Dalla Camera al Senato: cos’è il Salva Milano
La Camera dei Deputati, il 21 novembre scorso, ha approvato il disegno di legge 1987, meglio conosciuto come Salva Milano, che è ora passato all’esame del Senato per l’approvazione.
Il Salva Milano nella sostanza è un provvedimento transitorio destinato a rimanere in vigore fino a quando non sarà effettuato un riordino organico della disciplina edilizia, che – nelle intenzioni (assai ottimistiche parrebbe di poter dire) della norma – dovrebbe essere approvato entro i sei mesi successivi, dopo che sia raggiunta un’intesa tra Stato e città in Conferenza unificata.
Obiettivo del Salva Milano: sbloccare i cantieri a rischio
La normativa sarebbe valida ovviamente in tutto il territorio nazionale ma, l’obiettivo fondamentale pare quello di sbloccare i 150 progetti che nei mesi scorsi la Procura di Milano ha posto sotto sequestro per presunti abusi edilizi.
Per fare ciò il Salva Milano prevederebbe che per l’edificazione di nuovi immobili su singoli lotti e per la sostituzione edilizia attraverso demolizione e ricostruzione con volumi e altezze maggiori di quelli consentiti dalla legge urbanistica del 1942 e degli edifici preesistenti e circostanti, i piani attuativi comunali, fino a ora necessari per la demolizione e la ricostruzione con sagome e volumetrie differenti, non sarebbero più obbligatori, se gli interventi edilizi sono realizzati in “ambiti edificati e urbanizzati”.
Semplificazione o rischio per l’urbanistica?
Così, per costruire un grattacielo al posto di un edificio di pochi piani, sarebbe sufficiente presentare una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) per ristrutturazione.
Nel frattempo, la legge sancirebbe la conformità urbanistica ed edilizia degli interventi che non sono stati preceduti da un piano urbanistico di attuazione, prevedendo che, a partire dall’entrata in vigore del Decreto “del Fare” (Dl 69/2013 convertito nella L. 98/2013, che ha consentito la ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione con cambio di sagoma) è considerata come ristrutturazione edilizia la totale o parziale demolizione e ricostruzione che porti alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le procedure abilitative e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.
Le reazioni al disegno di legge Salva Milano
L’approvazione del Ddl Salva Milano da parte della Camera è stata accompagnata da diverse polemiche e proteste, a fronte di alcune posizioni politiche che l’hanno sostenuta come una necessaria risposta ai cittadini, ai professionisti, agli imprenditori che hanno fatto investimenti a Milano.
L’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha sottolineato che “dopo lunghi mesi di trattative prevale la linea dell’interpretazione autentica”. Secondo i costruttori edili, “quella venuta fuori alla fine è la soluzione migliore”. Tuttavia, la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, ha evidenziato che serve un riordino della materia come una nuova legge sull’urbanistica e sulla rigenerazione urbana al passo con la velocità della società.
Le critiche degli urbanisti: confusioni e rischi per il territorio
Il presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica, Michele Talia, ha invece recentissimamente affermato che l’eventuale approvazione del disegno di legge 1987 determinerebbe “confusione e incertezza normativa, nonché effetti dannosi e potenzialmente irreversibili nel governo pubblico della rigenerazione urbana nel nostro Paese”.
La materia urbanistica – che è soggetta come è noto a legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni – è sempre un terreno molto delicato e secondo l’Istituto nazionale di urbanistica “ampliare ulteriormente il concetto di ristrutturazione edilizia, come fa il testo in questione, al fine di sottrarla alla verifica per legge dell’obbligo del ricorso alla strumentazione urbanistica attuativa, comporta un’ulteriore contrazione del potere di indirizzo e di discussione delle comunità urbane sui cambiamenti della città. Con il deprecabile effetto di mantenere in capo alle amministrazioni locali un semplice controllo burocratico sugli interventi edilizi e di favorire un ricorso crescente a titoli abilitativi sempre più semplificati e autocertificati”.
Una nuova riforma urbanistica: necessità o utopia?
In particolare, si critica uno degli effetti più significativi del Salva Milano, quello cioè di “favorire l’impiego di titoli abilitativi a carattere automatico, ma senza i dovuti oneri e, soprattutto, senza l’obbligo di provvedere alla offerta degli standard”.
Per tali criticità molti invocano e sostengono la necessità di una nuova riforma urbanistica complessiva, che si proponga di conseguire obiettivi ambiziosi e al passo con le esigenze della fase storica attuale, “quali ad esempio la convergenza tra il contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione della città esistente, o ancora la ricerca di strumenti atti a promuovere contestualmente la transizione delle dotazioni urbanistiche in Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) del governo del territorio, che si rivelerebbero decisivi nel ridurre le gravi asimmetrie tra la richiesta di una crescente autonomia da parte dei poteri locali e una tutela sostanziale dei diritti fondamentali dei cittadini e del territorio”.
Conclusioni: in attesa della decisione del Senato
La fattispecie è certamente complessa e non pare che la soluzione sia così imminente. Di certo, la predisposizione di una normativa complessiva e organica richiede tempo e una disponibilità politica al giusto contemperamento degli interessi che non pare così evidente.
D’altro canto, le normative temporanee e particolari, considerate le esperienze pregresse in Italia, potrebbero creare infiniti contenziosi amministrativi e sperequazioni pericolose, di cui certamente vorremmo fare a meno.
Intanto occorre attendere di conoscere la valutazione che sarà fatta da parte del Senato.