Lunedì 17 cm viene emesso l’ultimo prodotto finanziario creato dal Mef per attirare nuovamente i piccoli investitori. Si chiama “Btp più”, durata 8 anni (scadenza 25/02/2033) ed è rivolto alla clientela retail con taglio minimo di 1000 euro. Ma la vera notizia è questa: si può chiedere il rimborso anticipato, con la garanzia del capitale investito, dopo quattro anni: consente, cioè a metà strada, di disinvestire con prezzi e rendimenti sicuri, magari per cambiare strategia di investimento a fronte di una evoluzione mutamento del quadro economico.
Per esempio, di fronte a un’impennata dell’inflazione per effetto della crescita del gas che in un anno è raddoppiato, facendo crescere anche i costi per l’energia, con dolorosa sorpresa per famiglie e aziende. O per effetto dei dazi, altro interrogativo dei prossimi mesi. Quindi: soddisfatti o rimborsati!
A questa nuova categoria di BTP sono vincolati i tassi di rendimento, studiati con un meccanismo “step up” di quattro+quattro. Le cedole pagate ogni tre mesi aumenteranno nel tempo. In pratica, si avranno interessi più alti negli ultimi 4 anni del “Btp più”.
Nel primo quadriennio il rendimento lordo annuo sarà del 2,8%, mentre nel secondo tempo salirà al 3,6%. Il rendimento definitivo verrà fissato solo alla fine dei cinque giorni di emissione che, in molti, scommettono si chiuderanno in anticipo, prospettando il successo dei “Btp più”. Dipenderà anche da quanti titoli verranno immessi sul mercato. Probabile che si arrivi a dieci miliardi. La nuova formula cancella il premio fedeltà che viene corrisposto dagli altri Btp per chi tiene la somma investita fino all’ultimo giorno: per intenderci sono 50 euro per chi ne investe diecimila per cinque o sei anni. Non un grosso rimpianto. Che di certo non frenerà l’annunciata corsa al BTP piu’ sin da lunedì 17 febbraio sulle piattaforme online delle banche.
Ma vale la pena investirci? I Btp offrono rendimenti certi ma limitati rispetto ad altre opportunità di investimento. Un portafoglio diversificato consente di ottimizzare il rapporto rischio/rendimento nel lungo periodo potendo incrementare la performance rispetto alla sola componente obbligazionaria. Inoltre ottimizza i flussi di cassa e offre una duration inferiore rispetto al solo BTP., con conseguente minor sensibilità ai tassi di interesse.
Investire solo in Btp vuol dire esporsi al rischio di un unico emittente e a variazioni dei tassi e il premio al rischio non è assolutamente coerente alla durata; la diversificazione, invece, riduce la volatilità, migliora la stabilità del capitale nel tempo e consente di ottimizzare il rapporto rischio/rendimento nel lungo periodo. Se l’inflazione sale i rendimenti dei BTP possono essere poco attraenti: ci sono prodotti più liquidi e flessibili, come i fondi obbligazionari, che possono essere sottoscritti con una scadenza fissa come i Btp e che garantiscono migliori soddisfazioni sul fronte dei rendimenti.
A chi dice che i Btp sono sicuri e permettono di sapere in anticipo quanto si guadagna si rammenta che la sicurezza ha sempre un costo: inflazione e tassi possono infatti erodere l’investimento che consideravo protetto. Neanche la fiscalità agevolata (è dimezzata rispetto agli altri strumenti finanziari, si applica il 12,5%) lo rende uno strumento vincente. I fondi hanno costi più alti ma vengono compensati da rendimenti migliori.
Ecco perché è bene bilanciare il portafoglio. Gli otto anni di durata del “Btp più” non rispondono a una propensione del piccolo risparmiatore all’investimento a lungo termine. Se si alza l’inflazione io resto fermo, con rendimenti ormai superati. Quindi quella che può apparire come un’opportunità di investimento alla fine può rivelarsi un problema.