In questo inizio gennaio i mercati hanno interrotto una lunga striscia di soddisfazioni per gli investitori, ma con una notevole eccezione: chi detiene oro dall’Europa continua a sorridere perché il rafforzamento del dollaro e dei rendimenti americani non sta comprimendo le valutazioni del bene rifugio per eccellenza.
Anzi, lunedì 13 gennaio l’oncia valutata in euro ha raggiunto il nuovo record storico a quota 2.639,49, pari a 84,87 euro al grammo per restare alle misurazioni nostrane. Un record andato praticamente di pari passo con un cambio euro-dollaro sceso ai minimi dall’11 novembre 2022 a 1,0177. Il dollaro forte è una conseguenza di un’attrattiva decisamente interessante dei rendimenti dei Buoni del Tesoro Usa decennali, che attualmente sono al 4,78% e sono arrivati a superare brevemente quota 4,8% nei giorni scorsi – si tratta di quasi un punto percentuale di rendimento in più rispetto ai Btp decennali italiani, un titolo che pur dovrebbe scontare un rating sovrano decisamente più rischioso.
Oro, sta succedendo qualcosa di diverso dal solito
In un contesto di questo tipo, l’oro, che non paga alcuna cedola, dovrebbe essere relativamente meno apprezzato dei Treasury Usa, l’altro grande bene rifugio internazionale – e perdere valore. In realtà, da inizio anno l’oro ha guadagnato l’1,47% nella sua tradizionale denominazione in dollari, la moneta con la quale è fissato il suo prezzo internazionale. Questo fattore, unito alla rivalutazione del dollaro sull’euro dello 0,95%, ha fornito nuovo slancio a un oro già in piena forma: nel 2024, infatti, il metallo giallo ha guadagnato il 25,5%, mettendo a segno la sua migliore performance da 14 anni.
“L’oro si mostra decisamente tonico, sostenuto dalla forza del dollaro, il che può sembrare paradossale: solitamente, infatti, un dollaro forte rappresenta un elemento negativo per il metallo prezioso, data la loro correlazione inversa”, ha dichiarato a We Wealth l’analista di Swissquote Carlo Alberto De Casa, uno specialista nel mercato dei metalli preziosi. “Le aspettative di tassi di interesse più alti stanno spingendo i rendimenti americani e, di conseguenza, il dollaro. Questi fattori, che di norma frenerebbero l’oro, non hanno impedito al metallo prezioso di mantenersi vicino ai massimi storici raggiunti pochi mesi fa”.
L’oro è riuscito a mantenersi vicino ai 2.700 dollari l’oncia, scendendo solo leggermente durante questa nuova fiammata dei rendimenti che ha colpito i prezzi dei bond un po’ dappertutto. “Questo risultato dell’oro è sorprendente considerando il contesto.”
Gli investitori non vendono oro anche se i rendimenti dei bond aumentano
Ma perché l’oro ha tenuto? “Le ragioni principali sono due”, ha affermato De Casa. “Da un lato, le banche centrali continuano a comprare oro; dall’altro, lo scenario geopolitico è caratterizzato da una marcata incertezza. Le sanzioni al petrolio, che hanno spinto il WTI oltre i 78 dollari e il Brent oltre gli 80 dollari, stanno colpendo non solo la Russia, ma anche altre economie importanti come Cina e India”, ha ricordato l’analista, “in un contesto geopolitico così complesso, l’oro torna a essere percepito come un bene rifugio, anche considerando il cambio di presidenza negli Stati Uniti”.
Un’altra possibile causa della forza dell’oro, o quantomeno della reticenza degli operatori a venderlo, è che la correlazione che sembra ormai difficile da scardinare fra azioni e bond rende l’oro sempre più importante nella stabilizzazione del portafoglio – il compito che veniva tradizionalmente affidato alle obbligazioni. Una maggiore attrattiva dell’oro nella diversificazione efficiente, che si ottiene se al portafoglio si aggiungono componenti che non si muovono nella stessa direzione, aiuta l’oro – una posizione espressa, fra gli altri, da BlackRock nel suo outlook 2025.
L’altra popolare teoria è che l’aumento delle minacce militari e la probabilità di conflitti, aumentata in modo stabile dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, abbia incrementato in modo strutturale anche la domanda per la copertura dai rischi geopolitici – che tende a guardare al più atavico dei beni rifugio.
A prescindere dalle cause profonde che stanno sostenendo l’oro in un contesto teoricamente avverso, è evidente che qualcosa è cambiato: “L’ultima volta che i rendimenti dei Treasury americani erano sui livelli attuali, nell’ottobre 2023, l’oro era scambiato appena sotto quota 2.000 dollari”, ha ricordato De Casa. “Questo significa che i prezzi attuali, attorno ai 2.700 dollari, rappresentano un incremento di quasi il 35% rispetto a condizioni di mercato analoghe.”
Una nota a margine, poi, la merita il confronto con il cosiddetto “oro digitale”, il Bitcoin, che nella prima parte del 2024 è arrivato a scendere attorno ai 90mila dollari dopo aver ampiamente passeggiato sopra la soglia storica dei 100mila (ed essere arrivato a 108mila). Mentre l’oro ha tenuto valore in questa prima fase dell’anno in cui le scommesse sull’azionario post-elezioni presidenziali sembrano parzialmente rientrate, il Bitcoin ha seguito più da vicino gli umori dell’azionario.