In Italia sono state registrate 11 piattaforme verticalizzate nel real estate, di cui 4 di tipo equity e 7 di tipo lending
Il mercato è in crescita e non è escluso che nel breve-medio termine possano operare anche nuovi player, visto che il mattone in Italia è sempre molto attrattivo
Fino alla fine di giugno 2020, la ricerca aveva individuato 219 campagne che hanno raccolto 72 milioni di euro, di cui 33,5 imputabili al 2019 e 24,5 al primo semestre del 2020. Rispetto agli altri Paesi, in Italia, il fenomeno del real estate crowdfunding è più giovane e registra volumi ancora esigui. “Ma nel corso dell’ultimo triennio il mercato è andato incontro a una significativa e costante crescita, trainata dalla Lombardia in quanto regione che assume il ruolo di baricentro dello sviluppo del settore con il 68% dei progetti finanziati”, spiega il gruppo di ricerca, che stima – negli scenari più conservativi – quasi 100 milioni di euro di raccolta in Italia a fine 2020.
L’obiettivo è dunque quello di avere norme armonizzate e valide per tutti gli Stati europei per una maggiore certezza del diritto a vantaggio degli investitori, agevolazioni per gli investimenti diretti e accesso più facile per i titolari di progetti di crowdfunding a nuove fonti di finanziamento alternative ai canali bancari.
“Siamo in attesa dell’attuazione della nuova normativa europea che stabilirà in maniera chiara le regole e le procedure delle piattaforme e questo favorirà l’intero reparto, rendendolo più trasparente e sicuro, e portando nuovi utenti a scegliere il crowdinvesting come formula alternativa di investimento”, ha aggiunto Andrea Maffi, founder di Trusters, prima piattaforma di real estate lending crowdfunding 100% Made in Italy attiva in Italia dal dicembre 2018, e prima in Europa ad aver adottato la blockchain per garantire una maggiore trasparenza dei dati relativi ai progetti finanziari, che nel 2020 ha raccolto 7,5 milioni e punta a raddoppiare a quota 15 milioni nel 2021.
Quali sono i vantaggi di questa forma alternativa di investimento?
“Innanzitutto rende accessibili opportunità immobiliari prima riservate a operatori specializzati e con grandi capitali. Inoltre lo strumento presenta chiarezza informativa, attraverso la pubblicazione di un approfondito set documentale, permette facile accessibilità grazie alla sua natura digitale e prevede procedure standardizzate – condivise con Consob – in tutte le fasi del processo di investimento”, ha detto Lorenzo Pedotti, founder e ceo di Concrete Investing, che nel 2020 ha raccolto circa 13 milioni di euro a favore di 5 progetti, triplicando i capitali e il numero di investitori rispetto al 2019.
Grechi ha poi aggiunto che se il crowdfunding, da un lato è un grande strumento di democratizzazione – etimologicamente a disposizione di tutti – dall’altro ha cominciato ad attrarre un consistente numero di investitori evoluti. Per questo, ha spiegato, che si stanno focalizzando sull’offrire un modello di servizio costruito ad hoc.
Di avviso simile Pedotti: “Come Concrete Investing, fin dall’inizio del nostro operato – ha detto – registriamo un crescente coinvolgimento di investitori professionali e soggetti più sofisticati che articolano il proprio portafoglio su operazioni sempre più numerose. Non a caso il nostro ticket medio ammonta a 16mila euro circa, quasi 4 volte la media del mercato”.
Il real estate crowdfunding permette quindi a chiunque di partecipare a progetti di riqualificazione investendo bassi importi e in aree geografiche diverse, offrendo una grande diversificazione. Per i soggetti cosiddetti “prenditori” dell’investimento può rappresentare, invece, una forma finanziaria più rapida e meno invasiva rispetto a una banca.
Esistono due diversi modelli di crowdfunding: equity o lending. Nel modello equity, l’investitore acquisisce una partecipazione nella società che si impegna a realizzare una determinata operazione immobiliare e ottiene un rendimento, sotto forma di dividendo, correlato agli utili che derivano dalla realizzazione del progetto; mentre nel modello lending il soggetto che investe nel progetto acquisisce un diritto di credito e il rendimento è dato dall’interesse sul capitale investito.
“Il più grande vantaggio del modello lending è che esso rappresenta un finanziamento e non un apporto di nuovi soci, ciò permette alla società prenditrice di mantenere il controllo del progetto immobiliare, di avere certezza nel proprio piano finanziario della cifra da restituire e di potersi creare una vera community di persone interessate a partecipare ad ulteriori progetti. La semplicità di comunicazione, la certezza dei tassi di rendimento e del periodo di finanziamento rendono il lending crowdfunding più simile a una obbligazione e quindi più adatto a investitori cauti che amano diversificare il proprio capitale, finanziando molti progetti che poi ciclicamente rientrano nel loro portafoglio – ha spiegato Maffi – La massima trasparenza tra la società prenditrice e il finanziatore viene supportata dal lavoro della piattaforma, la rendicontazione dello sviluppo del progetto rende partecipe il finanziatore di ogni fase dell’investimento”.
Pedotti ha poi ricordato, che “trattandosi di un investimento rischioso è in ogni caso necessario avere un’adeguata conoscenza degli strumenti finanziari alternativi e svolgere un’attenta valutazione delle opportunità. Per questo tutti gli investitori devono effettuare la verifica di appropriatezza prima di procedere l’investimento”.
Una cosa è certa: nel nostro Paese il settore sta crescendo e nuovi player sono destinati a entrare sul mercato. “Riteniamo ci siano ampi margini di crescita e che i prossimi anni possano confermare il trend di forte sviluppo di quelli appena passati. Il mercato italiano è concentrato su player specializzati nel settore immobiliare (oltre il 90%): crediamo questo aspetto sia fondamentale per la qualità dei deal proposti e per maggior tutela degli investitori che preferiscono rivolgersi a portali dedicati unicamente all’immobiliare”, ha dichiarato Pedotti, che ha confermato che Concrete Investing continuerà nella sua strategia di focalizzazione e specializzazione su specifici mercati (vedasi Milano) e operatori di primario livello, ma non esclude che nel breve-medio termine possano iniziare a operare anche nuovi player, visto che l’immobiliare in Italia è un settore molto attrattivo.
E gli ultimi passi di BacktoWork sembrano andare proprio in questa direzione. “Per una piattaforma come la nostra, entrata sul mercato italiano nel 2018, che è sempre stata focalizzata nel presentare opportunità di investimento in startup e pmi, diversificate per settore e stadio di sviluppo, l’affiancare operazioni real estate è un ulteriore passo verso la creazione di un’offerta completa per investitori interessati a questa tipologia di asset class. Settore in cui siamo entrati quest’anno – ha dichiarato l’ad Alberto Bassi – Il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare ai nostri investitori, siano essi retail o professionali, tutti gli strumenti per poter diversificare la porzione del portafoglio dedicata agli investimenti alternativi e, grazie alle operazioni immobiliari, riusciamo ad affiancare a investimenti di lungo periodo e ad alto rischio, quelli in startup, opportunità con tempi di realizzo e rischi più contenuti”.
E in un mercato che cresce, si arriverà al momento in cui si entrerà in uno scenario di fusioni e acquisizioni.
“Il consolidamento del mercato attira comprensibilmente nuovi attori sulla scena, ma che tutti riescano a trovare uno spazio e un equilibrio non è affatto scontato”, ha precisato Grechi, che poi ha concluso dicendo: “Pensiamo infatti che sia inevitabile, nel futuro prossimo, assistere a fenomeni di aggregazione tra operatori di mercato”.