Il virus del risparmio ha contagiato anche i giovani
I giovani, per fortuna, hanno una cultura del denaro piuttosto solida. In generale, credono e praticano il risparmio, capiscono che la finalizzazione del risparmio è importante. Quindi risultano perlomeno incuriositi dai temi di investimento: è una novità ed è una ottima notizia. Resterebbe da completare il secondo passaggio: dalla cultura del risparmio a quella dell’investimento. Una “open question” che ci riporta al secondo punto.
La Next Gen, l’investimento e la sfida dei fini
Le giovani generazioni hanno una “modesta cultura finanziaria” che li porta a ragionare con un pensiero più concreto e forse in fondo anche più “intelligente” rispetto ai loro genitori. Ad esempio, invece di porsi in primo luogo la domanda del “dove” e “come” investire, tendono soprattutto a porsi la domanda del “perché” investire, a quali fini, per quali progetti. I giovani hanno bassa confidenza con i mezzi (le soluzioni finanziarie). I prodotti e le loro categorie tecniche sono spesso poco conosciuti e passano facilmente in secondo piano. Di conseguenza, gestire una Next Gen che si pone il problema dei fini richiede una importante ridefinizione degli storytelling classici di offerta: torna in auge la consulenza “goal based” utile a interfacciarsi con i più giovani. Anche per il motivo che costituisce il terzo punto.
Combattere l’obsolescenza della tool box finanziaria classica
La cultura finanziaria dei giovani è modesta e la loro mappa mentale delle soluzioni di investimento appare poco popolata. In pochi conoscono concretamente il risparmio gestito, il mondo dei fondi e di tante altre soluzioni che rappresentano oggi la base dello scambio fra wealth management e i suoi clienti. Però hanno due riferimenti solidi che rappresentano per loro delle piccole icone di modernità: le cripto e le azioni, soprattutto alcune come Tesla, Apple e i loro epigoni. Se le azioni possono rappresentare un utile entry point nel mondo dell’investimento serio, le cripto rischiano di posizionare il tema dell’investimento in una logica non necessariamente utile per la loro “cultura dei fini” relativa ai loro progetti di vita.
Cripto come grip cognitivi
Ma le aree di non conoscenza e le stesse cripto non vanno demonizzate. Anzi vanno usati come primi grip cognitivi per instaurare una fruttuosa conversazione con la Next gen. Una conversazione che parta da questi segnali ma vada rapidamente oltre. Bisogna comunque essere consapevoli della necessità di riposizionare le soluzioni classiche (il risparmio gestito ad esempio) su storytelling più vicini alla Next gen. Il rischio concreto è quello di una obsolescenza della toolbox del settore e in ultima analisi della sua marginalizzazione soprattutto per le nuove generazioni.
La risposta alla domanda se il wealth management sia già oggi attrezzato per la gestione attiva della next gen. dipende in buona parte dalla capacità di rinnovare storytelling, soluzioni e approcci: ma non basta. Questa è solo una parte dell’impostazione di una alta gamma finanziaria orientata ai giovani ed al futuro.
L’innovazione non nasce nell’alta gamma finanziaria
Esiste ad esempio una implicita domanda di cambiamento inerente il modello di servizio classico, molto centrato sul consulente. Nell’alta gamma finanziaria l’integrazione fra offerta di relazione fisica e digitale è chiamata a importanti e ampi passi avanti; le piattaforme di servizi e la consulenza dovranno essere in grado di coprire nuovi campi e nuovi approcci, che andranno al di là della semplice gestione finanziaria degli asset. Oggi l’innovazione che parla ai giovani (si pensi ai temi di social investing o di equity crowdfunding) non nasce nell’alta gamma finanziaria. Lo spazio per un wealth che affronti il bisogno delle nuove generazioni passa attraverso nuove ibridazioni fra le forme classiche della consulenza ad alta intensità relazionale e le applicazioni delle possibilità di un fintech di alta gamma.
Verso un modello policentrico
Diversamente da quello che si potrebbe pensare, questa operazione non ha come data di inizio un futuro (più o meno) lontano, quando la next gen prenderà il timone della finanza famigliare. Nulla di più errato: la data è oggi. La capacità di gestire questi temi con modelli di servizio e offerte rinnovate passano – qui ed ora – attraverso una diversa gestione della relazione attuale con tutti i membri della famiglia e non solo con il gestore famigliare del patrimonio famigliare. Si tratta di offrire servizi articolati, adatti alle esigenze di ciascun membro e di ogni generazione, con modalità flessibili e sostenibili per la famiglia e la banca stessa. Il passaggio dal modello monolitico verticale del “decisore” a quello policentrico ed orizzontale di una community con interessi ed esigenze diverse appare il punto di passaggio per essere già pronti a gestire il futuro. Potremmo riassumerlo in un termine solo: “gestire la diversity generazionale”.