Intervista a Joe Coughlin, direttore e fondatore dell’AgeLab del Massachusetts Institute of Technology
Questo aspetto della consulenza è nuovo per il settore. È totalmente una nuova frontiera. Adesso che viviamo tutti più a lungo, ai consulenti non spetta più solo il compito di affiancare i clienti per garantire loro la sicurezza finanziaria, il vero ruolo è aiutarli ad anticipare il futuro, letteralmente visualizzare le diverse opzioni di futuro che li possono aspettare e pianificare per ridurre i rischi e valorizzare le opportunità di ognuna. E continuare ad aggiustare il tiro strada facendo. Non è facile fare domande cui le persone non hanno voglia di rispondere; nessuno vuole pensare all’eventualità che il coniuge perda la sua autonomia e che dovrà assisterlo, o che la casa dove ha vissuto una vita potrebbe non essere più adeguata alle condizioni future, o che potrebbe trovarsi a dover lavorare più del previsto, magari a tempo ridotto, non tanto per il denaro quanto per la necessità di garantirsi uno scopo ogni mattina al risveglio. Queste sono cose che la stragrande maggioranza di noi non vede. Il valore aggiunto che i consulenti finanziari possono portare alla loro professione e ai loro clienti non ha più solo a che fare con gestione di denaro e rendimenti. Quello di cui questa gente ha davvero bisogno è una guida, un navigatore che l’accompagni nel viaggio attraverso questa inedita longevità.
Questo è un territorio completamente nuovo e se c’è qualcuno che lo può occupare sono proprio l’industria finanziaria e le case prodotto che si trovano già là fuori, lungo i suoi confini, con una clientela senior patrimonializzata. Oppure ci arriveranno altre industrie a mappare quel terzo della vita che oggi rappresenta un territorio inesplorato. È una grande opportunità per il mercato finanziario e la domanda non è se ma quando la consulenza finanziaria si approprierà di questo gigantesco spazio. Certo, pochi consulenti sono formati in questo senso, ma quelli che impareranno guidare i propri clienti, orientando la propria curiosità in questo ambito e attingendo a una infinità di esperienze diverse maturate con altri clienti, saranno i migliori, a prescindere dalla rete e dal brand che rappresentano.
Sembra che le donne, sia sul versante dei consulenti che su quello dei clienti, siano più aperte a questo tipo di conversazione.
È vero e la ragione non ha niente a che vedere con la biologia: in tutto il mondo le donne semplicemente fanno più cose, lavorano e allo stesso tempo si prendono cura della famiglia, crescono i bambini e hanno cura degli anziani, gestiscono il budget domestico. Il risultato di questa vita multitasking le rende molto più consapevoli e sensibili ai tanti aspetti della vecchiaia. Le donne cominciano a riflettere sulla vecchiaia quando hanno 40/50 anni attraverso l’esperienza dei loro genitori, così mentre gli uomini pensano ancora alla pensione in termini di viaggetti e battute di pesca con gli amici, loro tendono ad essere più realistiche. Le consulenti donna usano la propria esperienza personale per guidare i clienti nell’esigenza di pianificare la vecchiaia. Nelle cose belle e nelle cose meno belle. Perché non solo lo sanno, lo sentono perché l’hanno vissuto nei panni di figlie che hanno portato i genitori dal medico o li hanno assistiti nei momenti di fragilità, che hanno dovuto affrontare con i loro genitori anziani tematiche legate alla sicurezza o al comfort della loro casa. Quel tipo di consapevolezza non si insegna. Poi però deve arrivare l’industria ad offrire i prodotti e i servizi necessari. Non basta convincere il cliente a mettere da parte per questo o quello scopo, a questo o a quel titolo. Tutto quello che compriamo, prima di acquistarlo, lo proviamo: proviamo gli abiti, testiamo le auto, giriamo una casa in lungo e in largo prima di comprarla. Non possiamo prendere decisioni relative al più grande investimento della nostra intera vita senza sapere cosa stiamo comprando. Fammi vedere cosa sto comprando, quali servizi esattamente e da chi verranno erogati. Questa sarà l’evoluzione della silver economy. Il futuro della pianificazione della longevità sarà sempre di più iscritto nel triangolo: denaro, servizio, fornitore. Non si tratterà più di mettere da parte il gruzzoletto intitolato a questo o a quel bisogno, ma vorremo acquistare un servizio di una marca specifica. E le industrie capiranno che qui sta la grande opportunità di mercato. Le persone che stanno entrando nella vecchiaia oggi sono persone acculturate, con buone risorse economiche, esigenti. E non ce ne sono mai stati così tanti, di anziani, così longevi e con così tante aspettative. Questo ci porterà a dover ripensare prodotti e servizi dedicati a loro e ai loro caregiver. Invecchiare bene non è mai stato solo il risultato di quanto sei ricco o quanto sei sano, spesso è la famiglia intorno a fare la differenza. E poiché non facciamo più bambini, non ci sono più due o tre figli tra i quali suddividere l’onere di assistenza durante la vecchiaia. Questa è la vera sfida ma anche l’opportunità per l’industria finanziaria che costruisce i prodotti, per i consulenti che hanno il rapporto con i clienti ma anche per altre industrie con un po’ di immaginazione: dovremo comprare le cose che una volta facevano i figli adulti per noi, dalla semplice telefonata per sapere come stai alla spesa tornando dal lavoro, dalla prenotazione delle visite mediche alla gestione delle medicine, a tutto il sostegno emozionale richiesto nella vecchiaia. Questo è il vero nuovo costo della longevità, di cui nessuno parla, che avrà un forte impatto sulla qualità della terza età.
Articolo tratto dal numero di gennaio di We Wealth
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