Il cambiamento climatico e il discioglimento dei ghiacci, i possibili sfruttamenti di nuove rotte commerciali ed estrazioni di terre rare e, più di tutto, le mire concorrenti di Cina e Russia hanno spinto il presidente eletto degli Stati Uniti a rilanciare la sua offerta per l’annessione della Groenlandia al Paese.
Questa volta lo ha fatto con un piano più esteso e deciso di influenze dirette sul continente americano, che includono anche il Canada e il canale di Panama. In questo rilancio della, non nuova, questione groenlandese, Trump non ha escluso l’uso della forza militare o economica per convincere la Danimarca e il premier Mette Frederiksen a trattare la vendita dell’isola. Questo aspetto rappresenta l’elemento di novità rispetto al rifiuto già ottenuto dallo stesso Frederiksen nel 2019, quando Trump parlò per la prima volta di voler acquistare la Groenlandia durante il suo primo mandato. Allora, la questione finì nel nulla.
I promise not to do this to Greenland! pic.twitter.com/03DdyVU6HA
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) August 20, 2019
Se la minaccia di una mossa militare fosse seria, però, sarebbe un’altra questione, questa volta. Difficilmente avverrebbe un conflitto militare vero e proprio fra Usa e Danimarca, che è responsabile per la difesa del territorio autonomo di Groenlandia; tuttavia, una prova di forza di questo tipo potrebbe facilmente incrinare la fiducia dei membri Nato nei confronti del Paese leader. Un fenomeno che ha già stimolato in Europa un radicale ripensamento della politica di difesa, con un maggior impiego di risorse economiche per garantire una forza militare più robusta e potenzialmente meno dipendente dagli Stati Uniti. Come effetto collaterale di mercato, questa tendenza ha già rafforzato l’interesse degli investitori sui titoli azionari delle società attive nella produzione di armamenti in Europa, facendone uno dei settori più performanti dal 2022 a oggi.
Trump, esternazioni da prendere sul serio?
Quanto possono essere prese sul serio le parole di Trump sull’opzione militare in Groenlandia? “Credo che ora sappiamo abbastanza di Trump da doverci fidare delle sue parole. Questo è Trump Unchained”, ha commentato Timothy Ash, Senior EM Sovereign Strategist, RBC BlueBay. “La realtà è che se gli Stati Uniti volessero conquistare militarmente la Groenlandia, sarebbe tutto finito in poche ore, un po’ come l’annessione della Crimea da parte di Putin nel 2014. Ma le conseguenze strategiche e diplomatiche a lungo termine sarebbero enormi: sarebbe la fine della Nato?”, si interroga Ash.
Per mettere a repentaglio la fiducia degli alleati fino a questo punto dovrebbero essere in gioco più di semplici interessi commerciali e, infatti, Trump si è limitato a citare questioni di sicurezza nazionale alla base dell’interesse americano sull’isola. A difesa delle posizioni di Trump è intervenuto l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump tra il 2019 e il 2021, Robert O’Brien: “I russi e i cinesi sono ovunque nell’Artico,” ha detto O’Brien a Fox News il 29 dicembre. “Il Regno di Danimarca possiede la Groenlandia e ha l’obbligo di difenderla. E così il presidente Trump ha detto: ‘Se non difendete la Groenlandia, la compreremo noi e la difenderemo. Ma non la difenderemo gratis, senza svilupparla né estrarre i minerali, il petrolio e le risorse della Groenlandia.’”
La Groenlandia, secondo le stime dello US Geological Survey, detiene 1,5 milioni di tonnellate di terre rare, quasi quante ve ne sono in tutti gli Stati Uniti. Benché siano una frazione rispetto ai 44 milioni di risorse presenti in Cina, questi elementi strategici per la manifattura tecnologica potrebbero essere importanti nello scenario in cui la guerra commerciale con la Cina sfociasse in ritorsioni proprio sulle terre rare.
L’interesse di Russia e Cina nell’area, poi, è in crescita ormai da anni. Il cambiamento climatico ha trasformato rapidamente l’Artico, aprendo accesso a risorse e rotte strategiche che un tempo sembravano inaccessibili. Tra queste, la Rotta del Mare del Nord (Nsr) sta attirando un crescente interesse globale. La Cina, ad esempio, ha definito la Nsr una componente fondamentale della “Via della Seta Polare” nel suo Libro Bianco sull’Artico del 2018 e nel 14° Piano Quinquennale. L’importanza della Nsr per Pechino è ulteriormente sottolineata dall’aumento dei transiti cinesi lungo la rotta, che sono passati da 27 nel 2018 a 62 nel 2020. Nel frattempo, la Russia non solo ha rafforzato la sua presenza militare nell’Artico, ma sta anche collaborando con la Cina per integrare la Nsr nella Belt and Road Initiative (la nuova via della Seta).
Le contromosse della Casa Bianca alla concorrenza nell’Artico
In questo piano geopolitico di sapore ottocentesco, in cui il continente americano viene ancora una volta sottoposto alle necessità di sicurezza statunitensi, il Canada appare come una delle scommesse più audaci espresse da Trump: “Canada e Stati Uniti, sarebbero davvero qualcosa [assieme],” ha detto Trump nella sua recente conferenza stampa, “elimini quella linea artificiale e dai un’occhiata a come sarebbe, e sarebbe anche molto meglio per la sicurezza nazionale.” Il problema evidenziato da alcuni analisti è che le capacità militari del Canada sono in declino da anni, il che potrebbe esporre gli Usa a vulnerabilità in caso di mosse belliche in arrivo da Nord. “Le forze armate canadesi sono indebolite da anni di sottofinanziamento, cattiva gestione e trascuratezza, lasciandole mal equipaggiate per affrontare le loro responsabilità sia sul piano domestico che internazionale,” ha scritto sulla piattaforma specialistica 19fortyfive Andrew Latham, professore di Relazioni Internazionali al Macalester College e specialista in conflitti internazionali e sicurezza. Per Latham, questa carenza rappresenta una vulnerabilità strategica, in particolare nella regione artica, dove il Canada “non dispone di capacità adeguate per difendere i suoi confini settentrionali in un contesto geopolitico sempre più competitivo.”
Che queste ragioni di stato possano essere sufficienti a guastare i buoni rapporti con gli altri membri della Nato, e in particolare con Canada e Danimarca , resta da vedere. Secondo la maggioranza degli analisti, resta estremamente improbabile che Canada, Groenlandia o il canale di Panama possano cambiare status di sovranità, ma basterebbe anche solo portare avanti una delle tre scommesse geopolitiche per osservare conseguenze enormi sul ruolo globale svolto finora dagli Stati Uniti.