Mps, il rifiuto di Mediobanca
Più che di una risposta, si è trattato di una conferma: Mediobanca non accetta l’offerta pubblica di scambio di Monte Paschi. Lo ha sancito il cda di Piazzetta Cuccia tenutosi il 28 gennaio 2025. Le motivazioni: il tentativo di scalata di Mps “non ha valenza industriale”, essendo l’identità e il profilo di business del gruppo focalizzato su “segmenti di attività a elevato valore aggiunto e con evidenti traiettorie di crescita”.
Ma soprattutto, l’offerta rappresenterebbe una “distruzione di valore” per gli azionisti di Mediobanca e di Mps: è infatti prevedibile una copiosa perdita di clienti in quelle attività (come wealth management e investment banking) che presuppongono l’indipendenza, la reputazione e la professionalità dei professionisti. Il wealth management di Mediobanca al momento ha superato i 100 miliardi di attivi. I ricavi sono 900 milioni, di cui circa 500 milioni commissioni, che contribuiscono al 30% dei ricavi bancari e a oltre il 50% delle commissioni di gruppo.
Inoltre, Mediobanca mette in luce “la difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione della Banca Mps”, dotata di un patrimonio netto aggravato da rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3miliardi). Si rilevano poi in Mps indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (il 70% delle filiali si trova al centro-sud Italia) e di clientela (piccole media impresa), nonché mancanza di fabbriche prodotto.
Infine, il gruppo guidato da Alberto Nagel sottolinea la mancanza di razionale industriale, un forte indebolimento del modello di business di Mediobanca, perdite di ricavi e clienti, perdita delle migliori risorse umane del gruppo e assenza di apprezzabili sinergie di costo non avendo i due gruppi sovrapposizioni di reti distributive.
Le banche italiane, un comparto brillante
Ma è davvero così? We Wealth lo ha chiesto a Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting. L’esperto allarga lo sguardo a tutto il comparto italiano, mettendolo a confronto con lo scenario internazionale. «Le nostre banche si stanno distinguendo come le migliori nell’area transatlantica (Ue, Uk e Usa) per il rapporto costo / reddito, come dimostrato da una nostra recente ricerca. Tutti gli istituti nazionali, a partire dai primi tre – Intesa Sanpaolo (leader in Ue), Unicredit e Banco BPM – hanno brillato in Europa negli ultimi anni, registrando un notevole incremento della capitalizzazione di mercato. Questo dimostra che tutte le banche italiane stanno lavorando molto bene. Questi risultati non sono frutto del caso o unicamente dell’aumento dei tassi di interesse, ma derivano dalla capacità del management di elaborare e attuare strategie apprezzate dagli analisti finanziari».
Sia Nagel (Mediobanca) che Lovaglio (Mps) hanno il diritto di opporsi all’ops, ma…
Ha senso una strenua opposizione a una eventuale fusione Mediobanca – Mps? Prosegue Primanni: «Luigi Lovaglio e il management di Mps hanno pieno diritto di perseguire il loro deal, così come Alberto Nagel e Mediobanca hanno quello di opporsi. Ciò è consentito dall’attuale quadro normativo. Ricordiamo che è stato rimosso il vincolo che impediva alle aziende salvate di intraprendere operazioni straordinarie. Inoltre, le banche sono ormai delle public company, in cui i fondi rivestono un ruolo centrale, premiando chi garantisce dividendi più elevati. Non possiamo ignorare, poi, che queste operazioni ricevono, più o meno esplicitamente, l’avallo della Bce.”
Mediobanca vs Mps è solo l’ultimo episodio di una “guerra” fra banche
Allora qual è il punto? «Tuttavia, il vero problema è un altro e appare evidente anche in altri recenti episodi, come la guerra tra istituti di credito italiani; si pensi allo scontro Unicredit – Banco BPM o alle tensioni sulle strategie di consolidamento tra banche più piccole e grandi gruppi. Il dubbio – si accolga questa mia sorta di provocazione come stimolo costruttivo, è: ha senso che le nostre banche, che sono le migliori d’Europa, continuino a farsi la guerra in casa? Non sarebbe molto meglio se volgessero lo sguardo verso l’estero, abbracciando finalmente una visione più ampia e autenticamente internazionale?».