Quest’anno una gran parte del rapporto annuale che il Politecnico di Milano ha dedicato ai family office si è misurata con una nozione poco battuta al di fuori della cerchia delle grandi famiglie imprenditoriali: quella del purpose, ossia degli scopi ultimi della gestione dei capitali famigliari condivisi. Il purpose, che interpreta il capitale umano, il capitale socio-emotivo ed il capitale finanziario, permette a chi si occupa della gestione finanziaria di coniugare gli obiettivi e valori portanti della famiglia con il profitto. Jill Shipley, Head of Governance and Education di AlTi Tiedemann Global, multi-family office di respiro internazionale, è un’esperta nell’aiutare le grandi famiglie a definire una direzione condivisa per la gestione degli asset. “Il denaro ha un impatto: se come famiglia non abbiamo messo a fuoco quale sia il purpose, è difficile capire come attivare queste risorse”, ha raccontato Shipley in un’intervista a We Wealth, “nel nostro lavoro facciamo riflettere le famiglie su quale sia il fine del proprio denaro: sia esso accrescere la ricchezza, passarla ai figli, o fare una differenza per la comunità con un effetto netto positivo”.
Impact investing, un modo per realizzare il “purpose” famigliare
Secondo il rapporto del PoliMi, sui Family office si rileva che le strategie di Impact investing hanno rilevanza per l’86% degli intervistati, un dato significativo considerando che questo approccio raccoglie solo una piccola frazione degli asset Esg. Diversamente i criteri Esg in generale risultano di minore interesse per gli intervistati. “Molti degli investimenti più innovativi stanno creando cambiamenti positivi nel mondo e molti dei nostri portafogli di impact investing hanno sovraperformato”, ha affermato Shipley. Per la clientela italiana e svizzera l’accento sugli obiettivi extrafinanziari non è ancora così pronunciato come negli Usa, ha affermato il partner di AlTi Tiedemann Global, Francesco Fabiani, tuttavia “si è aperti a considerare l’impact investing, anche se dovesse produrre ritorni inferiori (e non è detto che sia così)”. Secondo Fabiani, il vantaggio del modello a impatto è la sua comprensibilità: “Parliamo con i clienti di progetti che avranno un impatto sociale o ambientale positivo ed è più facile capire di cosa si parla: il cliente può appassionarsi a questi progetti”.
Anche nella realtà americana, quella più conosciuta da Shipley, è “la generazione Z quella più propensa a basare gli investimenti sui valori in cui crede, anche se talvolta non è facile trovare un allineamento con i membri più maturi della famiglia. “In molti altri casi, però, c’è orgoglio nel vedere che i nipoti prendono iniziative, fanno domande e vogliono imparare: a quel punto si dice ‘proviamoci’, mettendo a disposizione una parte del portafoglio”.
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L’importanza di essere tutti coinvolti
Il rischio di non definire obiettivi famigliari condivisi? “Ritrovarsi con relazioni potenzialmente infelici, se esiste un obiettivo che va oltre il fare quanti più soldi possibile”, ha affermato Shipley: “se c’è un obiettivo al quale tutti teniamo e vogliamo che questo sia positivo per le nostre relazioni allora ci serve un’intenzionalità; questo richiede lavoro”. E, nel caso delle famiglie finanziariamente più complesse, anche una formalizzazione ufficiale: una costituzione famigliare.
“Credo che il ritorno finanziario sia l’obiettivo normale dell’investimento”, ha concluso Shipley, “abbiamo l’opportunità di definire che cos’altro possiamo realizzare con questo strumento chiamato denaro: mettiamo in chiaro le cose a cui teniamo e vediamo quali sono le opzioni per attivare le nostre risorse in quella direzione”.