L’idrogeno verde viene prodotto, tramite elettrolisi, solo con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed è quindi considerato una fonte di energia pulita a tutti gli effetti
Il problema dell’idrogeno verde è che, al momento, l’offerta di energia da fonti rinnovabili e i costi degli elettrolizzatori non consentono ancora una produzione su ampia scala, in grado di abbattere il rapporto fra costi e produzione
L’intervento politico, però, sta cercando di accelerare questa innovazione. Così, almeno dal 2019, le società più in vista del settore sono finite nel mirino degli investitori – eccone alcune
Per capire quali ostacoli ha ancora di fronte a sé questa tecnologia è importante chiarire alcune delle caratteristiche dell’idrogeno. Non tutto l’idrogeno è “verde”, perché per produrlo occorre energia e, nella gran parte dei casi, questo comporta l’emissione di CO2. A seconda della fonte energetica utilizzata per la sua produzione l’idrogeno cambia nome, o meglio, colore. Se per per produrlo si è utilizzato carbone o metano, ad esempio, lo si chiamerà idrogeno grigio. L’idrogeno verde, al contrario, viene prodotto (tramite elettrolisi) solo con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed è quindi considerato una fonte di energia pulita a tutti gli effetti. Infatti, l’idrogeno verde non comporta emissioni di CO2 né allo stadio produttivo né, ovviamente, quando viene consumato.
Il problema dell’idrogeno verde è che, al momento, l’offerta di energia da fonti rinnovabili non è ancora sufficiente per consentire una produzione su ampia scala, in grado di abbattere il rapporto fra costi e produzione. Nel 2018, ha affermato l’anno scorso l’Agenzia internazionale dell’energia, solo lo 0,1% dell’idrogeno prodotto può essere definito “green”. La ragione è semplice: farlo in questo modo costa fino a oltre sette volte di più, rispetta fonte energetica più economica: il gas naturale.
Oltre alla sorgente di energia, un’altra barriera per lo sviluppo dell’idrogeno verde è il costo degli elettrolizzatori, necessari per rompere le molecole dell’acqua ed estrarre l’idrogeno. Gli elettrolizzatori sono “ancora impiegati su scala molto piccola e hanno bisogno di un aumento di tre ordini di grandezza nei prossimi tre decenni per ridurre il loro costo di tre volte”, aveva dichiarato in un intervista rilasciata al Wef il dottor Emanuele Taibi (Head of the Power Sector Transformation Strategies presso l’Irena).
Grazie alla spinta impressa dalla politica in varie parti del mondo, i progetti di sviluppo dell’idrogeno verde si stanno ampliando, con possibili opportunità d’investimento in una logica di lungo periodo. Verso l’inizio del 2021 più di 30 paesi hanno lanciato piani d’azione in materia, il settore ha annunciato oltre 200 progetti nel campo dell’idrogeno e i governi di tutto il mondo hanno stanziato oltre 70 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici. In Italia, le Linee guida preliminari della strategia nazionale per l’idrogeno, pubblicate nel novembre 2020 avevano previsto che la domanda finale di energia del Paese sarebbe stata soddisfatta da idrogeno al 2% entro il 2030 e al 20% circa entro il 2050.
“La capacità totale – attiva e in cantiere – di generazione di idrogeno a basse emissioni di carbonio è pari a oltre 37 milioni di tonnellate all’anno (mtpa)” e anche se di questi “32 mtpa sono riconducibili a progetti annunciati e soggetti a studi di fattibilità”, ha scritto Global Data. Nel concreto, “con il crescente sostegno delle politiche globali e dei programmi regionali in materia idrogeno, è probabile che si realizzi lo scenario più favorevole, con quasi 20 mtpa di capacità entro il 2030”. Sarebbe un grosso balzo rispetto ai livelli attuali, com’è possibile osservare nel grafico sottostante.
Una delle possibilità di esposizione finanziaria al settore consiste nell’investimento diretto in alcune delle società attive nelle catena di fornitura dell’idrogeno. GlobalData ha segnalato alcuni degli attori più affermati nella fabbricazione di sistemi energetici a idrogeno per la produzione di carburante pulito e lo stoccaggio di energia; nello sviluppo di nuove tecnologie per la produzione di idrogeno; nello sviluppo di materiali che facilitano l’abbattimento dei costi di produzione dell’idrogeno; e, infine, nello viluppo e produzione di attrezzature per l’elettrolisi e soluzioni di stoccaggio dell’idrogeno. Si tratta di:
- Hazer Group, inclusa nell’indice azionario Asx australiano e attiva nella conversione del gas naturale e di materie prime simili in idrogeno e grafite.
- McPhy Energy, quotata a Parigi e attiva nello sviluppo di attrezzature per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di idrogeno per l’energia a idrogeno, la mobilità a zero emissioni.
- ITM Power Plc, britannica e quotata a Londra, produce e vende sistemi energetici a idrogeno per lo stoccaggio di energia, il trasporto e i settori industriali nel Regno Unito, in Germania, nel resto d’Europa e negli Stati Uniti.
- PowerHouse Energy Group Plc, quotata a Londra, progetta e fornisce processi di rigenerazione della plastica per generare idrogeno e sistemi di energia elettrica nel Regno Unito e a livello internazionale.
GlobalData ha citato numerose altre società attive in differenti stati della catena del valore dell’idrogeno: rimandiamo al white paper per questi ulteriori dettagli.
La dinamica di mercato degli ultimi anni, per tutte queste aziende è stata esuberante, ma anche estremamente volatile. Per le società esposte all’idrogeno verde l’anno magico è stato il 2020, nel quale oltre al Green Deal europeo (delineato nel dicembre 2019) è cresciuta enormemente la scommessa climatica a livello globale. Nel 2021 l’entusiasmo si è decisamente sgonfiato, così come nei primi giorni di quest’anno. Di conseguenza i due Etf tematici quotati su Borsa Italiana, VanEck Vectors Hydrogen Economy UCITS ETF e L&G Hydrogen Economy UCITS ETF USD Acc, lanciati entrambi nella prima parte del 2021, hanno subito il colpo delle prese di beneficio. Negli ultimi sei mesi al 26 gennaio 2022 l’Etf di VanEck ha perso il 19,18%, mentre quello di L&G il 14,47%. Nello stesso periodo il Ftse Mib ha guadagnato il 5,80%. Nonostante il crollo del 2021, le principali società del settore hydro restano su livelli borsistici nettamente superiori a quelli di fine 2019.