Trump ha ottenuto la vittoria alle presidenziali Usa con un programma basato sui tagli alle tasse (per i redditi societari diminuzione delle aliquote d’imposta dal 21% al 15%) , imposizione di dazi (universale 10%, del 60% sulle importazioni dalla Cina) , contrasto all’immigrazione clandestina con rimpatri di massa. E’ favorevole ad una deregolamentazione globale, non condivide gli obiettivi della transizione energetica ed ha fissato anche un obiettivo di limitazione dell’indipendenza della Federal Reserve.
Dopo l’esito elettorale hanno recentemente sovraperformato il comparto finance, consumi discrezionali e industriali mentre nel medio periodo registriamo performance importanti sempre per il comparto finance, tecnologia e consumi discrezionali.
I mercati finanziari hanno così premiato quei titoli appartenenti a comparti che dovrebbero avvantaggiarsi delle decisioni politiche di D. Trump; e tra i principali settori che compongono il basket favorito dalla nuova Amministrazione vi sono anche i finanziari, l’energia, la produzione domestica e la sicurezza nazionale.
Se il nuovo governo statunitense riuscisse a concretizzare il suo obiettivo di riduzione delle tasse, secondo la prestigiosa organizzazione di ricerca BofA Global Research, potrebbe determinarsi un impatto positivo globale sull’utile dello standard and poor 500 di circa il 4% mentre sono rivisti al ribasso gli utili delle Small Cap nell’anno in corso ma l’indice dell’S&P Mid Cap nel 2025 dovrebbe in ogni caso registrare una crescita a doppia cifra.
Tra i settori favoriti l’energia tradizionale per minori limitazioni alla produzione di energia domestica, i finanziari favoriti da una normativa meno rigorosa, le small cap e le società che operano con le criptovalute.
Torna a correre il dollaro che mette a segno una discreta performance nelle ultime settimane. I motivi? Anzitutto le sopra menzionate promesse elettorali di Trump: si tratta di mosse che comunque dovrebbero generare un rialzo dell’inflazione. Un’ipotesi di fronte alla quale la Fed potrebbe frenare sulle future ipotesi di ribasso dei tassi di interesse. Certamente Trump farà pressioni sulla Banca Centrale tant’è che prima del voto il mercato prevedeva fino a cinque tagli dei tassi; ora la scommessa si limita a solo tre ribassi. Il che, indubbiamente favorendo il differenziale tra Stati Uniti ed Europa sui tassi di interesse, rafforza il dollaro rispetto all’euro. Ancora di più, la prevista ulteriore crescita americana rafforza il dollaro, aiutato anche dai flussi verso i mercati azionari.
In uno scenario di persistente espansione il ‘must’ per un portafoglio è l’investimento multiasset con strategia attiva costruito per cogliere le migliori opportunità offerte sia dal comparto azionario che da quello obbligazionario ma anche per offrire protezione rispetto a scenari ad oggi meno probabili. Le azioni sono l’Asset allocation di riferimento da accumulare se in sottopeso. Il mercato offre ancora valore per gli investitori ma è necessario adottare un equilibrio tra i vari stili di gestione: value, growth e dividend nonchè un ribilanciamento small/medium cap vs large cap con particolare attenzione alla volatilità sul tech.
Per quanto riguarda invece il mercato obbligazionario i titoli americani rendono di più mentre quelli europei sono sostenuti dal calo del costo del denaro e dell’inflazione. In particolare negli States la crescita dell’economia prosegue senza sosta mentre l’Europa frena. L’inflazione in area euro viaggia intorno al 2% mentre in America è al 2,6%. La duration ideale in un portafoglio di investimenti è intorno ai tre anni e prevede perlopiù titoli governativi. Un risparmiatore prudente che non intende incorrere in oscillazioni dei prezzi dovrebbe comprare BTP. Maggiori incertezze invece sulla parte lunga, come emerso anche dopo il taglio dei tassi di 50 bps.