Esma ed Eiopa, le due autorità europee di vigilanza sui prodotti finanziari e assicurativi, hanno scritto una lettera alla nuova commissaria europea designata ai Servizi Finanziari, Maria Luís Albuquerque, per esortarla a mantenere intatto lo spirito originario della Retail Investment Strategy (Ris). Ossia, il pacchetto di misure attraverso le quali la Commissione europea intende promuovere una maggiore trasparenza e capacità di controllo per gli investitori finali. Come raccontato su We Wealth nei mesi scorsi, l’iter legislativo della Ris ha ampiamente modificato la proposta originaria della Commissione europea e questo ha preoccupato le autorità di vigilanza: “Siamo preoccupati che l’efficacia di questa proposta verrebbe significativamente compromessa dai livelli aggiuntivi di complessità e dalle disposizioni indebolite introdotte dai colegislatori”, dicono Esma ed Eiopa. A questo punto giova fare un breve ripasso su come la Ris è stata fin qui annacquata.
Come la Ris si è allontanata dalle origini
La proposta originale della Commissione puntava a porre “gli interessi dei consumatori al centro degli investimenti al dettaglio”, come ricordano Esma ed Eiopa, attraverso parametri di riferimento europei per monitorare il rapporto costo-valore dei prodotti finanziari. L’intento era di impedire l’immissione sul mercato di fondi costosi e poco competitivi. Tuttavia, le modifiche apportate dai colegislatori – Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue – hanno introdotto eccezioni che rischiano di minarne l’efficacia.
Il Parlamento ha aperto la strada a benchmark nazionali e a un loro uso esclusivamente interno, riducendone la trasparenza per i consumatori. Il Consiglio, pur sostenendo benchmark europei pubblici, permette ai produttori di confrontare i loro prodotti in sottogruppi omogenei (peer group), offrendo potenziali scappatoie per prodotti più costosi. Inoltre, in caso di prodotti inefficaci, non è previsto un blocco automatico all’immissione sul mercato ma solo misure correttive, che potrebbero risultare insufficienti per eliminare dal mercato le inefficienze.
A leggere le parole di Esma ed Eiopa, c’è da pensare che gli emendamenti alla proposta originaria della Commissione europee siano il frutto di una difesa gattopardesca, frutto di una tenace attività di lobbying da parte di gestori e distributori di prodotti finanziari. Le autorità parlano di “efficacia compromessa” citando proprio i benchmark nazionali e non europei; le analisi dei peer group e lo scopo non più vincolante degli stessi benchmark la cui funzione si ridurrebbe a “identificare anomalie nel mercato, senza esplicitare sufficientemente i poteri di supervisione in questo contesto”.
La sostanza è che le due autorità di vigilanza credono che, a furia di creare eccezioni e confronti solo indicativi che non vietano di fatto l’ingresso sul mercato di prodotti esageratamente costosi, poco di concreto cambierà per i risparmiatori.
E ce n’è anche per le reti di consulenza bancarie, che sono riuscite a convincere la Commissione a ritirare la sua proposta più dirompente: obbligare tutti i consulenti a farsi pagare solo a parcella, ossia in un modo molto più trasparente rispetto alle commissioni integrate nei costi dei fondi che vengono raccomandati al cliente. “Tutto sommato, temiamo che, in combinazione con i limitati cambiamenti proposti al regime degli inducements”, ovvero le retrocessioni, “e le estensioni suggerite per le revisioni dei vari aspetti del quadro”, concludono le autorità, “i consumatori dovranno aspettare diversi anni per cambiamenti evidenti nella loro esperienza di investimento”.