Il 52% dei consulenti finanziari si sente pronto a supportare i propri clienti in vista dell’entrata in vigore della nuova profilazione Mifid 2 ma il 36% ammette di aver bisogno di più informazioni e più formazione
Per aiutare i risparmiatori a operare delle scelte in materia di sostenibilità, il 50% punta sul dialogo, il 35% sulla condivisione di video, articoli e materiali informativi, il 7% sui social network e l’8% sulle newsletter
In attesa dell’entrata in vigore dell’obbligo di integrare le preferenze di sostenibilità della clientela nella valutazione di adeguatezza ai sensi della Mifid2, a partire dal 2 agosto, i promotori (e l’industria nel suo complesso) iniziano a fare i conti con la sfida che li attende. Secondo un nuovo sondaggio condotto da FocusRisparmio dal 5 al 9 maggio raccogliendo le risposte di 218 consulenti finanziari, il 52% si sente pronto a supportare i propri clienti in questa nuova fase ma il 36% ammette di aver bisogno di più informazioni. E c’è anche un 12% che dichiara di non sentirsi affatto pronto. Un tema che richiama l’attenzione sull’importanza non solo della formazione ma anche della comunicazione, nel dialogo con gli investitori. E che vede i protagonisti del risparmio gestito destreggiarsi con un quadro normativo sottostante in divenire.
Stando allo studio presentato in occasione della 12esima edizione del Salone del Risparmio, secondo i consulenti finanziari l’obbligo di rilevare le preferenze di sostenibilità come definito dalla direttiva sarà percepito dai clienti principalmente come un’occasione per aumentare la propria consapevolezza (57,8%) ma anche come un incentivo a investire in più prodotti Esg (17,20%). Il 12,50% riterrebbe invece che non cambierebbe nulla in quanto è l’offerta a guidare la domanda, il 4,70% lo considererebbe un’inutile complicazione e l’1,60% un freno a investire in prodotti Esg. Per aiutare i risparmiatori a operare delle scelte in materia di sostenibilità, il 50% dei promotori punta sul dialogo, il 35% sulla condivisione di video, articoli e materiali informativi, il 7% sui social network e l’8% sulle newsletter. Dal canto proprio, per aggiornarsi sulle tematiche ambientali, sociali e di buona governance il 33% naviga sui siti degli intermediari, il 31% segue corsi di formazione professionale (interni o esterni) e il 14% fa riferimento a giornali, tv e radio.
Il problema è che spesso, secondo gli esperti intervenuti nell’ambito della conferenza Parliamo sostenibile: come spiegare l’Esg al tuo cliente, si scambia l’interesse con la conoscenza. Anche quando si parla di risparmiatori. “Gli italiani non hanno ancora realizzato che l’educazione finanziaria rappresenta una competenza di base che serve a loro ma anche a garantire sostenibilità economica nel futuro”, spiega Giovanna Boggio Robutti, direttore generale di Feduf. “La domanda è: come facciamo ad accendere la loro curiosità? Bisogna trovare delle chiavi di comunicazione per entrare nella loro testa, che tende a chiudere le porte quando si tratta di parlare di questioni economico-finanziarie”. Per farsi ascoltare, anche quando si parla di sostenibilità, innanzitutto “bisogna avere qualcosa da dire”, aggiunge Diego Rizzuto, formatore e comunicatore scientifico di Taxi1729. “E oltre ad avere cose da dire bisogna aver capito quelle cose, perché se comunichiamo qualcosa che non abbiamo capito, il rischio è creare noia, dissonanza cognitiva e sofferenza. Regola numero due: sfruttare le emozioni. I ricordi si colorano di emozione, per cui è più facile evocarli se associati a un’emozione. E poi storytelling, trasformare in storia ciò che si intende raccontare”.
Per informarsi, come anticipato dai dati del rapporto, il 33% dei consulenti finanziari fa dunque riferimento ai siti di banche e società di gestione del risparmio. Ma qual è il ruolo dei gestori in questo contesto? “Sui nostri siti devono trovare trasparenza. Ma dobbiamo anche insegnare loro quali informazioni dare e spiegargli come stiamo costruendo questi prodotti”, osserva Alexia Giugni, country head di Dws. “Se prima parlare di sostenibilità significava parlare di alcuni fondi tematici, oggi si tratta di un tema trasversale”, spiega. Ogni singolo fondo deve essere guardato sotto la lente green. Ma non bisogna scambiare la sostenibilità unicamente come un tema d’investimento, avverte Lorenzo Alfieri, country head Italy di J.P. Morgan asset management. “La sostenibilità non è una scelta ma un percorso obbligato. Scambiarlo con un tema d’investimento significa dargli un orizzonte temporale medio-breve, con tutte le conseguenze del caso. Recentemente molti clienti hanno iniziato a lamentarsi perché i loro portafogli sostenibili stanno sottoperformando perché sottopesati sull’energia. Quando ci si trova di fronte al cliente finale bisogna imparare a gestire anche certe componenti psicologiche”. In definitiva, sono quattro gli elementi su cui giocare per una discussione efficace in tal senso. Almeno secondo Andrea Ragaini, vice direttore generale di Banca Generali. “Innanzitutto formazione. Comunicare in modo semplice e didascalico, partire dagli Sdgs (Sustainable development goals) e aiutare il cliente a capire che integrare i fattori Esg nel processo d’investimento consente di intercettare e ridurre il rischio”.