“Un euro digitale che fosse davvero l’equivalente immateriale del contante sarebbe veramente una novità potente, ma allora non servirebbe fornire nome e cognome ad un intermediario per poter aprire un conto in euro digitale: se intendo comprare un portafoglio in pelle per metterci dentro banconote, non devo rilasciare dati personali a nessuno”. Michele Mandelli ha alle spalle una lunga carriera nel settore bancario e oggi è managing partner di CheckSig, una società di custodia di criptovalute. Assieme con il ceo, Ferdinando Ametrano, Mandelli è una delle voci che ha accolto più tiepidamente i preparativi ufficiali della Bce verso il lancio dell’euro digitale. We Wealth ha raggiunto entrambi per capire quali siano le ragioni per restare con i piedi per terra su questa innovazione.
Ametrano, cosa le fa pensare che l’euro digitale possa rivelarsi un insuccesso?
L’idea di dotare l’Europa di una infrastruttura di pagamenti europea alternativa quelle di provenienza americana come Visa e Mastercard è rilevante, ma la percezione diffusa è che non si comprende a che cosa serva l’euro digitale. Dal momento che l’euro digitale non sostituisce il contante e che già oggi i pagamenti contactless e con carta sono molto comodi, il pubblico al momento non percepisce l’utilità dell’euro digitale, nonostante la sua funzione ‘geopolitica’. Per avere successo l’euro digitale dovrebbe offrire un’esperienza di utilizzo straordinaria, accattivante, semplicissima. Sinceramente i regolatori non hanno uno storico impeccabile nel fornire codici user-friendly. A questo dobbiamo aggiungere il fatto che il rapporto con il cliente finale sarà gestito dagli intermediari bancari: non si vede perché dovrebbero facilitare l’utilizzo di qualcosa che per loro è meno redditizio in termini di commissioni di pagamento.
Mandelli, come dovrebbe essere l’iter per far sì che l’euro digitale venga preferito alle altre opzioni di pagamento private?
La sfida dell’euro digitale è soprattutto sull’usabilità. Si tratterà di creare partnership fra la Bce e il settore privato, con incentivi economici chiari. Quali saranno è tutto da capire, perché le banche dovranno accollarsi l’onere di sviluppare e integrare una nuova soluzione. Proviamo a immaginare uno scenario in cui Intesa Sanpaolo, Unicredit o Satispay inizino a integrare l’euro digitale nei loro sistemi di pagamento, a quel punto le altre banche dovranno seguirle perché non potranno restare sguarnite. Gli incentivi per innescare l’adozione iniziale, per gli utenti e gli intermediari, è più importante di quella strettamente tecnologica.
Ametrano, l’euro digitale sta facendo chiarezza su cosa è moneta di banca centrale e cosa moneta bancaria: è d’accordo?
Nei documenti presentati nelle scorse settimane dalla Bce si spiega molto bene come l’euro digitale sarà moneta di banca centrale, come il contante, quindi molto più sicuro della moneta bancaria sul conto corrente. Questa percezione delle differenze fra contante e conto corrente si era completamente persa fra il pubblico. La colpa in parte è anche del regolatore che non ha mai fatto capire quali sono i rischi della moneta ‘non di banca centrale’ [ad esempio, il rischio di credito della banca commerciale presso la quale è depositata, Ndr.]. Ci si è abituati al fatto che ogni forma di denaro sia ugualmente garantita e affidabile. Ora che le differenze vengono discusse con la possibile introduzione dell’euro digitale, definito giustamente come più sicuro, non vengono facilmente capite.
Articolo tratto dal n° di novembre di We Wealth.
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