I club deal sono una forma di investimento diretto in imprese non quotate realizzato da investitori privati esperti
Stando ai dati di McKinsey (2020), il valore globale di asset investiti nel private market è stimato pari a 6 trilioni di dollari, di cui oltre il 50% in US, un 30% in Asia.
Sassi (Scouting Group): “una grande differenza caratterizza il modello di autentici club deal da tutto il resto: l’atteggiamento fortemente proattivo ed inclusivo tra imprenditore ed il numero ristretto di investitori”
“La differenza principale con il private equity sta nella maggior flessibilità dello strumento”
Cosa sono i club deal e a quale tipologia di investitore si rivolgono?
I club deal sono una forma di investimento diretto in imprese non quotate realizzato da investitori privati esperti. L’obiettivo comune è finanziare la creazione di valore economico reale nelle piccole e medie imprese tramite capitale di rischio qualificato e paziente. Queste due caratteristiche sono determinate prevalentemente dalla tipologia di sottoscrittori coinvolti nel progetto di investimento: privati con grandi patrimoni che spesso hanno alle spalle un’esperienza qualificata di successo realizzata nella propria impresa di famiglia, che possono mettere a disposizione del progetto. D’altro canto, la natura privata del capitale permette una gestione paziente dello sviluppo del progetto di investimento, in ogni caso destinato a terminare dopo la realizzazione del piano industriale.
La forma del club assume giuridicamente un vestito variegato che si adatta nel tempo alle esigenze normative e di mercato presenti nei diversi paesi: ecco quindi apparire i fondi alternativi e altri strumenti di gestione collettiva del risparmio declinati in modo completamente nuovo. Tuttavia, una grande differenza caratterizza a mio parere il modello di autentici club deal da tutto il resto: l’atteggiamento fortemente proattivo ed inclusivo tra imprenditore ed il numero ristretto di investitori, i quali, al contrario di ogni altro strumento di capitale, sono coinvolti consapevolmente nel business della target a cui decidono di partecipare.
Quanto sono diffusi in Italia rispetto agli altri paesi?
Il ruolo essenziale di sindacazione dei grandi patrimoni privati, presenti negli Stati Uniti sin dalla seconda metà del XIX secolo, fu alla base dello sviluppo economico del continente americano. Oggi il ruolo dei club deal sta prepotentemente tornando al centro della scena mondiale per due cause principali:
- una grande liquidità dei patrimoni privati preoccupati dalla bassa redditività e l’alto rischio dei mercati finanziari quotati, in particolare di quelli obbligazionari;
- un forte sviluppo internazionale dei family office con competenze professionali insource, in grado di selezionare progetti di investimento diretto in imprese
Il valore globale di asset investiti nel private market è stimato pari a 6 trilioni di dollari (dati McKinsey – A new decade for private markets 2020, ndr), di cui oltre il 50% in US, un 30% in Asia. È difficile attribuire la quota di club deals all’interno di questo mondo, prevalentemente formato da private equity funds. Una stima relativa al mercato italiano (dati EY luglio 2020 e Deloitte Alternative Lender Deal Tracker Spring 2020, ndr) indica un valore di 250 milioni di euro investiti in Italia nel 2019 da venture incubator, family office e piattaforme di equity crowfunding con un trend di forte crescita (2018/2020) di circa il 30% anno su anno. L’Italia rappresenta ancora meno del 3% degli investimenti in club investiti in Europa. Ancora più importante è sottolineare il ritardo negli investimenti sindacati con capitali proveniente da famiglie italiane ultra high net worth a favore di imprese estere.
Come vengono selezionate le aziende target?
I progetti destinati alle piattaforme di club investment sono generalmente ad alto tasso di crescita, con esigenza di capitale di espansione. Il profilo ideale è rappresentato dimensionalmente da aziende del segmento Mid Cap, che possono essere clusterizzate su due target principali: da un lato le società quality growth il cui fabbisogno di capitale è determinato dalla crescita già in atto del business tradizionale; dall’altro quelle innovation growth, che stanno implementando strategie di diversificazione di processo e prodotto, tramite la trasformazione dei modelli di business più tradizionali.
In Italia si aggiunge a tutto ciò un terzo cluster rappresentato dalle società ending market value, cioè le società ad alto valore aggiunto che si trovano costrette ad affrontare una fase di passaggio generazionale, ma che possono favorire la nascita di piattaforme di aggregazione tra imprese dello stesso settore e quindi liberare nuovo valore economico. Questo, per le caratteristiche del nostro Paese, costituisce un fenomeno rilevante ed obiettivo dei club Investment è a mio parere proprio anche quello di trattenere tramite progetti di aggregazione capacità ed eccellenze imprenditoriali locali che costituiscono il nervo delle Pmi italiane.
Quali sono i principali vantaggi/svantaggi per le imprese oggetto delle operazioni?
Tra i vantaggi metterei la disponibilità di soci privati che tramite il club sono disponibili a partecipare anche in minoranza al capitale dell’impresa: un forte segnale positivo verso l’imprenditore e il suo progetto di crescita, più difficile da trovare presso investitori istituzionali Nel caso di sindacati tra grandi famiglie imprenditoriali, aggiungerei anche l’orgoglio di contare tra i propri investitori con significative storie di successo in Italia e nel resto del mondo. Forse il più apprezzato resta in ogni caso il tipo di rapporto contributivo che può essere instaurato tra imprenditore e componenti del club. Se infatti è stato organizzato correttamente è probabile che nel club sia presente un corner investor con esperienza specifica nel settore, con cui l’imprenditore gradirà confrontarti e altri promoter investor che grazie alle loro relazioni avranno il compito di favorire la crescita del business. I vantaggi possono diventare svantaggi quando il club non è stato organizzato in modo adeguato al progetto di impresa. Per questo diffido dai progetti collettivi di club: un modo per tornare ad usare strumenti innovativi con la logica del passato.
In cosa questi “sindacati di investimento” si differenziano dal più tradizionale private equity e quali sono invece i punti in comune
La differenza principale con il private equity sta nella maggior flessibilità dello strumento, che consente agli investitori interessati di sottoscrivere il progetto solo nel momento in cui questo viene identificato senza nessun tipo di pre-commitment che blocchi preliminarmente la liquidità. L’investimento diretto consente inoltre ai sottoscrittori di selezionare business per business, in base alle proprie sensibilità ed esperienze settoriali, evitando di partecipare a portafogli di partecipazioni non sempre ottimizzate rispetto alla propensione delle famiglie del segmento Ultra e Hnwi. Penso che d’altra parte i due modelli non siano affatto in contrapposizione, ma al contrario le operazioni di private market realizzate dai club di investimento privati favoriscano il futuro ingresso dei private equity nel capitale di imprese Mid Cap di successo.