In Europa e negli Stati Uniti si è entrati nella seconda ondata. I governi che non hanno già optato per nuovi lockdown lo stanno per fare
I mercati stanno scontando quest’ipotesi, con i principali indici sia statunitensi che europei che in due settimane hanno perso circa l’8% del loro valore. Corrono invece i mercati emergenti, in particolare Cina, Corea e Taiwan
Gli investitori si devono preparare al peggio? Secondo Mauro Vicini e Filippo Diodovich non si assisterà ai crolli di marzo
Panoramica sui mercati
A confermare che i ribassi siano originati dalla paura epidemica è Mauro Vicini, responsabile operativo di The Intermonte Eye. (A parte la Cina) nessuno si salva. Negli Stati Uniti dai massimi di inizio ottobre il Dow Jones ha perso l’8%, lo S&P500 il 7,5%, e il Nasdaq il 7,3%. Lo stoxx 600 in contrazione del 8,2%. Piazza affari del 9,2%, seguita da Cac 40 (-8,2%), Ftse 100 (-7,2%). Il dax 30 subisce le perdite più pesanti (-12%). Perdite molto più contenute sui listini asiatici. Lo SSE composite perde il 2,7%, lo Hsi guadagna addiritura lo 0,1%. Come nota Vicini l’andamento borsistico sta rispecchiando quello epidemico. Nelle parti del mondo in cui l’epidemia è sotto controllo, gli indici azionari stanno crescendo “nella giornata di mercoledì Il MSCI Emerging Markets ha segnato un -1,1%, mentre il MSCI World era in contrazione del 2,9%. Si sta assistendo dunque ad uno scollamento tra i listini europei e quelli asiatici” afferma Vicini che analizza: “si esce dai mercati europei dove il rischio di nuovi lockdown è concreto e ci si ripara in direzione oriente, soprattutto in Cina, mentre negli Stati Uniti i mercati aspettano di capire cosa accadrà il 3 novembre e nel caso di vittoria dei democratici se arriveranno i 2000 miliardi promessi da Biden”.
Anche allargando l’orizzonte temporale il quadro non cambia. “Da inizio anno le performance dei mercati europei sono negative, con l’euro Stoxx che ha perso circa il 20%. Mercati come Cina e Taiwan sono invece ampiamente in territorio positivo. Si tratta di un fatto epocale” aggiunge Vicini che sottolinea, ad evidenza dell’ingente liquidità che circola nella terra del dragone, come il 5 novembre ci sarà l’IPO di Ant Group, il braccio dei pagamenti digitali di Alibaba, preannunciata come la più grande quotazione della storia. Infine con riguardo alle materie prime, secondo Vicini, il petrolio, sebbene ritornato ai livelli di tre mesi fa, non è destinato a subire le contrazioni conosciute a marzo, quando il prezzo del Brent scese del 55%. Sull’oro invece, sceso in questi giorni nonostante i ribassi azionari, ci si inizia a chiedere se il prezzo è più su livelli di vendita che di acquisto.
Crollo in vista?
Cosa aspettarsi dunque per i prossimi mesi? Si rischia una situazione come quella di marzo? Secondo Vicini la risposta è no. Sebbene c’è da mettere in conto che si va verso l’inverno e quindi c’è il pericolo di una maggiore diffusione del virus, passi avanti sono stati fatti nel trattamento dei casi più severi e, secondo molti, un vaccino è in dirittura d’arrivo. Senza trascurare che c’è un presidio molto forte delle autorità, pronte a stanziare nuove misure a protezione dell’economia. Del medesimo parere è Filippo Diodovich, senior strategist di Ig Italia. “Le principali differenze rispetto a marzo sono basate sul fatto che conosciamo molto meglio il covid-19 rispetto a 9 mesi fa, che la corsa al vaccino sembra essere vicina a una conclusione e che da un punto di vista economico le banche centrali e i governi hanno lanciato delle misure di difesa e di protezione della stabilità finanziaria (ad esempio il piano PEPP della Bce). Per queste ragioni i mercati dovrebbero evidenziare delle performance migliore rispetto al passato”.