Il Meridione sconta un debito/pil del 230% con punte di oltre il 300%. Basti pensare alla Calabria con il 305,3%
Chentouf: “L’Italia si sta rifinanziando all’1%, il che significa che la situazione è confortevole, da questo punto di vista”
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Un altro aspetto da considerare, aggiungono i ricercatori, è che il debito pubblico detenuto da investitori nazionali è meno rischioso di quello detenuto da investitori stranieri (considerati più imprevedibili). Ma in Italia solo il 30% è detenuto da investitori esteri, un livello “ancora ragionevole” rispetto alla Francia dove questa quota raggiunge il 56%. Certo, non bisogna dimenticare che la Penisola resta uno dei paesi avanzati più indebitati. Il Giappone continua a guidare la classifica, dopo aver raggiunto nel 2019 il 238% del debito pubblico. E non fa da meno Singapore, con un punteggio del 110,9%.
In questo contesto, stando alle stime di Oxford Economics, l’impulso fiscale destinato all’Italia dei fondi provenienti dal Next Generation Eu consentirebbe al rapporto debito/pil di scivolare al di sotto del 140% entro il 2025. Ma, ricordano i ricercatori della Rome business school, si tratta di un programma “ambizioso”. I fondi europei, aggiungono, costituiranno “una parte importante del rilancio dell’economia e dell’abbassamento del debito, ma è necessario uno sforzo a tutti i livelli, istituzioni, pubblico e privato”. Anche perché l’Italia continua a scontare una mancanza strutturale di competitività e produttività (il costo del lavoro, per esempio, è impennato del 15% tra il 2009 e il 2019 secondo l’Eurostat).
“Il debito pubblico dovrebbe essere usato per risolvere molti di questi problemi, per aumentare il potenziale produttivo dell’Italia e per finanziare le infrastrutture pubbliche, il sistema educativo, la ricerca e l’innovazione al fine di sostenere la crescita e ridurre il livello del debito”, dichiara Chentouf, sottolineando come ci si debba concentrare sulla ristrutturazione e razionalizzazione della spesa pubblica e sul bilanciamento dei conti pubblici, al fine di ricercare quel surplus necessario a garantire un margine sufficiente per affrontare le previsioni dell’era post-covid. “È evidente”, conclude Ernst Ekkehard (macroeconomista dell’Organizzazione mondiale del lavoro e co-autore del rapporto), “che la parola chiave oggi, di fronte a una pandemia globale senza precedenti e con un fondo di recupero sostanziale, sia osare: riformare, trasformare e innovare”.