L’esito delle elezioni americane è fra i più incerti di sempre, ma quello della prossima riunione della Federal Reserve pare già scritto, come lo è in buona parte anche il taglio a dicembre. Le chance di un taglio da 25 punti base il prossimo mercoledì, secondo il CME Fed Watch Tool, superano il 98%. Circa otto possibilità su dieci, poi, vengono attribuite a un altro taglio da 25 punti base nella successiva riunione del 18 dicembre.
Venerdì scorso i dati occupazionali dei Non-farm payrolls hanno mostrato un calo molto forte nei nuovi posti di lavoro, con 12 mila unità: nonostante si sia trattato del dato peggiore dal dicembre 2020, alcuni elementi straordinari collegati a questi numeri, come gli uragani Helene e Milton, hanno rinviato al futuro le considerazioni sul reale stato di salute del mercato del lavoro. Di conseguenza, il forte peggioramento nel numero dei nuovi occupati non dovrebbe spingere la Federal Reserve ad anticipare un altro taglio da 50 punti base.
Tagli senza sorprese, neanche nei toni
“Riteniamo improbabile che la Fed reagisca eccessivamente ai dati deboli sui posti di lavoro, sia con un taglio più ampio, sia adottando un tono più accomodante nelle sue comunicazioni”, ha commentato Matthew Ryan, Head of Market Strategy di Ebury. “Infatti, le scommesse del mercato su un secondo taglio consecutivo di 50 punti base da parte della Fed sono completamente scomparse nelle ultime settimane, in particolare dopo il dato sull’inflazione core di settembre, che ha superato le aspettative ed è salito inaspettatamente al livello più alto degli ultimi tre mesi”.
L’indice d’inflazione più monitorato dalla Fed, il Pce, è sceso dal 2,3% al 2,1% fra agosto e settembre: un livello che si porta poco al di sopra dell’obiettivo del 2%. “In sintesi”, ha commentato Olu Sonola, responsabile della ricerca economica sugli Stati Uniti presso Fitch Ratings, “il mercato del lavoro rimane solido, l’inflazione è generalmente in fase disinflazionistica con qualche ostacolo lungo il percorso, mentre la crescita economica è robusta”.
La ricetta perfetta, dunque, per un graduale rientro dei tassi ad accompagnare l’atterraggio morbido dell’economia. Quanto potrà pesare l’esito elettorale sulle decisioni future della Fed è un tema sicuramente molto dibattuto. “Riteniamo che gli investitori si stiano preparando a un ciclo di allentamento della Fed più breve in caso di vittoria di Trump, in particolare in caso di una vittoria repubblicana anche al Congresso”, ha affermato Ryan, “questo perché i mercati anticipano aliquote fiscali più basse, un maggiore protezionismo e un incremento dell’inflazione negli Stati Uniti”. Una politica monetaria più restrittiva, peraltro, potrebbe riaccendere i contrasti che in passato avevano diviso Powell e Trump nel corso della sua prima presidenza.
Una pausa a dicembre?
“La discussione nei mercati è già proiettata su una possibile sospensione dei tagli alla prossima riunione, ma riteniamo che sia un po’ prematuro”, hanno commentato nella loro nota giornaliera gli analisti di Goldman Sachs guidati da Jan Hatzius. “Ci aspettiamo che i tagli rimangano consecutivi almeno fino a dicembre, in parte perché i funzionari della Fed potrebbero voler osservare diversi mesi di stabilizzazione del mercato del lavoro prima di allentare completamente, e in parte perché alcuni hanno affermato che l’alto livello del tasso sui fondi sta avendo un effetto restrittivo sull’economia”. Infatti, al momento i mercati prezzano maggiormente l’eventualità di una pausa a dicembre, piuttosto che l’eventualità di un taglio da 50 punti base fra le riunioni di novembre e dicembre (eventualità data all’1,3%).
Il 2025? Su questo peseranno anche le elezioni
Quanto accadrà nel 2025 resta più difficile da prevedere. Secondo Goldman Sachs, lo scenario è di altri quattro tagli per arrivare a un tasso finale del 3,25-3,5%. “Se il tasso di disoccupazione rimane stabile o scende e i numeri sull’attività e la crescita occupazionale rimangono solidi per un certo periodo, allora un ritmo alternato di riunioni potrebbe diventare un percorso alternativo plausibile”, hanno affermato. “Sia le nostre previsioni di base che quelle ponderate per probabilità sono ora un po’ più accomodanti rispetto ai prezzi di mercato”.
“L’esito delle elezioni statunitensi potrebbe essere il più grande fattore di disturbo nel pricing del ciclo di allentamento della Fed nel 2025 da parte del mercato”, ha dichiarato Michael Krautzberger, Global CIO Fixed Income di Allianz Global Investors. “Ci aspettiamo ulteriore volatilità a breve termine nei mercati obbligazionari mentre gli investitori digeriscono le implicazioni politiche del risultato elettorale”.
Secondo Matteo Ramenghi, CIO di UBS WM Italy, “l’impatto macroeconomico del programma repubblicano potrebbe essere positivo per il prodotto interno lordo, ma la combinazione di minor tassazione, meno immigrazione e più dazi potrebbe risultare inflattiva, allontanando i tagli dei tassi d’interesse”. Una vittoria di Kamala Harris, al contrario, potrebbe colpire Wall Street con “l’aumento della tassazione e della maggiore regolamentazione in caso di vittoria di Harris” e “un monitoraggio più rigoroso della concorrenza potrebbe avere un impatto sul settore tecnologico”. Ma, probabilmente, lascerebbe più spazio a Powell e colleghi di poter estendere l’allentamento monetario.