Nei primi 9 mesi dell’anno le banche centrali, con la Cina in testa, hanno comprato 800 tonnellate d’oro, il 14% in più rispetto al 2022
L’oro si è portato nuovamente al di sopra dei 2.000 dollari l’oncia lunedì 30 ottobre e ha mantenuto salda questa posizione anche martedì mattina: era da luglio che il bene rifugio non abbatteva questa soglia psicologica.
La spinta sull’oro è coincisa con l’avvio del nuovo conflitto innescato dall’attacco di Hamas a Israele: nel periodo successivo (dal 6 al 31 ottobre) l’oro ha guadagnato l’8,8%. Un rialzo che è coinciso con un leggero aumento dei rendimenti per il Treasury decennale, elemento di solito poco favorevole all’aumento del prezzo dell’oro in quanto bene rifugio che non offre flussi di rendimento a chi lo possiede.
La dinamica che ha portato l’oro ad aumentare di valore, dunque, non riguarda le tipiche relazioni sulle aspettative future sull’andamento dei tassi o il livello dei rendimenti del Treasury: è più probabile che la domanda di beni rifugio sia coincisa con i rischi geopolitici collegati a azioni militari sempre più violente da parte di Israele a Gaza e il rischio che una reazione possa emergere da parte dei Paesi vicini al gruppo islamista di Hamas.
Per quanto un ingresso dell’Iran sia considerato poco probabile, è un rischio che nelle scelte di investimento viene considerato e coperto con una maggiore allocazione sul metallo giallo. Domenica il premier iraniano Brahim Raisi aveva dichiarato in un post sui social che “i crimi del regime sionista [Israele, Ndr.] hanno oltrepassato le linee rosse, il che può costringere tutti a passare all’azione. Washington ci chiede di non fare nulla, ma continua a dare un ampio supporto a Israele”. Queste dichiarazioni precedono di poche ore lo slancio che ha portato l’oro sopra quota 2.000.
Secondo i dati settimanali della Cftc Usa aggiornati al 24 ottobre le posizioni speculative dei gestori sul mercato dell’oro erano diventate ancora più rialziste: le posizioni lunghe erano aumentate di 17.748 contratti, mentre le posizioni corte avevano visto una diminuzione di 22.897 contratti. Il mercato dei future sull’oro risultava quindi rialzista per 55.748 contratti netti, ha riportato Kitco.
Oro, quanto potrà incidere la riunione della Fed
Se nella riunione del 1° novembre la Federal Reserve dovesse prendere atto del calo dell’inflazione di fondo e lanciare segnali più chiari sul fatto che i tassi difficilmente saliranno ancora, l’oro potrebbe avere un ulteriore slancio nelle prossime ore. Attualmente, però, gli analisti si aspettano un atteggiamento attendista dal presidente Jerome Powell, che non dovrebbe moderare più di tanto i toni da “falco” mantenuti finora.
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Le banche centrali continuano a comprare oro a pieno ritmo
Prima ancora che l’effetto-Israele si fosse manifestato sul mercato dell’oro, le banche centrali avevano alimentato una forte domanda per il bene rifugio per eccellenza: nei primi nove mesi dell’anno, ha riportato il World Gold Council, le banche centrali hanno acquistato 800 tonnellate di oro – un volume d’acquisto superiore del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La banca centrale della Cina è stata quella più attiva, con 181 tonnellate d’oro acquistate nei primi nove mesi dell’anno, il che ha portato al 4% la quota delle riserve detenuta in metallo giallo. Per numerosi Paesi al di fuori dal gruppo occidentale l’acquisizione di riserve in oro è parte di un processo di riduzione delle riserve detenute in dollari, un processo in atto ormai da diverso tempo.
Dopo la Cina, i maggiori acquisti di oro sono arrivati dalle banche centrali polacca e turca con 57 e 39 tonnellate, rispettivamente.
Solo nel terzo trimestre le banche centrali hanno acquistato 129 tonnellate d’oro, anche se i dati ufficiali risultano incompleti, specialmente per quello che concerne gli acquisti di Russia e Cina: il World Gold Council stima che nel terzo trimestre il volume reale sia stato di 337 tonnellate acquistate. Secondo le previsioni del Wgc, entro la fine 2023 le banche centrali avranno acquistato un quantitativo di oro pari o superiore alle 1.081 tonnellate dello scorso anno.