiana Leonardo del +309%”. Se il conflitto in Ucraina si interrompesse, le scommesse più speculative sul settore potrebbero sgonfiarsi? “Un eventuale accordo di pace potrebbe ridurre la domanda immediata per tali titoli, ma attenzione: la pace non significherebbe necessariamente un calo strutturale della domanda”, avverte Debach. “Gran parte delle spese militari dipendono da contratti a lungo termine e, soprattutto, dagli impegni dei Paesi NATO di destinare almeno il 2% del PIL alla difesa”. Questi impegni resterebbero in piedi, tanto più se inseriti nel contesto della campagna elettorale di Trump, durante la quale è stato sottolineato l’obbligo di portare la spesa militare ai livelli prescritti – pena la mancata garanzia di intervento USA in caso di invasione russa.
“Secondo il più recente rapporto NATO, le spese militari totali dei Paesi membri sono cresciute del +14%, passando da 1.037 miliardi di dollari nel 2021 a una stima di 1.184,8 miliardi nel 2024”, ricorda l’analista di eToro. “Questo aumento riflette sia l’adesione di nuovi Paesi, come Svezia e Finlandia, sia l’impegno crescente di Stati che prima erano lontani dall’obiettivo del 2%. Ad oggi, 23 Paesi membri rispettano tale soglia, rispetto ai soli 7 del 2022”.
C’è ancora spazio per ulteriori accelerazioni, tuttavia, con le eccezioni significative di Canada, Croazia, Portogallo, Slovenia, Spagna e Italia, “che sono ancora ben al di sotto dell’accordo… Queste pressioni potrebbero continuare a sostenere la domanda di armamenti, anche se è incerto se i tassi di crescita osservati negli ultimi anni resteranno sostenibili”.
Oro e materie prime: le prospettive con la pace in Ucraina
L’altro grande beneficiario della tensione internazionale inaugurata dall’invasione russa dell’Ucraina, l’oro, potrebbe incontrare nella pace un nuovo motivo di resistenza. Per ragioni più macroeconomiche, la vittoria di Trump ha già fatto inciampare la poderosa cavalcata del bene rifugio per eccellenza (anche se Goldman Sachs prevede nuovi aumenti nel 2025). “Un accordo di pace potrebbe eliminare una delle principali variabili che hanno sostenuto il rialzo dell’oro, contribuendo inoltre a ridurre la volatilità delle materie prime, in particolare quelle energetiche e alimentari”, commenta sul punto Debach. “Queste ultime avevano registrato aumenti significativi nelle settimane immediatamente successive all’invasione, per poi tornare progressivamente ai livelli pre-conflitto. Tuttavia, con il mercato ormai riequilibrato, non si può escludere che nuove dinamiche di domanda possano emergere in futuro”.
Più in generale, la pace, per ragioni non solo umane e politiche, ma anche puramente economiche, è un evento favorevole: “La fine della guerra in Ucraina non sarebbe soltanto un evento geopolitico, ma una potenziale svolta per i mercati globali, con benefici tangibili per le economie, in particolare quelle europee”. Per questo, se dovessero susseguirsi nuove voci sulle trattative di pace, potrebbero essere le azioni cicliche, quelle collegate in positivo al buon andamento dell’economia, a poter trarre buoni frutti in Borsa dalla fine del conflitto.