Entro il 2030, la blue economy crescerà a una velocità doppia rispetto al Pil globale
I mari assorbono una quantità di anidride carbonica 50 volte superiore a quella catturata dall’atmosfera e producono oltre il 50% dell’ossigeno che respiriamo
“Veniamo da un lungo periodo dominato da un unico tema d’investimento, quello tecnologico. Quella storia non finisce qui, ma ci ricorda che la diversificazione di portafoglio è una strada obbligata”, spiega Andrea Mottarelli, Cfa, head of Coverage retail & wholesale Italy di Dws, società di gestione con masse pari a 928 miliardi di euro a livello globale (dati al 31 dicembre 2021). Vale, a maggior ragione, in fasi di mercato che si preannunciano particolarmente concitate.
“Il 2022 sarà l’anno della disintossicazione dal doping della grande espansione monetaria e fiscale post-covid. Gli stimoli extra all’economia non sono più né necessari, né sostenibili, anche perché l’inflazione ha iniziato a impaurire gli investitori”.
Strategie per proteggersi dall’inflazione
L’inflazione rimarrà su livelli più alti rispetto agli ultimi anni, ma tenderà ad attenuarsi progressivamente. I tassi reali resteranno negativi e le prospettive di crescita appaiono robuste, sia in riferimento al Pil, che vediamo in rialzo del 4% negli Usa e del 4,6% in Eurozona, sia rispetto agli utili aziendali. Morale: rimane un contesto positivo per gli attivi rischiosi, ma bisogna mettere in conto episodi di correzione e fenomeni di rotazione settoriale, come quelli già avvenuti di recente, dal mondo growth (ad alta crescita ndr), a quello value, ciclico e più a buon mercato.
Qual è la strategia vincente, in questo scenario?
Nel reddito fisso, bisogna muoversi su scadenze più contenute e cercare valore nel rischio di credito, cioè nel perimetro delle obbligazioni ad alto rendimento, dove i tassi di default sono ai minimi storici e le cedole più generose offrono protezione, perché meno sensibili all’aumento dei tassi.
E sulle azioni?
Come dicevo, bisogna avere portafogli equilibrati e cercare idee d’investimento che abbiano ampio respiro e possano esprimere valore nel lungo termine, costruendo un ponte tra presente e futuro.
Quali, ad esempio?
Ne cito tre: la blue economy, il clean tech e le infrastrutture.
Le opportunità d’investimento della blue economy
L’economia del mare, secondo il Wwf, vale già 24.200 miliardi di dollari – in termini di asset – e genera un giro d’affari di 2.500 miliardi di dollari l’anno, numeri che la rendono già l’ottava economia del mondo. Entro il 2030, la blue economy crescerà a una velocità doppia rispetto al Pil globale, potendo contare sullo sviluppo di un ampio spettro di attività, dalla pesca alla desalinizzazione delle acque, dal turismo all’energia, fino ai porti e ai trasporti: basti pensare che il 90% delle merci a livello globale è movimentato via mare.
Esistono molte opportunità ancora inesplorate in questo bacino: dalle aziende che producono mangimi alternativi per i pesci alle tecnologie di filtrazione e disinfezione, dai materiali biodegradabili alle imprese che riducono le emissioni di carbonio, incrementando l’efficienza energetica e utilizzando energie rinnovabili, come l’eolico offshore. Attenzione, non è solo un tema di business: proteggere l’ecosistema degli oceani, che coprono il 70% della superficie terrestre, è indispensabile anche per il futuro stesso del pianeta, visto che i mari assorbono una quantità di anidride carbonica 50 volte superiore a quella catturata dall’atmosfera e producono oltre il 50% dell’ossigeno che respiriamo.
La tecnologia pulita può avere un impatto determinante nelle strategie di contrasto al cambiamento climatico.
E questo la rende anche un tema attraente in ottica di portafoglio. Gli investimenti globali in energia pulita, ad esempio, aumenteranno da 821 miliardi l’anno, nel 2020, a 1.955 miliardi nel decennio che si conclude nel 2030, per salire a 3.305 in quello successivo. Moltissime opportunità si trovano nei quattro settori che da soli producono il 58% delle emissioni di gas serra: trasporti, immobiliare, agricoltura e produzione di elettricità. Parlo di aziende impegnate nel business delle reti elettriche intelligenti (smart grid), dei carburanti rinnovabili, dell’agricoltura di precisione e dei nuovi materiali per l’edilizia, in grado di migliorare l’efficienza energetica.
Le infrastrutture, a loro volta, sono indispensabili per centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Su di esse converge una bella fetta dei capitali riconducibili ai maxi piani di stimolo fiscale americano ed europeo. Investire su questo tema, oggi, offre anche un’efficace copertura contro i rischi di inflazione. Permette, inoltre, di ottenere esposizione a una molteplicità di settori dai trasporti all’energia, dalle utility ai servizi di telecomunicazione con caratteristiche molto diverse, che favoriscono una buona diversificazione: da una parte, il 5G, i data centre, le tecnologie satellitari e la fibra ottica, che hanno una matrice growth, ad altra crescita. Dall’altra, le utility, più difensive. I trasporti sono ben posizionati per cavalcare la ripresa e l’energia beneficia del boom delle materie prime.
Le opportunità dei mercati privati
Gestiamo 107 miliardi di euro in infrastrutture e real estate, tra asset liquidi e illiquidi. È un’area in forte crescita e continueremo a investire risorse importanti.
Nei vostri portafogli dedicati alle infrastrutture, c’è anche un po’ di Italia?
Si, ad esempio siamo investiti in Save, gestore degli Aeroporti di Venezia e Treviso, nei Rimorchiatori Mediterranei, il principale operatore di rimorchiatori italiano e in Medipass: leader nella diagnostica. In ambito immobiliare, invece, posso citare gli Outlet di Valmontone e di Barberino, diversi edifici a Milano, destinati agli uffici e alcune strutture nel comparto della logistica.
Gli investimenti sostenibili
Sugli investimenti Esg, che integrano analisi finanziaria e fattori ambientali e sociali, si concentra una porzione importante dei flussi di capitale indirizzati al risparmio gestito. Gli investitori sono sempre più sensibili a queste tematiche. A sua volta, i piani di stimolo fiscale promossi da Europa e Stati Uniti hanno una chiara impronta green. In Europa, anche la regolamentazione continua a spingere in quella direzione.
La sostenibilità è uno dei fronti più caldi per l’innovazione di prodotto.
Noi possiamo dire di essere tra i pionieri: Dws ha una tradizione di oltre 20 anni nel segmento degli investimenti responsabili e sostenibili e con riferimento alla direttiva Sfdr sulla trasparenza degli investimenti sostenibili, gran parte dei nostri fondi sono classificati Art. 8 (prendono in considerazione, cioè, fattori ambientali e sociali) o Art. 9 (hanno espliciti obiettivi d’investimento sostenibile). Blue economy e clean tech sono due aree che stanno attirando molto interesse.
Tre anni fa, abbiamo lanciato un prodotto specializzato sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) dell’Onu, oggi classificato art.9, che ha raccolto da solo 1,5 miliardi di euro. L’ultimo nato è un fondo Esg specializzato sull’healthy living, che abbraccia tematiche legate alla cura della persona, al benessere, dalla diagnostica preventiva alla terapia genetica, fino allo sport e ai beni di consumo. Insomma, non è l’ennesimo fondo healthcare. Anche nel perimetro della finanza sostenibile si può, e si deve, diversificare.
Infine vorrei ricordare che Dws è uno dei membri fondatori della Net Zero Asset Managers Initiative, un’iniziativa condotta da un gruppo di asset manager per azzerare entro il 2050 le proprie emissioni nette e quelle relative ai portafogli d’investimento. Ci siamo impegnati a gestire il 35,4% delle masse in gestione (al 30 dicembre 2020 ndr), pari a 281 miliardi di euro, con l’obiettivo di ridurre del 50% le emissioni di CO2 entro il 2030.