I mercati aumentano anche le scommesse sul fatto che i tassi di riferimento Usa torneranno a scendere nel 2023, assumento un taglio di circa un punto percentuale
L’inflazione di fondo rimane elevata, ma se si esclude anche la componente degli affitti dal paniere il ribasso è più marcato
L’inflazione americana ha dato un segnale migliore delle attese ad aprile, quanto è bastato per incoraggiare gli investitori sul fatto che la Fed potrà fermare i rialzi nella prossima riunione di giugno e reagire positivamente in apertura di seduta a Wall Street.
L’indice dei prezzi al consumo Cpi è sceso su base annua al 4,9%, contro il 5% atteso; tuttavia il passo dell’inflazione su base mensile è accelerato dal +0,1% di marzo allo 0,4% a causa di una ripresa dei costi energetici ad aprile (+0,6% contro il -3,5% registrato il mese precedente).
Si è mantenuto stabile, come da attese, il ritmo dell’inflazione di fondo, che esclude alimenti ed energia: l’aumento su marzo è stato dello 0,4%, con un tasso annuo del 5,5%.
Il costo delle materie prime non energetiche è aumentato dello 0,6% sul mese, in decisa accelerazione, mentre il ritmo di incremento dei costi abitativi è tornato allo 0,4%, il minor tasso di incremento mensile da oltre sei mesi. In generale, se si tolgono alcuni prodotti energetici come il gas, si sono continuati ad osservare rincari su tutte le principali categorie del paniere, inclusa quella sotto attenta osservazione da parte della Fed, i servizi, ancora in rincaro mensile dello 0,4% con un incremento annuo del 6,8%. Hanno fatto eccezione, mostrando diminuzioni di prezzo, le auto nuove (-0,2%), i servizi medici (-0,1%) e i servizi di trasporto (-0,2).
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La reazione di mercato
L’indice S&P 500 ha aperto la seduta con uno spunto superiore allo 0,6%, mentre il Nasdaq Composite è aumentato di oltre l’1% nei primi minuti della seduta. Coerentemente con un’aspettativa di un comportamento più da colomba da parte della Fed, in seguito a questi dati, l’euro si è rafforzato sul dollaro toccando momentaneamente un massimo di 1,1006. Anche l’oro, che attende con speranza la pausa nei rialzi dei tassi, si è riportato brevemente a quota 2.056 dollari l’oncia, secondo i dati Marketwatch.
L’inflazione di fondo statunitense non ha dato segnali di rallentamento e sul dato generale, che mostra un livello d’inflazione in deciso calo, sta pesando l’effetto del confronto con il picco inflattivo dell’aprile scorso, su cui già si osservavano gli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina. Venerdì scorso i dati occupazionali sui non farm payroll, che indicano lo stato del mercato del lavoro non agricolo negli Usa avevano inviato al mercato un segnale opposto a quello odierno, segnando ad aprile un incremento occupazionale superiore alle attese e un nuovo abbassamento del tasso di disoccupazione al 3,4%.
La fine dei rialzi Fed si avvicina
“Le cifre su inflazione hanno confermato un leggero rallentamento dei prezzi headline. Il rallentamento è costante dai valori di giugno 2022 quando inflazione si attestava attorno al 9% fino al 4,9% di aprile 2023. La principale ragione è la caduta dei prezzi degli energetici e dei servizi al comparto energetico”, ha commentato il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich, “tuttavia l’indice core (esclusi energetici e alimentari) continua a rimanere su livelli molto alti al 5,5% annuo anche se leggermente inferiore rispetto al mese precedente”.
“Le nostre valutazioni sono che i dati sulle pressioni inflazionistiche mostrano un lieve miglioramento ma soprattutto non registrano sorprese negative che avrebbero potuto portare argomentazioni ai membri più falchi all’interno della commissione operativa della Federal Reserve per effettuare ancora un rialzo del costo del denaro nella prossima riunione di giugno”, ha aggiunto Diodovich. A questo punto, “solamente dati fuori dalla norma nel prossimo report sul mondo del lavoro sulla crescita dei salari dei lavoratori potrebbe convincere i banchieri centrali ad applicare un nuovo rialzo”.
“La componente affitti (che rappresenta oltre il 30% dell’intero paniere) inizia a dare qualche primo timido segnale di rallentamento in termini mensili soprattutto grazie al calo di alcune componenti collegate agli affitti al di fuori dell’abitazione principale”, ha affermato il chief global strategist di Intermonte, Antonio Cesarano, “complessivamente si tratta di un andamento che riduce le pressioni sulla Fed su ulteriori rialzi dei tassi a giugno e luglio”.
Non solo: c’è più spazio per speculare sul fatto che la banca centrale americana andrà a tagliare i tassi già nel 2023. “Un eccesso di aspettative”, secondo Cesarano, considerando che viene prezzato un taglio di circa un punto percentuale da qui a fine dicembre. “Queste indicazioni consentono ai tassi dei Treasury decennali americani di ridurre nel breve termine il rialzo che aveva portato in pochi giorni il tasso decennale da 3,30% a 3,53%”.